Corte Costituzionale, Diritto Penale, Sentenze

Omicidio del consenziente e impossibilità fisica all’autosomministrazione: inammissibile la questione di legittimità costituzionale.

Corte Cost., 25 luglio 2025, sentenza n. 132

 

IL DISPOSITIVO

“La Corte dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 579 del codice penale sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, quarta sezione civile, con l’ordinanza indicata in epigrafe”.

 

IL CASO

Il Tribunale di Firenze è stato adito ex art. 700 c.p.c. da una persona affetta da sclerosi multipla, affinché le fosse riconosciuto il diritto fondamentale all’autodeterminazione nelle scelte terapeutiche in materia di fine vita, nella sua declinazione del diritto di scegliere, in modo libero, consapevole e informato, di procedere alla somministrazione del farmaco letale in modalità eteronoma e dunque da parte del personale sanitario.

Alla base del dedotto necessario intervento eteronomo nell’attuazione della volontà suicidaria, si pongono due considerazioni: per un verso, il progressivo incedere della malattia che ha reso impossibile l’attivazione manuale della pompa infusionale del farmaco letale; per l’altro, l’indisponibilità sul mercato di macchinari di autosomministrazione azionabili con la voce o con movimenti della bocca o degli occhi. Infine, nonostante la teorica possibile assunzione del farmaco per via orale, la ricorrente rifiuta tale modalità: la disfagia di cui la stessa soffre rende tale soluzione più rischiosa e, dunque, la stessa preferisce congedarsi dalla vita con una somministrazione endovenosa.

LA QUESTIONE

Il Tribunale di Firenze ritiene che l’attuazione di tale volontà sia impedita dalla previsione normativa di cui all’art. 579 c.p., del quale dubita la legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost., nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017, attui materialmente la volontà suicidaria, autonomamente e liberamente formatasi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente, quando la stessa persona, per impossibilità fisica e per assenza di strumentazione idonea, non possa materialmente procedervi in autonomia o quando comunque le modalità alternative di autosomministrazione disponibili non siano accettate dalla persona sulla base di una scelta motivata che non possa ritenersi irragionevole.

 

LA SOLUZIONE

La Corte costituzionale ha sottolineato che l’indisponibilità del macchinario idoneo all’autosomministrazione del farmaco non è solo un mero inconveniente di fatto, ma esibisce un’innegabile giuridicità, divenendo parte costitutiva di una fattispecie giuridica.

Ciò nondimeno, la dichiarazione di inammissibilità della questione sollevata dipende da un rilevato difetto di motivazione, essendo questa né adeguata, né conclusiva, in merito alla reperibilità di un dispositivo di autosomministrazione farmacologica azionabile dal paziente che abbia perso l’uso degli arti e per tale ragione le questioni sono inammissibili.

Invero, tale difetto di motivazione incide non solo sulla rilevanza della questione prospettata, ma altresì sull’autodeterminazione della ricorrente, la quale, ove tali dispositivi esistessero, e potessero essere reperiti in tempi ragionevolmente correlati al suo stato di sofferenza, avrebbe diritto ad avvalersene.

In questa prospettiva, la ricerca del dispositivo e la sua concreta disponibilità non può arrestarsi sul piano dell’ente locale, come attestato dal giudice a quo.

Di contro, si richiede il coinvolgimento di organismi specializzati operanti, col necessario grado di autorevolezza, a livello centrale, come, quanto meno, l’Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale, al quale sono assegnate specifiche funzioni istituzionali di natura consultiva, anche per le aziende sanitarie locali.

Difatti, una volta verificate positivamente la sussistenza delle condizioni indicate dallo stessa Corte (cfr. Corte cost., 22 novembre 2019, sentenza n. 242) per poter accedere al suicidio medicalmente assistito, la persona è titolare di una situazione soggettiva tutelata, quale consequenziale proiezione della sua libertà di autodeterminazione, e segnatamente ha diritto di essere accompagnata dal Servizio sanitario nazionale nella procedura di suicidio medicalmente assistito, diritto che, secondo i principi che regolano il servizio, include il reperimento dei dispositivi idonei, laddove esistenti, e l’ausilio nel relativo impiego.

Di conseguenza, è in primo luogo la struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale a dover individuare le modalità di esecuzione del suicidio medicalmente assistito, nell’esplicazione di un doveroso ruolo di garanzia che è, innanzitutto, presidio delle persone più fragili, le quali devono comunque scongiurare abusi in danno di persone vulnerabili ed essere tali da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze.

Nota a cura di Mirco Paglia