Pornografia minorile e concetto di “utilizzazione” del minore

Cass. pen., Sez. III, 13 dicembre 2024, n. 45806
MASSIMA
“Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 600-ter, comma primo, cod. pen., si ha “utilizzazione” del minore allorquando, all’esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell’età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento della volontà del minore stesso, restando escluse dalla rilevanza penale del fatto solo le condotte realmente prive di offensività rispetto all’integrità psico-fisica dello stesso”.
IL CASO
L’imputato è stato condannato in primo grado per il delitto di pornografia minorile di cui all’art. 600-ter c.p., in quanto ha richiesto e ottenuto dalla persona offesa, minore di età e in condizioni di vulnerabilità, la produzione e l’inoltro via web di 96 foto di nudo per scopi sessuali.
La Corte d’appello ha confermato la decisione del Tribunale con sentenza contro la quale l’imputato ha deciso di ricorrere per Cassazione, mediante il suo difensore, deducendo tre motivi di legittimità di violazione di legge e motivazione.
In particolare, l’imputato ha contestato la configurazione del delitto a lui ascritto di pornografia minorile, in quanto la minore avrebbe spontaneamente e, quindi, liberamente prodotto e inviato le foto al richiedente in assenza di alcuna coercizione o condizionamento della libertà di autodeterminazione della vittima.
Tra l’altro, l’imputato ha censurato la mancata valorizzazione da parte dei giudici di merito di alcuni elementi in suo favore, tra cui eminentemente la circostanza che il reo abbia immediatamente cancellato le foto di nudo acquisite.
Infine, il ricorrente ha lamentato la mancata concessione delle attenuanti generiche e la mancata motivazione in ordine al discostamento dal minimo edittale nell’irrogazione del trattamento sanzionatorio.
LA QUESTIONE
La quaestio iuris affrontata dalla Suprema Corte ruota intorno all’interpretazione del concetto di “utilizzazione” impiegato dal legislatore nell’art. 600-ter come modalità della condotta per il perfezionamento del reato di pornografia minorile.
L’utilizzazione è un termine che nel linguaggio comune indica un comportamento con cui il soggetto impiega strumentalmente un bene o una cosa al fine di ottenere un utile o un profitto personale.
Dunque, la formulazione letterale della norma sarebbe espressione della volontà di incriminare il contegno del soggetto agente che, con l’intenzione di soddisfare un suo scopo sessuale, sfrutta un
minore per indurlo a fornirgli rappresentazioni fotografiche o cinematografiche di attività sessuali o di organi sessuali della sua persona.
Ciò premesso, i Giudici di legittimità sono stati chiamati a pronunciarsi sull’interpretazione letterale della norma incriminatrice con l’obiettivo di sciogliere definitivamente ogni dubbio ermeneutico sul punto.
LA SOLUZIONE
La III sezione penale della Corte di cassazione con la decisione de qua ha dichiarato il ricorso inammissibile.
I giudici di legittimità hanno, innanzitutto, esaminato congiuntamente i primi due motivi, in quanto sovrapponibili, e hanno ritenuto gli stessi manifestamente infondati perché diretti a fornire una ricostruzione alternativa dei fatti rispetto alla valutazione condivisibile e adeguatamente motivata dei giudici di merito.
In proposito, la Corte richiamato un arresto delle Sezioni Unite per ribadire il significato del termine “utilizzazione” impiegato dal legislatore nella norma incriminatrice di cui all’art. 600-ter c.p.
In particolare, essi affermano che nell’ambito del delitto di pornografia minorile si ha “utilizzazione” quando, all’esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell’età, maturità, esperienza e stato di dipendenza del minore, sia manifesta una forma di coercizione o comunque di condizionamento della volontà della vittima. (Cass. Sez. Un. 9 febbraio 2022, n. 4616).
Nel caso di specie il reo con la propria condotta ha strumentalizzato e abusato della vittima, in quanto la minore era di giovane età, fragile e caratterizzata da una peculiare condizione di vulnerabilità psichica.
L’imputato, tra l’altro, per raggiungere il proprio risultato finale di carattere sessuale, ha indotto in errore la vittima mediante inganno sulla propria età, in quanto ha comunicato falsamente a quest’ultima di essere diciasettenne.
Dunque, il reato di cui all’art. 600-ter c.p. si è inteso perfezionato e consumato per l’assenza di qualsiasi libero consenso della persona offesa e, quindi, per lesione della sua integrità psico-fisica tenuto contro altresì del concreto pericolo di diffusione delle foto in ragione della loro acquisizione a mezzo web.
Infine, inammissibile anche il terzo motivo di ricorso circa la mancata concessione delle attenuanti generiche e l’assenza di motivazione nell’applicazione del trattamento sanzionatorio, in quanto il reo non ha manifestato alcun senso di ravvedimento e non ha autonomamente interrotto la propria condotta criminosa, la quale, peraltro, ha arrecato un’offesa consistente al bene giuridico tutelato per aver determinato la produzione di un numero rilevante di fotografie.