Particolare tenuità del delitto di evasione: i criteri valutativi

Cass. pen., Sez. II, 24 febbraio 2025, n. 7442
LA MASSIMA
“Per la valutazione della esiguità del danno o del pericolo – ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis cod. pen. – occorre tenere conto non dei precedenti penali (che rilevano sotto il diverso profilo della abitualità di comportamento), bensì delle modalità della condotta verificando se, in relazione ad esse, la fattispecie concreta sia di minima offensività”.
IL CASO
La vicenda in esame trae origine dal ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte di appello confermava la sentenza del Tribunale, il quale dichiarava l’imputato responsabile del delitto di evasione e, esclusa la recidiva infraquinquennale, riconosciute attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione.
Per quanto qui rileva, il Tribunale escludeva la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., ed al riguardo osservava che il fatto non poteva ritenersi di “particolare tenuità” atteso che l’allontanamento dal domicilio custodiale non era rimasto circoscritto al tempo necessario per recuperare il giocattolo fatto cadere dalla figlia nel cortile comune del palazzo ove abitava, ma si era protratto ulteriormente senza alcuna ragione essendo stato l’imputato colto fuori dal cancello ed in compagnia di altre persone, situazione interrotta solo dall’arrivo delle forze dell’ordine preposte ai controlli.
Tale sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello, la quale, a sua volta, escludeva la causa di non punibilità di cui sopra in considerazione dei precedenti penali dell’imputato che – seppure non idonei a qualificare la condotta in termini di abitualità – erano tuttavia indicativi di una proclività al reato tale da escludere l’esiguità del pericolo cagionato dalla condotta di reato.
Sul punto, la statuizione del giudice di secondo grado veniva annullata con rinvio con sentenza emessa dalla sesta sezione della Corte di Cassazione, la quale evidenziava che il giudice di merito aveva escluso la particolare tenuità del fatto sotto il profilo della esiguità del pericolo fondandosi soltanto sulla presenza di precedenti penali ritenuti preclusivi del beneficio, quando invece i parametri di valutazione fissati dall’art. 131-bis, comma primo, cod. pen. hanno natura e struttura oggettiva ed operino su un piano diverso da quelli relativi alla personalità del reo.
Successivamente, la Corte di appello, in sede di giudizio di rinvio, confermava la pronuncia di primo grado, così escludendo la ricorrenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Avverso tale pronunzia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia articolando un unico motivo con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 627, comma 3, codice di rito e vizio di motivazione.
In particolare, ad avviso dell’imputato la Corte di appello non si sarebbe uniformata al principio di diritto dettato dai giudici di legittimità con la sentenza di annullamento con rinvio, limitandosi ad evocare semplicemente la violazione degli obblighi connessi alla misura domiciliare e, dunque, escludendo la causa di non punibilità sulla base della sola astratta valutazione del titolo del reato contestato.
In particolare, per l’imputato i giudici di secondo grado non hanno valutato le modalità della condotta, chiaramente evocativa della intenzione di fare immediato rientro nell’abitazione (era stato colto il giorno di Natale in pantofole, ed in abiti “da casa”, sulla soglia del cancello pedonale dello stabile con in braccio la figlia di pochi anni) né hanno considerato che il fatto è stato del tutto occasionale, in quanto l’unico commesso in un periodo di oltre un anno di sottoposizione agli arresti domiciliari.
LA QUESTIONE
La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso, per unico motivo manifestamente infondato, e si è soffermata sul riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis cod. pen. in caso di evasione dagli arresti domiciliari.
LA SOLUZIONE
In estrema sintesi, i Giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno in primo luogo rilevato che, la Corte di appello si è perfettamente uniformata al principio di diritto affermato nella sentenza di annullamento con rinvio, secondo la quale per la valutazione della esiguità del danno o del pericolo – ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis cod. pen.- occorre tenere conto non dei precedenti penali (che rilevano sotto il diverso profilo della abitualità di comportamento), bensì delle modalità della condotta verificando se, in relazione ad esse, la fattispecie concreta sia di minima offensività.
La Corte ha inoltre precisato che, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto art. 131 bis cod. pen., in caso di evasione dagli arresti domiciliari, benché l’evasione consista nell’allontanarsi di poco dal domicilio, va considerato il reato per cui è stata disposta la custodia cautelare o la circostanza che nel periodo dell’evasione il soggetto abbia colloquiato con terze persone o la circostanza che lo stesso, nel medesimo lasso di tempo, si sia incontrato con pregiudicati.
Nel caso concreto, l’imputato, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, era stato sorpreso dall’organo preposto alla vigilanza lungo la strada pubblica- in aperta violazione della imposta prescrizione accessoria del divieto di comunicare con persone diverse dalle conviventi- all’esterno del cancello dello stabile ove era posta la sua abitazione, a colloquiare con due persone di cui una pregiudicata per ricettazione e falso.
Ad avviso del Collegio, benché l’evasione fosse consistita nell’allontanarsi di poco dal domicilio, considerato che la misura cautelare domiciliare c.d. ristretta era stata applicata in relazione al reato di tentata estorsione aggravata in danno dì persone vittime di usura, ravvisando anche il pericolo di inquinamento probatorio e cioè l’esigenza di impedire che l’imputato- come già avvenuto in precedenza- potesse esercitare pressioni sulle persone offese, non è possibile ritenere particolarmente esigua l’offesa.
Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.