Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Prostituzione minorile e scusante dell’ignoranza circa l’età della persona offesa

Cass. Pen., Sez. III, 16 settembre 2025, sentenza n. 30915

LA MASSIMA

In tema di prostituzione minorile, il colpevole non può invocare a propria scusa l’ignoranza circa l’età della persona offesa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile. Ne deriva che incombe sull’imputato l’onere di provare, non solo la non conoscenza dell’età della persona offesa, ma anche di avere fatto tutto il possibile per accertarsene, ponendo in essere comportamenti positivi ispirati ad un elevato standard di diligenza, direttamente proporzionale alla rilevanza costituzionale dell’interesse del minore ad avere un libero sviluppo psicofisico. La punibilità dell’agente non è, dunque, esclusa se non nel caso in cui, pur avendo diligentemente proceduto ai dovuti accertamenti, egli sia stato indotto, sulla base di elementi univoci, a ritenere che il minorenne sia in realtà maggiorenne. E non possono certamente essere ritenuti sufficienti, in tal senso, neanche se contemporaneamente sussistenti, elementi quali la presenza nel soggetto di tratti fisici di sviluppo tipici dei maggiorenni, o rassicurazioni verbali circa l’età, provenienti dal minore o da terzi.

IL CASO

L’imputato, condannato con doppia conforme per il delitto di cui agli artt. 81 e 600-bis, comma 2 c.p., ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi di doglianza. Con il primo è stato dedotto il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della scusante prevista dall’art. 602-quater c.p. relativa all’ignoranza inevitabile sull’età, la violazione dell’art. 546 c.p.p. e vizio di motivazione in relazione all’art. 192, comma 2, c.p.p.; con il secondo motivo invece il difensore lamentava l’errata applicazione della Legge 1° ottobre 2012, n. 172.

LA QUESTIONE

Con riferimento al primo motivo di doglianza, ed in particolare al vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’art. 602-quater c.p., il difensore del prevenuto ha sottolineato come egli abbia sempre professato la sua innocenza, adducendo di essere sempre stato convinto della maggiore età della persona offesa. Lamentava, quindi, che la Corte territoriale non avesse tenuto in considerazione le risultanze processuali dalle quali sarebbe emerso l’inganno del compagno della persona offesa circa l’età anagrafica di quest’ultima.

Con il secondo motivo rilevava invece come, per giurisprudenza consolidata, non sia incriminabile il compimento di atti sessuali non motivato da un corrispettivo; nel caso di specie, infatti, a seguito del primo incontro l’imputato aveva omesso il pagamento, adempiendo solo al secondo, con la conseguente mancanza di prova di derivazione tra il rapporto sessuale ed il pagamento successivo.

 

LA SOLUZIONE

La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi di doglianza manifestamente infondati. Con riferimento al primo, i giudici di legittimità affermano anzitutto come costituisca ius receptum che, in tema di prostituzione minorile, il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602-quater c.p. sia configurabile solo ove il soggetto agente, previo diligente accertamento circa l’età della persona offesa effettuato sulla base di elementi univoci, sia stato indotto a ritenere che il minorenne fosse maggiorenne. Ai fini del riconoscimento di tale causa di non punibilità non sono dunque sufficienti elementi quali la presenza nella persona offesa di tratti fisici di sviluppo tipici dei maggiori d’età o rassicurazioni verbali provenienti dal minore o da soggetti terzi, nemmeno ove tali condizioni siano sussistenti contemporaneamente.

L’art. 602-quater c.p., introdotto a seguito della sottoscrizione della Convenzione di Lanzarote, ha infatti il precipuo scopo di combattere lo sfruttamento e l’abuso sessuale su minori; ne consegue che la scusante in commento richiede uno sforzo maggiore da parte del soggetto agente, il quale non può usufruirne, salvo che sia incorso in un caso di ignoranza inevitabile. Per tale ragione, il soggetto agente ha l’onere di provare tanto l’ignoranza circa l’età della persona offesa, quanto di aver fatto tutto il possibile per accertarsene tramite comportamenti positivi ispirati ad un elevato standard di diligenza, in ragione del bene tutelato. La punibilità è dunque esclusa solo nel caso in cui l’agente, pur avendo diligentemente proceduto ai dovuti accertamenti, sia stato indotto, sulla base di elementi univoci, a ritenere che il minorenne fosse in realtà maggiorenne.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha sposato la ricostruzione fornita dalla Corte territoriale che aveva denegato la configurabilità della scusante evidenziando come l’imputato, pur avendo inizialmente dubitato dell’età della persona offesa, avesse poi fatto affidamento sulle mere rassicurazioni della stessa e di un soggetto terzo, non conformando la sua condotta alla regola di diligenza richiesta dall’art. 602-quater c.p.

In ultimo, con riguardo al secondo motivo di impugnazione, la Corte di cassazione ha ricordato che, in tema di prostituzione minorile, rientra nella nozione di prostituzione qualsivoglia attività sessuale posta in essere dietro corrispettivo di denaro e che, il reato di cui all’art. 600-bis c.p. non è escluso dalla modestia delle somme di denaro versate al minore corrisposta a titolo di mera gratificazione simbolica dell’attività sessuale, rilevando invece l’oggettiva sinallagmaticità delle prestazioni.

Nota a cura di Stefania Segato (avvocato)