Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

L’urgenza non scrimina la violazione di norme penali poste a tutela dell’ambiente

Cass. pen., Sez. III, 7 luglio 2025, sentenza n. 24717

LA MASSIMA

“Il principio di legalità in materia ambientale impone il rispetto assoluto delle norme poste a tutela del bene ambiente, indipendentemente dalla natura pubblicistica o urgente dell’intervento. La violazione delle norme penali a tutela dell’ambiente costituisce reato anche se motivata da esigenze straordinarie o di pubblica utilità”.

IL CASO

Il caso oggetto di analisi concerne il reato di abusiva produzione di emissioni in atmosfera (art. 279 T.U. ambiente). L’imputato, assolto dall’addebito contestatogli ai sensi dell’art. 131-bis c.p., sollevava ricorso per cassazione con un unico motivo di doglianza, nel quale evidenziava l’inesistenza di elementi validi su cui fondare la sussistenza del reato. In particolare, questi era titolare di un impianto di depurazione il cui appalto risultava essere stato affidato mediante procedura d’urgenza. La sentenza di primo grado, ad avviso dell’imputato, non avrebbe tenuto in debita considerazione la specificità della norma laddove evidenzia che lo stabilimento e le attività ivi esercitate sono connesse alle medesime autorizzazioni. Inoltre, secondo la difesa, andrebbe scissa la responsabilità del gestore da quella di chi deve garantire la regolarità sul piano completo delle autorizzazioni e il funzionamento di una struttura pubblica.

LA QUESTIONE

Il problema sollevato nel ricorso inerisce per lo più al rapporto tra l’assenza di un titolo autorizzativo di un’attività di titolarità pubblica e necessaria e la produzione di emissioni nell’ambiente. In particolare, la Cassazione è chiamata a valutare se l’affidamento con procedura d’appalto d’urgenza possa scriminare la condotta, e se l’assenza del titolo, dato per implicito, attesa l’attività svolta, dovesse essere indicata nel bando emesso dall’ente.

LA SOLUZIONE

Il ricorso veniva considerato sostanzialmente infondato. Il Giudice di prime cure aveva, infatti, idoneamente valutato tutti gli elementi costitutivi del reato ex art. 279 D. lgs. 152/2006.

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ricorda anzitutto la natura del reato. Trattasi di reato permanente e di pericolo: per la sua sussistenza è sufficiente l’esercizio di un’attività che produca emissioni in assenza della prescritta autorizzazione, e la sottrazione di tale attività al controllo degli organi di vigilanza. Indifferente è, quindi, la verifica della concreta realizzazione delle emissioni e il superamento delle soglie previste. D’altra parte, tale valutazione in concreto è necessaria per imputare la responsabilità in capo al gestore, trattandosi di reato proprio. Indubbia è, quindi, la riconoscibilità di tale responsabilità in capo all’imputato.

In second’ordine, la Corte osserva come una procedura d’urgenza possa giustificare solo l’adozione di misure straordinarie, ma non la violazione di norme ambientali. Altresì, a tal fine non può adoperarsi la categoria dell’inesigibilità in virtù dei motivi di igiene. Da consolidata giurisprudenza in materia, infatti, emerge come per escludere la responsabilità dell’agente sia necessario rinvenire una determinata causa di giustificazione fra quelle positivamente disciplinate dall’ordinamento, non essendo invocabile un inesistente principio generale di inesigibilità della condotta, se non quando si traduca in una positiva causa di esclusione della punibilità. Tra queste può riconoscersi quella prevista dall’art. 191 D.lgs. n. 152/2006, ma solo in presenza di ordinanze contingibili ed urgenti emesse dal sindaco per un periodo massimo di diciotto mesi, nel caso di specie inesistenti. In conclusione, la Corte ha rimarcato come la procedura d’urgenza non possa mai giustificare la violazione di norme ambientali e rigettava il ricorso.

Nota a cura di Daniela Cazzetta (Funzionaria e Abilitata all’esercizio della professione forense)