Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Stato di necessità e reato di invasione di terreni o edifici

Cass. pen., sez. II, 18 settembre 2025, sentenza n. 31296

LA MASSIMA

“E’ principio ampiamente consolidato di questa Corte quello secondo cui l’abusiva occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, il quale può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., a condizione, tuttavia, che ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, anche gli altri elementi costitutivi della esimente, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo; ne consegue che la stessa può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa”.

 

IL CASO

Con la sentenza impugnata la Corte di appello territorialmente competente confermava la pronuncia di prime cure che aveva dichiarato i ricorrenti responsabili, in concorso tra loro, del reato di cui agli artt. 633 e 639-bis c.p., con conseguente irrogazione della pena di un mese di reclusione, condizionalmente sospesa.

Venivano presentati distinti ricorsi per cassazione affidati a diversi motivi, suscettibili di essere trattati congiuntamente: con il primo e il secondo motivo di ricorso si censurava, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza in capo agli imputati del reato di cui agli artt. 633 e 639-bis c.p. nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata per travisamento o, comunque, per carenza della stessa; con il terzo motivo si deduceva, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e e), c.p.p., la violazione di legge con riferimento all’art. 54 c.p. e la contraddittorietà della motivazione in punto di mancata applicazione dell’esimente dello stato di necessità; con il quarto motivo, infine, si censurava, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., la violazione di legge con riferimento all’art. 131-bis c.p. e l’omessa motivazione in punto di mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

 

LA QUESTIONE

Gli imputati venivano condannati ad un mese di reclusione per il reato di invasione di terreni ed edifici, in ragione della dedotta occupazione di un immobile presso il quale erano stati trovati al momento del sopralluogo.

Nonostante le censure delle parti ricorrenti, la Corte di Appello territorialmente competente confermava l’imputazione, ritenendo corretta la decisione di prime cure che aveva ritenuto dimostrata la presenza – illegittima – dei ricorrenti nell’immobile al momento del sopralluogo, traendo altresì la conclusione dal possesso, da parte di uno dei tre, di un blocco di serratura sostitutivo del precedente, danneggiato, al fine di assicurarsi l’accesso esclusivo all’immobile.

I ricorrenti ritenevano erronea la sentenza anche nella parte in cui non escludeva la configurazione del reato in ragione della scriminante dello stato di necessità ovvero della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (artt. 54 e 131-bis c.p.).

A tal proposito, i ricorrenti deducevano il comprovato stato di indigenza (allegando una richiesta di sussidio finalizzata a pagare una bolletta della luce di soli 58,00 euro) e le condizioni invivibili in cui dimoravano nella piccolissima abitazione assegnata ad una dei tre (insieme agli altri due ricorrenti, conviventi, rispettivamente figlio e nuora) la quale, proprio per tale ragione, voleva trasferirsi nell’appartamento lasciato libero dal defunto, che lo occupava legittimamente. Inoltre, le parti deducevano la particolare tenuità del fatto, trattandosi di un’occupazione di fatto neppure iniziata e comunque non protrattasi nel tempo.

LA SOLUZIONE

La Corte Suprema, nel rigettare i ricorsi, dopo aver ritenuto corretto l’operato della Corte d’Appello territorialmente competente circa l’accertata (e provata) presenza sine titulo dei ricorrenti nell’immobile, ha ritenuto non configurabile la scriminante di cui all’art. 54 c.p. atteso che è principio ampiamente consolidato della Corte Suprema quello secondo cui l’abusiva occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, il quale può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., a condizione, tuttavia, che ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, anche gli altri elementi costitutivi della esimente, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo, con la conseguenza che la stessa può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa. Di tale canone ermeneutico ha fatto buon governo la Corte di appello evidenziando che gli imputati non avevano allegato alcunché in ordine ad una situazione di pericolo e, a ben vedere, non ricorreva neppure una emergenza abitativa poiché tutti e tre gli imputati avevano la piena disponibilità di un alloggio. L’arbitraria invasione dell’appartamento posto al piano superiore rispetto a quello dove dimoravano era avvenuta semplicemente per risolvere situazioni conflittuali tra la suocera e la nuora e, al contempo, per consentire a quest’ultima e al marito di godere di maggiori spazi.

La condotta dolosa così accertata ha deposto altresì per l’esclusione della particolare tenuità del fatto.

Nota a cura di Chiara Esposito (avvocato)