Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Peculato o truffa aggravata? La Cassazione chiarisce la responsabilità dei pubblici ufficiali nelle procedure complesse di spesa

Cass. Sez. VI, 13 marzo 2025, n. 10062

LA MASSIMA
“Integra il delitto di peculato e non quello di truffa aggravata la condotta del funzionario di un ente pubblico incaricato dell’esecuzione di pagamento, che sottoscrive mandati di pagamento non dovuti per somme di cui ha la diretta disponibilità. Nel caso di “procedure complesse” di spesa, il concorso di più organi all’adozione dell’atto dispositivo consente di imputare il possesso del denaro congiuntamente a più pubblici ufficiali.”

IL CASO
In secondo grado veniva confermata la responsabilità penale di un pubblico funzionario per il reato di peculato, ma con una diversa determinazione della pena.
L’istruttoria aveva accertato che l’imputato, in qualità di funzionario di un ente pubblico incaricato di eseguire pagamenti, aveva firmato mandati per somme non dovute, disponendo così indebitamente di denaro pubblico.
La difesa sosteneva che, trattandosi di una procedura complessa di spesa, la condotta dell’imputato rientrasse nell’alveo della truffa aggravata anziché del peculato, non avendo il possesso esclusivo delle somme.

LA QUESTIONE

La questione sottoposta alla Corte di Cassazione riguardava l’esatta qualificazione giuridica della condotta del pubblico ufficiale nell’ambito delle procedure complesse di spesa pubblica, più in particolare se la condotta rientrasse nella fattispecie di peculato avendo il funzionario il possesso giuridico del denaro, seppur condiviso, oppure di truffa aggravata, poiché il danno all’ente pubblico è derivato da un raggiro e non da un atto di appropriazione diretta.

LA SOLUZIONE
La Cassazione rigettando il ricorso dell’imputato ha confermato la configurabilità del peculato, fondandosi sul principio per cui il possesso del denaro pubblico non è esclusivo ma può essere condiviso tra più pubblici ufficiali all’interno di procedure complesse. L’elemento distintivo tra peculato e truffa aggravata è la disponibilità del denaro, pertanto, il peculato si configura quando il pubblico ufficiale ha già in possesso le somme e ne dispone in modo illecito. La truffa, invece, presuppone un’induzione in errore per ottenere un vantaggio indebito.
Nelle procedure complesse, il denaro pubblico è sotto il controllo di più soggetti, ma ciò non esclude che chi lo gestisce possa rispondere di peculato se ne fa un uso indebito. Il pubblico ufficiale ha una posizione di garanzia e deve rispettare le norme contabili e procedurali: se ne abusa, commette peculato. Il principio di affidamento non può essere invocato per escludere la responsabilità di chi ha la concreta possibilità di gestire il denaro pubblico e ne dispone in violazione delle regole.
La Corte con la decisione in esame ha ribadito che il peculato può sussistere anche in presenza di una pluralità di soggetti coinvolti nel processo decisionale, dal momento che il possesso delle somme non deve essere esclusivo. L’organizzazione burocratica non può costituire un ostacolo alla responsabilità penale, né può fungere da schermo per evitare l’integrazione del reato quando il pubblico ufficiale, pur inserito in un sistema complesso, ha un’effettiva capacità dispositiva del denaro.
Questa sentenza si inserisce in un consolidato orientamento che nega la configurabilità della truffa aggravata nei casi in cui il pubblico ufficiale abbia la gestione del denaro pubblico, anche all’interno di procedure complesse. Conferma, inoltre, che il peculato può essere commesso congiuntamente da più pubblici ufficiali che hanno il controllo di una fase della spesa, ampliando l’ambito applicativo dell’art. 314 c.p. e restringendo gli spazi per difese basate sulla complessità delle procedure amministrative.
La decisione assume particolare rilievo nel contrasto alle condotte fraudolente che si annidano nelle pieghe della burocrazia, impedendo che il frazionamento delle competenze possa servire a eludere le conseguenze penali delle condotte illecite.