Riforma dell’assoluzione e obbligo di motivazione rafforzata

Cass. pen. Sez. IV, 24 giugno 2025, sentenza n. 23507
LA MASSIMA
“In caso di riforma in appello di una sentenza assolutoria, la Corte d’appello ha l’obbligo di fornire una motivazione rafforzata, che confuti in modo puntuale e critico le argomentazioni del primo giudice, dimostrando l’insostenibilità della decisione assolutoria al di là di ogni ragionevole dubbio.”
IL CASO
La vicenda giudiziaria riguarda due soggetti accusati, in concorso con altri, del reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente ex art. 73 del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309
I fatti risalgono all’agosto 2020, quando, in un magazzino venivano rinvenuti 453 grammi di cocaina nascosti in una cassetta porta-attrezzi. Uno degli imputati veniva tratto in arresto sul posto, mentre la responsabilità dei coimputati veniva desunta da un articolato quadro indiziario: le presenze rilevate sul luogo del fatto, le conversazioni intercettate e le condotte successive all’arresto
Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale, nelle forme del rito abbreviato, assolveva uno degli imputati per non avere commesso il fatto e condannava l’altro colto in flagrante, per il delitto di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. 309/1990 alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione e 20.000 euro di multa.
La Corte di appello riformava parzialmente la decisione e condannava anche l’imputato precedentemente assolto, ritenendo decisivi i comportamenti da questo tenuti dopo l’arresto del coimputato, come l’aver anticipatogli le spese legali e l’aver interloquito con il suo difensore in merito ai fatti in contestazione, nonché prelevando il condannato al momento della sua scarcerazione.
Entrambi i correi, a mezzo dei propri difensori e con distinti atti di impugnazione, proponevano ricorso per Cassazione, lamentando, analogamente vizi motivazionali in ordine all’accertamento di responsabilità e alla determinazione del trattamento sanzionatorio, in particolare in punto di concedibilità o meno delle attenuanti generiche.
LA QUESTIONE
La Corte è chiamata a considerare l’estensione e i requisiti dell’obbligo di motivazione c.d. “rafforzata” nei casi in cui il giudice d’appello riformi in senso sfavorevole all’imputato una pronuncia assolutoria di primo grado, affermandone per la prima volta la responsabilità penale.
LA SOLUZIONE
Ribadito che in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, quando non vi è difformità sui punti denunciati, le sentenze di primo e secondo grado si integrano vicendevolmente, formando un tutt’uno organico e inscindibile, ossia una sola entità logico-giuridica alla quale la Suprema Corte fa riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze della pronunzia di appello, la Corte ha affermato che, secondo l’orientamento di legittimità consolidato, in ipotesi di sovvertimento della sentenza assolutoria, il giudice del gravame non può limitarsi a una mera rivalutazione degli elementi già scrutinati in primo grado, né a una motivazione meramente assertiva o per relationem, ma è tenuto a sviluppare un percorso motivazionale autonomo, articolato e specificamente volto a confutare, in modo critico e puntuale, le argomentazioni assolutorie poste a base della decisione riformata.
Tale obbligo si fonda sui principi costituzionali di cui agli artt. 111, comma 6, Cost. e 546, comma 1, lett. e), c.p.p., ed è stato chiaramente affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. sent. n. 14800/2017, P.G. in proc. Troise), che hanno evidenziato come, in presenza di un ribaltamento della decisione assolutoria, occorra dimostrare la non plausibilità della ricostruzione favorevole all’imputato, rendendo esplicito il superamento della soglia del ragionevole dubbio.
La problematica si pone con particolare evidenza laddove la riforma si fondi su elementi istruttori già disponibili al giudice di primo grado, i quali siano stati espressamente valutati e ritenuti non sufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza. In simili casi, l’obbligo di motivazione rafforzata non può dirsi assolto mediante il mero richiamo a quegli stessi elementi, ma impone una verifica critica e una rilettura argomentativa che evidenzi in modo chiaro e logico le ragioni per cui la decisione assolutoria debba ritenersi erronea, incongrua o non più sostenibile sul piano probatorio.
Per tali ragioni, la Corte di cassazione, ha ravvisato la fondatezza del ricorso presentato dall’imputato assolto in primo grado, annullando con rinvio la sentenza d’appello, con riguardo alla sua posizione, e ha rigettato per infondatezza il ricorso presentato dall’altro ricorrente.
Nello specifico, quanto alla posizione del soggetto assolto in primo grado, la Corte ha riscontrato una violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata poiché la Corte d’appello si è limitata a valorizzare i sopradescritti comportamenti successivi al fatto, già presi in esame e ritenuti inidonei dal primo giudice a dimostrare un concorso attivo nella detenzione dello stupefacente.
La decisione di condanna in appello, pertanto, è da cassare sul punto in quanto non ha considerato altri elementi favorevoli emersi nel corso dell’indagine, come l’assenza di prove dirette, l’esito negativo delle perquisizioni, le dichiarazioni spontanee e le intercettazioni. Inoltre, non si è confrontata criticamente con la motivazione assolutoria.
Quanto al ricorso dell’altro imputato, secondo la Suprema Corte, i giudici del merito hanno fondato la responsabilità su un quadro indiziario coerente: la presenza nel luogo del rinvenimento, i colloqui registrati che denotavano consapevolezza e preoccupazione per l’esito delle indagini e le conversazioni da cui emergeva un legame operativo con gli altri soggetti coinvolti. Del pari confermato è il diniego delle attenuanti generiche e la congruità della pena, tenuto conto della quantità rilevante dello stupefacente e dell’assenza di elementi positivi. La pena, inferiore alla media edittale, è stata ritenuta equa e non sproporzionata.
Nota a cura di Enrica Vergari