Lesioni colpose causate da animali: responsabilità del detentore per omesse cautele

Cass. pen., Sez. IV, 24 febbraio 2025, n. 7486
LA MASSIMA
“La responsabilità del proprietario di un animale per le lesioni causate a terzi può essere affermata ove si accerti in positivo la colpa in forza dei parametri stabiliti in tema di obblighi di custodia, dall’art. 672 c.p., nonostante l’avvenuta abrogazione del suddetto articolo; in particolare l’obbligo di custodia di un animale sorge ogni qualvolta sussista una relazione di semplice detenzione, anche solo materiale e di fatto, tra l’animale e una data persona, non essendo necessario un rapporto di proprietà civilistico ”.
IL CASO
Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di cassazione trae origine da una pronuncia del Tribunale, in funzione di Giudice di appello, nei confronti di due individui condannati per lesioni colpose ai sensi dell’art. 590 c.p. In particolare, nel corso di una passeggiata all’interno di un centro commerciale, il cane di proprietà di uno degli imputati, privo di museruola, aggrediva un passante avvicinatosi all’animale, in quel momento tenuto al guinzaglio dall’altro imputato.
Il Giudice di pace e, a conferma, il Tribunale in funzione di Giudice di appello ritenevano sussistente in capo ad entrambi gli imputati il delitto di lesioni colpose; in particolare, i Giudici di merito ravvisano la presenza di una posizione di garanzia sia sul proprietario dell’animale che sul detentore temporaneo, con l’obbligo di adottare tutte le cautele necessarie volte a prevenire e a neutralizzare possibili pericoli, richiamando quanto previsto dall’art. 672 c.p.
Avverso la decisione del Tribunale viene proposto ricorso per Cassazione contestando l’insussistenza di una posizione di garanzia in capo agli imputati e la mancanza del nesso di causalità tra la condotta e l’evento, verificatosi per il comportamento imprudente della persona offesa.
LA QUESTIONE
La Corte di cassazione è stata investita per chiarire se nel caso di specie è ravvisabile una posizione di garanzia in presenza di animali pericolosi, e quali siano le cautele da adottare.
LA SOLUZIONE
La quarta sezione della Corte di cassazione, investita del ricorso, dichiara inammissibile il motivo addotto per manifesta infondatezza.
La questione oggetto del ricorso attiene all’individuazione nel caso di specie di una posizione di garanzia in capo agli imputati con i relativi obblighi di adozione di cautele volte ad evitare possibili condotte lesive; inoltre, la Corte è chiamata a verificare se il detentore temporaneo dell’animale è tenuto ai medesimi obblighi del proprietario.
L’art. 40 c.p. cpv equipara la causazione di un evento al mancato impedimento dello stesso, quando sul reo gravi un obbligo giuridico di impedirlo; pertanto, nelle ipotesi di reato omissivo improprio occorre accertare che il reo fosse obbligato giuridicamente ad impedire un evento e, dall’altro, che la sua condotta omissiva abbia effettivamente cagionato il verificarsi del suddetto evento.
In caso di animali pericolosi, la Suprema Corte ha evidenziato come la posizione di garanzia gravante sul proprietario e sul detentore dell’animale può essere innanzitutto definita facendo riferimento agli obblighi contenuti all’interno dell’art. 672 c.p. che, seppur abrogato, può essere utile per comprendere la condotta che i due imputati avrebbero dovuto tenere.
Tali obblighi vengono altresì enunciati da due ordinanze del Ministero della Salute del 3 marzo 2009 e del 6 agosto 2013, che impongono l’obbligo di custodire e controllare l’animale adottando ogni cautela per prevenire ed evitare le possibili aggressioni.
A fronte di questo quadro normativo e giurisprudenziale, il caso di specie appare di facile risoluzione, e da qui la manifesta infondatezza del motivo oggetto del ricorso.
Infatti, il cane veniva introdotto all’interno di un luogo chiuso in cui vi è un evidente esigenza di rafforzamento delle cautele da adottare per evitare possibili pericoli; il solo utilizzo del guinzaglio può infatti non essere idoneo a prevenire comportamenti pericolosi all’interno di un luogo chiuso, in cui è più probabile il contatto con le persone rispetto ai luoghi aperti.
Infine, sul piano dell’estensione della responsabilità anche nei confronti del detentore si evidenzia che non è necessario un rapporto di proprietà civilistico, poiché è sufficiente un semplice rapporto materiale e di fatto tra la persona e l’animale.
Alla luce di tali motivazioni, la Corte di cassazione conferma la decisione del Tribunale.