Cassazione, Diritto Penale, Diritto Processuale Penale, Sentenze

Pene sostitutive in caso di appello avverso la sentenza assolutoria

Cass. pen., Sez. VI, 9 luglio 2025, sentenza n. 25199

LA MASSIMA

“In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi sulla loro applicabilità come previsto dalla disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), è necessaria, anche nel caso di appello proposto dal pubblico ministero avverso sentenza assolutoria, una richiesta in tal senso dell’imputato, che non dev’essere formulata necessariamente con l’atto di impugnazione o con la presentazione di motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma deve intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione del gravame.”

IL CASO

Il ricorrente ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, gli ha riconosciuto la responsabilità penale e lo ha condannato alla pena ritenuta di giustizia per i reati di maltrattamenti, commessi in danno della moglie convivente e del figlio minore, e di lesioni personali cagionate alla moglie.

Tra i motivi dedotti con il ricorso, il ricorrente ha lamentato l’omessa motivazione, nonché l’applicazione, possibile anche d’ufficio, delle pene sostitutive di cui agli artt. 20-bis c.p. e 53 e ss. L. 698/1981 in carenza di titoli ostativi di reato.

 LA QUESTIONE

Nella vicenda in esame, la Suprema Corte affronta il tema dell’applicabilità d’ufficio da parte del giudice dell’appello delle sanzioni sostitutive, anche in relazione della disciplina transitoria prevista dall’art. 95 del d.lgs. 150/2022, che ha profondamente innovato la materia delle pene sostitutive.

In premessa, la Cassazione fa proprio il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite secondo cui il giudice di secondo grado non può applicare le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel caso in cui nell’atto d’appello non risulti formulata alcuna specifica richiesta con riguardo a tale punto (Cass. SS. UU. sent. 17 marzo 2017, n. 12872).

Tale assunto si fonda sul carattere eccezionale dell’art. 597, co. 5, c.p.p. e come tale inapplicabile oltre i casi tassativi in essa considerati, posto che, in caso contrario, l’estensione dei benefici concedibili ex officio dal giudice di secondo grado comporterebbe una deroga all’effetto devolutivo, in violazione delle norme sulle formalità delle impugnazioni.

La Corte ha aderito all’orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimità, formatosi a seguito del contrasto giurisprudenziale registrato nell’immediatezza dell’entrata in vigore della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 del d.lgs. 150/2022 (c.d. riforma Cartabia), in ordine alla necessaria richiesta da parte dell’imputatoart di accedere alle sanzioni sostitutive.

É tuttavia il caso di segnalare che, proprio in tema di applicazione di sanzioni sostitutive in sede di “ribaltamento” della decisione assolutoria in appello, la Cass. Pen. sez. III, 24/06/2025, n.23449 ha espresso un convincimento opposto rispetto a quello espresso dalla Sesta Sezione.

Difatti, la Terza Sezione della Suprema Corte sposa l’orientamento per cui il giudice d’appello, che, nel riformare una decisione di proscioglimento, pronuncia sentenza di condanna dell’imputato, è tenuto a valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle pene sostitutive di pene detentive brevi, celebrando, ove necessario, l’udienza prevista dall’art. 545-bis, comma 1, c.p.p.. e deve, inoltre, motivare specificamente l’insussistenza delle condizioni per la loro applicabilità, secondo i parametri di cui agli artt. 133 c.p., 58 e 59 legge 24 novembre 1981, n. 689. Tale orientamento si fonda sul novellato art. 598-bis c.p.p., che distingue l’ipotesi “ordinaria”, in cui l’appellante ha l’onere di esprimere il proprio consenso alla sostituzione della pena detentiva, anche con i motivi nuovi o memorie, fino alla data dell’udienza (cfr. i commi 1-bis e 4-bis del novellato art. 598-bis c.p.p.), da quella disciplinata dal comma 4-ter del predetto articolo, in cui “per effetto della decisione dell’impugnazione, è applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni”.

Secondo tale orientamento, si tratterebbe proprio dell’ipotesi in cui la sentenza d’appello riformi integralmente la sentenza assolutoria di primo grado, ovvero la riformi parzialmente mitigando il trattamento sanzionatorio nei limiti predetti. In tali casi, il comma 4-ter prevede che la Corte di Appello sostituisca la pena detentiva, se ne ricorrono i presupposti, assegnando eventualmente un termine all’imputato per esprimere il consenso, fissando la relativa udienza.

 

LA SOLUZIONE

La Sesta sezione ha affermato che, anche in relazione alla disciplina transitoria prevista dall’art. 95 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi, è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare con l’atto di gravame, o in sede di motivi nuovi ex art. 585 co. 4, c.p.p. ovvero, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione dell’appello.

È opportuno precisare che tale principio trova certamente applicazione per le impugnazioni proposte avverso una sentenza di primo grado emessa prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, ove opera il regime di favore di cui all’art. 95 d.lgs. 150/2022, come nel caso di specie.

Tale orientamento è da ritenersi confacente anche nel peculiare caso in esame, ove l’appello è stato proposto dal pubblico ministero contro una sentenza di assoluzione.

Difatti, secondo la Suprema Corte, il legislatore nel disciplinare i poteri d’ufficio del giudice di appello ex art. 597 co.5 c.p.p., non prevede alcuna distinzione in base alla decisione impugnata. Pertanto, la possibilità di un ribaltamento della sentenza di primo grado non rappresenta una evenienza imprevedibile, e grava sull’imputato l’onere di prospettare al giudice tutte le istanze a lui favorevoli, ivi comprese le richieste che incidono sul trattamento sanzionatorio e, quindi, anche in ordine alle sanzioni sostitutive.

Per le motivazioni sopraesposte, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Nota a cura di Francesca Sanapo (Commissario di Polizia Penitenziaria)