Maltrattamenti contro familiari o conviventi e sospensione obbligatoria della responsabilità genitoriale: illegittimo l’art. 34, comma 2, c.p.

Corte Cost., 22 aprile 2025, sentenza n. 55
LA MASSIMA
“E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 34, secondo comma, c.p., nella parte in cui prevede che la condanna per il delitto ex art. 572, secondo comma, c.p., commesso, in presenza o a danno di minori, con abuso della responsabilità genitoriale, comporta la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporla”
IL CASO
La declaratoria di incostituzionalità che qui occupa origina da un procedimento promosso nei confronti di due genitori, ritenuti responsabili del delitto di maltrattamenti in famiglia per aver posto in essere abitualmente, con finalità educative, condotte violente ed aggressive nei confronti dei figli minori conviventi.
Il giudice a quo, pervenuto al riconoscimento della responsabilità penale ascritta agli imputati, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2 c.p., prevedendo detta norma, quale automatismo in caso di condanna, la pena accessoria della sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale per un periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta.
Nel motivare l’ordinanza di rimessione avanti la Corte costituzionale, il giudice di merito osservava che la rigidità applicativa della previsione sarebbe stata idonea a determinare risposte sanzionatorie sproporzionate rispetto ai fatti commessi, oltre che distoniche rispetto al principio di individualizzazione del trattamento sanzionatorio, così ponendosi in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.
Sempre secondo il giudice rimettente, la norma censurata avrebbe violato altresì gli artt. 2, 3, 29 e 30 Cost., nonché l’art. 8 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, nel caso di comprovato ripristino della situazione familiare, essendo meritevole di tutela l’interesse del minore alla preservazione del nucleo familiare così ricomposto.
Circostanza, questa ultima, riscontrata nel giudizio principale incardinato.
LA QUESTIONE
La questione sottesa alla pronuncia in esame attiene allo scrutinio di costituzionalità dell’art. 34, comma 2 c.p. (per il quale “la condanna per delitti commessi con abuso della responsabilità genitoriale importa la sospensione dall’esercizio di essa per un periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta”) in relazione agli artt. agli artt. 2, 3, 27, 29 e 30 della Costituzione, nonché all’art. 8 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176.
LA SOLUZIONE
La Corte, al netto delle questioni di legittimità costituzionale ritenute inammissibili, ha posto l’accento su due elementi ritenuti dirimenti ai fini del decidere: da un lato il preminente interesse del minore, dall’altro l’automatismo disposto dall’art. 34, comma 2 c.p., per il quale la pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale viene sempre disposta ogniqualvolta intervenga la condanna per determinati reati.
In primo luogo, nell’analisi della disposizione censurata, i giudici ne hanno sottolineato il carattere peculiare rispetto alle altre previste nel Codice penale. Infatti, la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale incide su una relazione, e pertanto, laddove disposta, non colpisce unicamente il condannato, bensì impatta in via diretta anche nei confronti del minore, che di tale relazione è il co-protagonista.
Nel valutare la tenuta costituzionale della norma in esame, i giudici hanno riconosciuto la centralità dell’interesse del minore, emersa anche in ambito penale alla luce dei principi costituzionali e della stessa evoluzione della legislazione ordinaria.
La Corte, richiamando la giurisprudenza costituzionale elaborata con riferimento ad altre pene accessorie analoghe o identiche rispetto a quella attenzionata, ha poi posto l’attenzione sull’automatismo della sanzione disposto dal legislatore, che preclude qualsiasi valutazione discrezionale in capo al giudice al momento del giudizio.
A tal proposito, si è osservato che l’automatismo della norma in questione non consente di attribuire il dovuto rilievo all’evoluzione, successiva al reato, delle relazioni tra il figlio minore ed il genitore, dal momento che non consente al giudice di valutare se l’applicazione della pena accessoria risponda in concreto agli interessi del minore.
Peraltro, l’irragionevolezza dell’automatismo è stata ulteriormente motivata richiamando un dato derivante dalla prassi giudiziaria, dal momento che la pena accessoria è destinata ad essere eseguita soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza, che spesso avviene a molti anni di distanza dal fatto.
Tanto rilevato, i giudici costituzionali hanno conclusivamente chiarito che “il rigido automatismo che impone al giudice di applicare la pena accessoria in questione non consente una valutazione in concreto dell’interesse del minore a vedere recisa quella relazione con il genitore in tutte le ipotesi – quale quella all’esame del giudice rimettente – in cui risulti accertata la ricomposizione del quadro familiare e l’interesse del minore possa risultare meglio protetto senza che sia sospesa la responsabilità genitoriale, venendo altrimenti paradossalmente leso”.
Alla luce di tutto quanto sopra evidenziato, la Corte costituzionale ha così ritenuto l’automatica applicazione della pena accessoria in esame contraria agli artt. 2, 3 e 30 Cost., dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2 c.p. nella misura in cui preclude al giudice di merito di disporre la pena accessoria della sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale all’esito di una valutazione discrezionale che tenga conto del concreto interesse del minore nel caso di specie.
A cura di Maddalena Paro