Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Stalking e diffamazione possono concorrere

Cass. pen., Sez. V, 28 marzo 2025, sentenza n.12282

LA MASSIMA
“Il delitto di atti persecutori, avendo evento tipico e diverso da individuarsi nell’effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima, può concorrere con quello di diffamazione anche quando la condotta diffamatoria è una delle molestie costitutive del delitto di stalking.”

IL CASO
La Corte di Cassazione si è trovata a dover giudicare sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica avverso una sentenza di non doversi procedere pronunciata ai sensi dell’art 649 c.p.p. in ordine al delitto di diffamazione aggravata e continuata: a giudizio del giudice di prime cure, infatti, i fatti integranti il delitto di diffamazione contestati all’imputato erano già stati giudicati in altro processo, celebrato per il reato di atti persecutori a carico del medesimo imputato ed in danno della medesima parte offesa.
In sede di ricorso per Cassazione, l’accusa ha denunciato la violazione dell’art 649 c.p.p. non configurandosi tra il delitto di cui all’art. 612-bis c.p. ed il delitto di cui all’art. 595 c.p. un’ipotesi di “idem factum” bensì un’ipotesi di concorso.

LA QUESTIONE
La Corte – al fine di valutare se nel caso di specie sussistesse la preclusione connessa al principio del “ne bis in idem” affermata dal giudice di primo grado – in applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. sentenza n. 200 del 2016) ha ribadito che l’identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi: condotta, evento e nesso causale.
Conseguentemente non si può precludere un secondo giudizio invocando la violazione del divieto di “bis in idem” nel caso in cui tra i fatti oggetto di giudicato e i fatti di nuova contestazione, emerga l’identità della condotta ma non dell’evento naturalistico che ne è derivato.

LA SOLUZIONE
La Cassazione ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio: contrariamente a quanto argomentato – rectius non argomentato – dal giudice di prime cure, infatti, anche quando le molestie reiterate costitutive del reato previsto dall’art. 612-bis c.p. si esprimono nelle modalità della condotta diffamatoria, non si può aprioristicamente affermare coincidenza tra il delitto di diffamazione e il delitto di atti persecutori.
Il delitto di atti persecutori infatti si caratterizza per un evento tipico e distinto da quello di cui all’art 595 c.p., ossia “l’effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima”; la diversità dell’evento e del bene giuridico tutelato dalle due norme incriminatrici ne giustifica, dunque, l’ipotesi di concorso.