Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Pubblicazione di atti penali dopo la richiesta di archiviazione

Cass. pen., Sez. I, 20 febbraio 2025, sentenza n. 7238

LA MASSIMA
“In tema di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, i divieti di pubblicazione degli atti delle indagini preliminari contenuti nell’art. 114 c.p.p., posti a tutela delle esigenze investigative e del libero convincimento del giudice, costituendo una limitazione della libertà di stampa riconosciuta dalla Costituzione, non sono suscettibili di estensione analogica, sicché non integra il reato di cui all’art. 684 c.p. la pubblicazione degli atti di un procedimento penale conclusosi con l’archiviazione”.

IL CASO
La Corte di cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su di una sentenza del Tribunale di Civitavecchia con la quale il ricorrente è stato dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 684 c.p. per avere pubblicato, sul proprio profilo facebook, la fotografia di un decreto di sequestro probatorio relativo ai telefoni cellulari suo e di altro soggetto. Il mese precedente alla pubblicazione, però, era già stata formulata – ad opera del Pubblico ministero – richiesta di archiviazione del relativo procedimento, poi oggetto di opposizione; la pubblicazione incriminata ha avuto luogo, quindi, posteriormente alla presentazione della richiesta di archiviazione, mentre il relativo decreto di archiviazione, emesso dal GIP, è intervenuto mesi dopo.
Il ricorrente solleva quindi due motivi di ricorso contestando, da un lato, che l’atto non fosse più coperto da segreto e che non ne fosse inibita la pubblicazione; dall’altro, che la sentenza impugnata non abbia posto il problema della riconducibilità soggettiva del fatto, risultando agli atti un profilo social soltanto apparentemente riconducibile all’imputato.

LA QUESTIONE
La questione sottoposta al vaglio della Corte riguarda l’applicabilità dell’art. 684 c.p. (che punisce la condotta di chi pubblica atti di un procedimento penale in violazione del divieto di pubblicazione previsto dal codice di procedura penale) nel caso in cui un atto di indagine preliminare venga pubblicato dopo la richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero. La questione è connessa agli art. 114 e 329 c.p.p. che pongono, rispettivamente, il divieto di pubblicazione degli atti coperti da segreto durante le indagini preliminari ed il segreto sugli atti delle indagini preliminari fino a quando l’imputato non ne abbia conoscenza. L’interpretazione delle norme relative al segreto investigativo e al divieto di pubblicazione, evidenziano la necessità di garantire un equilibrio tra il diritto all’informazione e la tutela del corretto svolgimento del processo.
In altre parole, si tratta di stabilire fino a quale momento delle indagini preliminari debba estendersi la portata applicativa del divieto: se, in particolare, sia necessario attendere il decreto di archiviazione o se la semplice “richiesta” di archiviazione possa già determinare la caducazione del divieto.

LA SOLUZIONE
La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, annullando senza rinvio la sentenza impugnata. Essa richiama, nel corpo della motivazione, il principio di diritto espresso da un precedente giurisprudenziale della medesima sezione (“Oberhofer”, sent. n. 22503/2024), il cui contenuto viene interamente confermato.
Nella menzionata sentenza si afferma che il divieto di pubblicazione degli atti delle indagini preliminari, contenuto nell’art. 114 c.p.p., è giustificato soltanto dalla necessità di proteggere le esigenze investigative ed il libero convincimento del giudice. Questo divieto non è soggetto ad interpretazione estensiva e cessa con la chiusura delle indagini.
La richiesta di archiviazione, in tal senso, è equiparabile alla chiusura delle indagini preliminari, con la conseguenza che, già a partire da quel momento, il divieto di pubblicazione degli atti si considera decaduto.
Applicando tale principio al caso di specie si arriva alla conclusione secondo cui la contestata pubblicazione, essendo avvenuta dopo la presentazione della richiesta di archiviazione, “era esclusa dalla vigenza del divieto contenuto nella lettera dell’art. 684 cod. pen., con conseguente impossibilità di ritenere integrato il contestato paradigma normativo”.