Millantato credito, traffico di influenze illecite e truffa: la questione della continuità normativa

Cass. pen., Sez. I, 28 agosto 2025, sentenza n. 29934
LA MASSIMA
“Deve ritenersi che la nuova formulazione dell’articolo 346-bis c.p. sul traffico di influenze illecite introdotta dalla legge 114/2024 (c.d. Legge Nordio) riduca l’ambito della rilevanza penale della fattispecie di reato previgente sotto plurimi profili, laddove, nella disciplina vigente, l’art. 346-bis c.p. si riferisce solo alle relazioni esistenti e, pertanto, non consente più la punibilità del traffico di influenze millantate. Le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono, inoltre, essere effettivamente utilizzate (non solo vantate) e devono essere esistenti (non solo asserite)”.
IL CASO
La Corte d’appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la domanda con la quale l’imputato aveva chiesto la revoca della sentenza con cui era stato riconosciuto un provvedimento di condanna emesso da un giudice straniero per il delitto di traffico di influenze illecite, sostenendo l’intervenuta abolitio criminis. In particolare, la sentenza di riconoscimento del provvedimento straniero aveva rilevato che la condotta del condannato era sussumibile, nell’ordinamento nazionale, nella fattispecie di cui all’art. 346-bis c.p.
Le motivazioni dell’istanza di revoca, per quanto esposto dal condannato, erano da rinvenirsi nella parziale abrogazione del delitto di traffico di influenze illecite ad opera della legge 9 agosto 2024, n. 114 e nell’abrogazione del delitto di millantato credito. La difesa, infatti, esponeva che la condotta per la quale l’imputato era stato condannato dall’autorità straniera era sussumibile nella fattispecie nazionale del millantato credito ex art. 346 c.p., che, al momento della commissione del fatto (febbraio-marzo 2012), non era ancora stato introdotto nella disciplina codicistica e, infine, che tra il delitto ex art. 346-bis c.p. e il delitto di millantato credito non vi fosse continuità normativa, come stabilito dalle Sezioni Unite n. 19357/2024.
Il Giudice dell’esecuzione, tuttavia, respingeva la richiesta di revoca della sentenza assumendo che la condotta dell’imputato poteva essere comunque ricondotta alla fattispecie della truffa. Infatti, l’imputato, avvocato, aveva fatto credere alla persona offesa, dopo aver ottenuto una somma di denaro, di poter ottenere la falsificazione dei risultati dell’analisi tossicologica e alcolemica sui campioni della medesima persona offesa da parte dei tecnici incaricati dell’istituto di medicina legale.
LA QUESTIONE
Il condannato proponeva ricorso per Cassazione evidenziando che il giudice dell’esecuzione, qualificando la condotta come truffa anziché come traffico di influenze illecite come aveva fatto la sentenza che aveva recepito la pronuncia straniera, aveva violato il giudicato formatosi. Per quanto d’interesse ai fini sostanziali, osservava che non sussiste continuità normativa tra il reato di traffico di influenze e la truffa e neppure tra il millantato credito, ormai abrogato, e la truffa, che non era stata contestata in precedenza al condannato e, comunque, non configurabile.
LA SOLUZIONE
La Corte ha rigettato il ricorso.
La sentenza ha dato atto delle modifiche normative che hanno attinto l’art. 346-bis c.p. dal 2012, anno in cui tale disposizione è stata introdotta, fino all’ultima modifica operata dalla legge 114/2024. Nell’originaria formulazione dell’art. 346-bis c.p., la condotta tipica si realizzava mediante il mero sfruttamento di relazioni esistenti con il pubblico ufficiale; invece, nella fattispecie di cui all’art. 346 c.p., il soggetto agente millantava credito presso un pubblico ufficiale o un pubblico impiegato. La pena, peraltro, era aggravata, nel comma 2, se il colpevole riceveva o si faceva dare denaro o altre utilità “col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare”.
La Corte ha osservato che il legislatore, con la legge n. 3 del 2019, ha abrogato il delitto di millantato credito di cui all’art. 346 c.p. “fondendola con il reato di traffico di influenze illecite” – come affermato dalla sentenza in esame –, ha modificato l’art. 346-bis c.p. eliminando l’inciso “in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio” e ha eliminato la natura necessariamente patrimoniale del vantaggio dato o promesso al mediatore, sostituendo con il termine “utilità” il “vantaggio patrimoniale”.
Sul punto, nella sentenza è stato chiarito che le Sezioni Unite hanno concluso per l’inesistenza di continuità normativa tra il reato di traffico di influenze illecite, nella formulazione modificata dalla legge n. 3 del 2019, e la fattispecie di cui al comma 2 dell’abrogato art. 346 c.p., le cui condotte, tuttavia, potevano e possono configurare il delitto di truffa, qualora sussistano gli elementi costitutivi di tale fattispecie.
La disposizione in esame, tuttavia, è stata rimodulata nuovamente dalla legge 9 agosto 2024, n. 114. L’attuale art. 346-bis c.p., difatti, si riferisce alle mere relazioni esistenti, non prevedendo più la punibilità del traffico di influenze millantate; inoltre, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere effettivamente utilizzate, quindi non solo vantate, e devono essere esistenti e non meramente asserite.
Ciò premesso, secondo la Corte, la sentenza della Corte d’appello, respingendo la richiesta di revoca della sentenza di riconoscimento della pronuncia straniera, ha correttamente sussunto la condotta del reo nella fattispecie della truffa, sussistendone gli elementi costitutivi. In merito, difatti, è stato ribadito che il delitto di truffa e quello di millantato credito, prima dell’abolizione del 2019, potevano essere posti in concorso tra loro, in presenza degli elementi caratterizzanti entrambe le fattispecie.
Infine, la sentenza ha evidenziato che, ai fini della riconoscibilità della sentenza straniera in Italia, non è richiesto che il fatto per il quale è stata emessa la condanna straniera debba essere qualificato in modo eguale nei paesi di emissione e di esecuzione, essendo invece previsto che in entrambi i paesi il fatto costituisca reato. Pertanto, non è violato neppure il giudicato per la sussunzione del fatto nel reato di truffa e non in quello di traffico di influenze illecite.
Nota a cura di Valentina Marrone