Cassazione, Diritto Processuale Penale, Sentenze

L’impatto della riforma Cartabia sulle impugnazioni ai soli effetti civili

Cass. pen., Sez. II, 18 agosto 2025, sentenza n. 29552

LE MASSIME

“A fronte di un’impugnazione ai soli effetti civili, il giudice penale effettua solo un vaglio preliminare di non inammissibilità e ove l’appello o il ricorso siano non inammissibili, il giudizio prosegue davanti al giudice civile, senza soluzione di continuità e senza che sia necessaria nessuna iniziativa delle parti”.

 “È abnorme l’ordinanza adottata in carenza dei presupposti logico-giuridici che legittimano l’esercizio del potere giurisdizionale in quella forma, così collocandosi al di fuori dell’ordinamento processuale vigente, per contrasto alla sua struttura logica e teleologica”.

 

IL CASO

La decisione in esame trae origine dal ricorso avverso un’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 573, comma 1-bis c.p.p., in cui le autorità giudiziarie di secondo grado disponevano la riassunzione, dinanzi alle sezioni civili della stessa Corte di Appello, dell’impugnazione proposta ai soli effetti civili nel processo penale. Il ricorso censura la scorretta applicazione dell’articolo 573 comma 1-bis c.p.p. nella parte in cui l’ordinanza prevedeva l’onere a carico delle parti di riassumere il giudizio in sede civile. Secondo il ricorrente, infatti, alla luce dell’interpretazione elaborata dalle Sezioni Unite sulla norma, l’articolo 573 comma 1-bis c.p.p. dispone una prosecuzione del giudizio in sede civile, senza soluzione di continuità, e non richiede, pertanto, che le parti debbano svolgere alcuna ulteriore attività per la traslazione del giudizio dal settore penale a quello civile.

 

LA QUESTIONE

Investiti della questione, i giudici di legittimità sono stati chiamati a pronunciarsi sull’esatta applicazione dell’articolo 573 comma 1-bis c.p.p., in relazione alle modalità di prosecuzione del giudizio dinanzi al giudice civile. Dunque, al vaglio della Corte Suprema viene sottoposto il seguente quesito: se, ai sensi 573 comma 1-bis c.p.p., la traslazione del processo dinanzi al giudice civile competente costituisce una mera prosecuzione del giudizio ovvero l’instaurazione di un nuovo giudizio e, in quest’ultimo caso, se le parti possono essere gravate dell’onore della riassunzione.

 

LA SOLUZIONE

La Suprema Corte accerta l’inoppugnabilità dell’ordinanza ex articolo 573 comma 1-bis c.p.p. Per tale ragione, si occupa di valutare l’eventuale carattere abnorme del provvedimento adottato nel caso di specie, poiché solo avverso gli atti abnormi è comunque consentito il ricorso per Cassazione. Al contrario, il ricorso in oggetto sarebbe inammissibile se si configurasse solo una violazione di legge nell’ordinanza.

Al fine di svolgere questa indagine, le autorità giudiziarie principiano dall’analisi della giurisprudenza di legittimità già intervenuta a chiarire il significato della disposizione ex articolo 573 comma 1 bis c.p.p., secondo cui la norma de qua “ha introdotto un rilevante mutamento sistemico nella disciplina delle impugnazioni proposte dalla parte civile per i soli effetti civili nel processo penale”. L’articolo, a differenza della previgente disciplina, dispone la competenza del giudice civile per le impugnazioni proposte ai soli effetti civili in sede penale, statuendo una prosecuzione senza soluzione di continuità del processo in sede civile. In particolare, la modifica introdotta dal d. lgs. n. 150/2022 prevede che la prosecuzione del processo dinanzi al giudice civile avvenga d’ufficio, a cura del giudice penale, non prescrivendo alcuna forma di riassunzione. A sostegno di questa interpretazione si richiamano i nuovi requisiti specifici richiesti per la costituzione di parte civile nel processo penale ai sensi dell’articolo 78, comma 1, lett. d) c.p.p. Gli stessi, infatti, depongono a favore della diretta prosecuzione del giudizio in sede civile, disponendo l’“esposizione delle ragioni che giustificano la domanda agli effetti civili” nell’atto di costituzione.

A fronte delle suesposte evidenze, l’ordinanza che impone alle parti di provvedere alla riassunzione del giudizio in sede civile risulta abnorme, in quanto non rispetta il tenore letterale della disposizione e “si pone in radicale distonia rispetto all’impianto sistemico delineato dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n.149 … che ha inteso affermare la natura unitaria e progressiva del processo d’impugnazione”.  Con l’imposizione dell’onere di riassunzione alle parti, la Corte di Appello non assicura una prosecuzione del giudizio senza soluzione di continuità dinanzi al giudice civile, violando i principi di speditezza ed economia processuale. Di talché, l’ordinanza è abnorme perché contrasta con la “struttura logica e teleologica” dell’ordinamento processuale vigente. Per le ragioni già indicate i giudici hanno annullato senza rinvio con conseguente trasmissione degli atti alle sezioni civili della Corte di Appello.

Nota a cura di Carolina Serafina Errico (dottoranda in diritto penale)