Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

L’imputabilità va esclusa se l’impulso patologico vanifica la capacità di volere

Cass. pen., Sez. V, 28 marzo 2025, sentenza n. 12283

LA MASSIMA
“In tema di imputabilità, l’assenza della capacità di volere può assumere rilevanza autonoma e decisiva, valorizzabile agli effetti del giudizio ex artt. 85 e 88 cod. pen., anche in presenza di accertata capacità di intendere (e di comprendere il disvalore sociale della azione delittuosa), ove sussistano due essenziali e concorrenti condizioni: a) gli impulsi all’azione che l’agente percepisce e riconosce come riprovevole (in quanto dotato di capacità di intendere) siano di tale ampiezza e consistenza da vanificare la capacità di apprezzarne le conseguenze; b) ricorra un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato da quello specifico disturbo mentale, che deve appunto essere ritenuto idoneo ad alterare non l’intendere, ma il solo volere dell’autore della condotta illecita. È comunque onere dell’interessato dimostrare il carattere cogente dell’impulso stesso”

IL CASO
L’imputato è stato ritenuto responsabile, in primo e secondo grado, per il reato di atti persecutori ai danni di una coppia di coniugi, suoi condomini, e condannato alla pena di un anno di reclusione.
I giudici di merito hanno riconosciuto una parziale capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto sottolineando, inoltre, la sua opposizione a sottoporsi ai necessari trattamenti terapeutici.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato lamentando la violazione dell’art. 85 c.p.. La difesa ha sostenuto che i giudici di merito hanno erroneamente valutato l’imputabilità dell’imputato, poichè, secondo la perizia, la capacità di volere dello stesso sarebbe stata totalmente compromessa, pur mantenendo integra la capacità di intendere.
Inoltre, il difensore ha contestato l’erronea applicazione dell’art. 89 c.p., in quanto tale norma presuppone la sussistenza sia della capacità di intendere che di volere, mentre nel caso di specie difetta totalmente la capacità di volere.

LA QUESTIONE
La questione di diritto analizzata dalla Corte riguarda la possibilità di dichiarare un soggetto non imputabile per vizio totale di mente in mancanza della sola capacità di volere.

LA SOLUZIONE
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso ritenendo fondate le censure difensive.
Preliminarmente, la Corte ha richiamato il consolidato principio di diritto secondo cui l’art. 85 c.p. fa riferimento sia alla capacità di intendere che a quella di volere, rendendo evidente come l’imputabilità debba essere congiuntamente riferita a entrambe tali attitudini, difettando in caso contrario.
Inoltre, i giudici di legittimità hanno precisato che in tema di imputabilità, l’assenza della capacità di volere può assumere autonoma rilevanza ai fini del giudizio ex artt. 85 e 88 c.p., anche in presenza della capacità di intendere, se sussistono due condizioni: – gli impulsi all’azione che l’agente percepisce e riconosce come riprovevole siano tali da vanificare la capacità di autodeterminarsi; – il fatto di reato deve essere causalmente determinato da quello specifico disturbo mentale che altera il volere dell’autore.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il giudice di secondo grado abbia disatteso i predetti principi, omettendo di approfondire se l’incapacità di volere dell’imputato fosse connotata dalle caratteristiche sopra indicate e fosse tale da escludere la capacità di autodeterminarsi.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che la Corte d’Appello ha erroneamente richiamato la responsabilità dell’imputato per non essersi sottoposto alla terapia, trascurando il fatto che tale comportamento era conseguenza della patologia stessa e non di una consapevole volontà. Al riguardo, i giudici di legittimità hanno precisato che tale circostanza non può essere ricondotta agli artt. 92 e 93 c.p. in quanto queste ultime sono norme speciali che non possono essere applicate in malam partem oltre i casi in esse previsti.