Responsabilità stradale e prevedibilità della condotta del pedone

Cass. pen., Sez. IV, 4 giugno 2025, sentenza n. 20893
LA MASSIMA
«Risponde di omicidio colposo aggravato il conducente che, pur rispettando i limiti di velocità, non adegua la condotta di guida alle concrete condizioni ambientali e di traffico, omettendo di prevenire eventi prevedibili, come l’attraversamento irregolare di pedoni in area urbana, in violazione dell’art. 141 C.d.S.»
IL CASO
La pronuncia in esame riguarda il ricorso presentato da un’automobilista condannata in appello per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale (art. 589, comma 2, c.p.). L’imputata era accusata di aver cagionato la morte di un’anziana donna investita mentre attraversava una strada cittadina priva di strisce pedonali.
I giudici di merito hanno ricostruito il fatto, avvenuto in pieno centro abitato, in orario pomeridiano e con buona illuminazione: l’imputata, sebbene viaggiasse entro il limite di velocità, non avrebbe avvistato per tempo il pedone, urtandolo frontalmente e proiettandolo contro il parabrezza, con esiti letali.
In primo grado, all’esito di giudizio abbreviato, l’imputata era stata assolta: il giudice aveva ritenuto imprevedibile la condotta della vittima, che aveva attraversato fuori dalle strisce, ignorando un passaggio pedonale distante circa 80 metri, e senza mantenere la direzione perpendicolare prevista dall’art. 190 C.d.S. In appello, invece, anche alla luce di una nuova perizia, la Corte ha ritenuto che, pur non essendo stati superati i limiti di velocità, la conducente avrebbe dovuto adeguare la guida alle caratteristiche del contesto urbano e alla prevedibile presenza di pedoni.
Nel ricorso per Cassazione, articolato su più motivi, la difesa ha contestato la mancata valorizzazione del comportamento imprudente della vittima, l’adesione acritica alla perizia d’appello, l’omessa individuazione di una condotta alternativa concretamente esigibile, l’errato giudizio di equivalenza tra attenuanti e aggravanti, nonché la mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, ritenuta maturata in assenza dell’aggravante ex art. 141 C.d.S. La Corte è stata dunque chiamata a verificare la correttezza dell’imputazione soggettiva della responsabilità penale in presenza di cooperazione colposa tra conducente e pedone, alla luce dei principi di prevedibilità e affidamento nella circolazione stradale.
LA QUESTIONE
La questione giuridica sottoposta alla Corte riguarda i criteri di imputazione soggettiva della responsabilità per omicidio colposo stradale in presenza di cooperazione colposa tra conducente e pedone. In particolare, si tratta di stabilire se la condotta della vittima – che attraversa fuori dalle strisce e senza rispettare le regole di prudenza dettate dall’art. 190 C.d.S. – possa essere qualificata come causa eccezionale e imprevedibile, idonea a interrompere il nesso causale o a escludere la colpa dell’automobilista.
La problematica interpretativa ruota intorno alla portata dell’art. 141 C.d.S., norma cautelare definita dalla giurisprudenza a contenuto “elastico”, da cui deriva l’obbligo per il conducente di regolare la guida in modo da prevedere ed evitare anche situazioni di pericolo causate da comportamenti imprudenti altrui, se ragionevolmente prevedibili.
Nel caso di specie, il giudizio di accertamento della responsabilità verte sul corretto bilanciamento tra l’obbligo di adeguamento della condotta di guida alle circostanze del contesto urbano, anche in assenza di violazione dei limiti di velocità, e il comportamento del pedone, ritenuto dalla difesa eccezionale e sufficiente a escludere responsabilità in capo alla conducente.
La Corte è stata dunque chiamata a chiarire se il solo rispetto dei limiti di velocità potesse escludere la colpa, e fino a che punto l’imprudenza della vittima potesse rilevare nel giudizio di responsabilità penale del conducente.
LA SOLUZIONE
La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna per omicidio colposo stradale aggravato (art. 589, comma 2, c.p.), con violazione dell’art. 141 C.d.S.
Secondo il Collegio, il rispetto dei limiti di velocità non esclude la responsabilità del conducente se questi non adegua la guida alle condizioni concrete, come previsto dall’art. 141 C.d.S., che impone il costante controllo del veicolo e la capacità di arrestare la marcia in presenza di ostacoli prevedibili, quali i pedoni in attraversamento, anche irregolare, in ambito urbano.
È stato ritenuto decisivo che la vittima si trovasse già in fase di attraversamento, visibile al centro della carreggiata, in un contesto urbano con buona illuminazione e visuale libera. La Corte ha ribadito che il comportamento imprudente del pedone non è di per sé causa atipica idonea a escludere la colpa del conducente, salvo che risulti del tutto eccezionale e imprevedibile, circostanza esclusa nel caso concreto.
Quanto al trattamento sanzionatorio, è stata ritenuta corretta la valutazione di equivalenza tra le attenuanti generiche e l’aggravante, fondata su motivazione coerente con i criteri dell’art. 133 c.p. e insindacabile in sede di legittimità.
Infondata è risultata infine la censura sulla prescrizione, poiché la violazione dell’art. 141 C.d.S., richiamata nell’imputazione, legittimava il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 589, comma 2, c.p.
Nota a cura di Vittoria Petrolo (Criminologa e Avvocato Praticante)