Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Posizione di garanzia del comitato di sorveglianza

Cass. Pen., Sez. VI, 12 settembre 2025, sentenza n. 30604

LA MASSIMA

“Il complesso delle norme che disciplinano la liquidazione coatta amministrativa non configura in capo al comitato di sorveglianza una posizione di garanzia assimilabile a quella dei sindaci. Da ciò consegue che non è configurabile in capo al comitato dei creditori una responsabilità per omesso impedimento dell’evento (art. 40 cod. pen.). Per questo, diversamente da quanto accade per i sindaci, la loro responsabilità, ove ne ricorrano i presupposti, dovrà essere circoscritta ai casi di concorso ex art. 110 cod. pen.”.

 

IL CASO

La vicenda trae origine da un procedimento penale che aveva portato alla condanna del commissario liquidatore di un ente in liquidazione coatta amministrativa, nonché di altri soggetti, per il delitto di peculato continuato. I giudici di merito avevano esteso la responsabilità penale anche ai membri del comitato di sorveglianza, ritenuti colpevoli per non aver impedito l’evento, in virtù di un presunto obbligo di vigilanza equiparato a quello dei sindaci nelle società di capitali.

Avverso la sentenza di condanna tutti gli imputati hanno proposto distinti ricorsi per Cassazione, deducendo plurimi motivi di diritto e di merito. In particolare, i membri del comitato di sorveglianza hanno sostenuto l’insussistenza di una posizione di garanzia in capo al comitato stesso e contestato la compatibilità del dolo eventuale con la responsabilità omissiva, rilevando che i raggiri posti in essere dal liquidatore non avrebbero consentito di rappresentarsi la condotta appropriativa e ritenendo semmai configurabile una responsabilità per colpa.

 

LA QUESTIONE

La questione sottoposta alla Corte attiene alla sussistenza di una posizione di garanzia in capo ai membri del comitato di sorveglianza, presupposto necessario per fondare la responsabilità per omesso impedimento dell’evento.

I giudici di merito avevano ritenuto che tale posizione derivasse dall’art. 41 della legge fallimentare, che attribuisce al comitato dei creditori (e, per rinvio, al comitato di sorveglianza nelle procedure di liquidazione coatta) funzioni di vigilanza sull’operato del curatore e poteri ispettivi. Secondo tale ricostruzione, il comitato di sorveglianza, al pari del collegio sindacale, doveva rispondere ex art. 40, comma 2, c.p., per non aver impedito l’appropriazione indebita.

LA SOLUZIONE

La Corte di cassazione ha accolto i ricorsi dei membri del comitato di sorveglianza, annullando la sentenza impugnata nella parte in cui li riteneva responsabili del delitto di peculato continuato per omesso impedimento.

La pronuncia ha individuato tre snodi fondamentali: (a) la sussistenza di una posizione di garanzia in capo all’organo di vigilanza; (b) l’accertamento di un nesso causale tra l’omissione e la realizzazione dell’evento appropriativo; (c) la verifica dell’elemento soggettivo.

Quanto al primo profilo, la Corte ha sottolineato che nei reati omissivi impropri la responsabilità penale non deriva da una norma incriminatrice autonoma, ma dalla combinazione tra l’art. 40, comma 2, c.p., e disposizioni extrapenali che impongono un obbligo giuridico di impedire l’evento.

Con riferimento alla disciplina vigente all’epoca dei fatti, la Corte ha richiamato il R.D. 267/1942 in materia di liquidazione coatta amministrativa, da cui emerge la sostanziale equiparazione delle funzioni del comitato di sorveglianza a quelle del comitato dei creditori nella procedura fallimentare. Ne consegue che i componenti del comitato erano tenuti a vigilare sull’operato del commissario liquidatore, potendo ispezionare le scritture contabili e richiedere chiarimenti, con applicazione – in quanto compatibile – della disciplina dettata dall’art. 2407 c.c. per i sindaci.

Tuttavia, la Corte ha escluso che, ratione temporis, al comitato di sorveglianza potesse essere riconosciuta una posizione di garanzia assimilabile a quella del collegio sindacale. La modifica apportata dal d.lgs. n. 169/2007 all’art. 41 della legge fallimentare ha limitato il rinvio all’art. 2407 c.c. ai soli commi 1 e 3, escludendo l’applicabilità del comma 2, che fondava la responsabilità dei sindaci per omesso controllo.

Di conseguenza, la responsabilità dei componenti del comitato non può essere ricondotta all’art. 40, comma 2, c.p., ma eventualmente a una responsabilità concorsuale ex art. 110 c.p., ove sia dimostrato un contributo causale alla commissione del reato.

Quanto agli ulteriori profili, la Corte ha rilevato l’assenza di motivazione in ordine al nesso di causalità, non essendo stato formulato un giudizio prognostico controfattuale sulla concreta possibilità di impedire le appropriazioni, e sull’elemento soggettivo, poiché non erano presenti segnali sufficienti a configurare un dolo eventuale riferibile agli imputati.

Per tali ragioni, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio, difettando i presupposti applicativi dell’art. 40, comma 2, c.p.

Nota a cura di Alessandra Fantauzzi (funzionario UPP Corte di Appello)