Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Evasione: particolare tenuità del fatto e comportamento abituale

Cass. pen., Sez. VI, 17 aprile 2025, sentenza n.15268
LA MASSIMA
“Ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità, il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame; nella valutazione dell’an di detto presupposto, il giudice può fare riferimento, oltre che alle condanne irrevocabili e alle precedenti pronunzie relative a reati in precedenza ritenuti non punibili a sensi dell’art. 131-bis cod. pen., anche agli illeciti il cui accertamento è ancora in fase di cognizione, di cui il giudice è in grado di valutare l’esistenza. Si è affermato, infatti, che, posto che l’art. 131-bis, comma 3, cod. pen., allorché tipizza l’abitualità del comportamento, fa riferimento alla commissione di più reati e non a precedenti condanne, «la pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l’esistenza»”.
IL CASO
La Corte d’Appello territorialmente competente, in conferma della pronuncia del giudice di prime cure, condannava Tizio alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 385 c.p., ritenendo inapplicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. in virtù dei precedenti specifici dell’imputato.
Avverso tale provvedimento, l’imputato a mezzo del proprio difensore ricorreva in Cassazione deducendo violazione di legge e vizi di motivazione: il giudice di appello avrebbe ritenuto inapplicabile l’art. 131 bis c.p. nonostante dal certificato del casellario giudiziale non risultassero precedenti a carico dell’imputato; inoltre, non avrebbe tenuto conto della minima offensività del fatto criminoso realizzato, desumibile dalle concrete modalità della condotta.
LA QUESTIONE
La questione sottoposta all’attenzione della Corte riguarda i presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p..
Il tema è stato affrontato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale in più arresti ha ribadito il principio per cui il giudizio sulla particolare tenuità del fatto richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Cass., Sez. Un., 25 febbraio 2016, n. 13681).
Tra gli elementi ostativi al riconoscimento della causa di non punibilità in esame, l’art. 131 bis richiama espressamente il concetto di “comportamento abituale”, ritenuto sussistente ai sensi dal comma 3 nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
LA SOLUZIONE
La Corte ha ritenuto fondato il ricorso .
Facendo applicazione dei principi enucleati dalla giurisprudenza, i giudici di legittimità evidenziano il perimetro applicativo del concetto di “comportamento abituale”, ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità di cui al 131 bis c.p.. Nello specifico, la Corte precisa che il comportamento criminoso può definirsi abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. Il giudice di merito, nella valutazione dell’an di detto presupposto, può tenere conto, oltre che delle condanne irrevocabili e delle precedenti pronunzie relative a reati in precedenza ritenuti non punibili a sensi dell’art. 131-bis cod. pen., anche degli illeciti il cui accertamento è ancora in fase di cognizione. Si è affermato, infatti, che, posto che l’art. 131-bis, comma 3, cod. pen., allorché tipizza l’abitualità del comportamento, fa riferimento alla commissione di più reati e non a precedenti condanne, «la pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l’esistenza».
Segnalazione a cura di Gaya Carbone