Legge n. 36/2019 – Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa.

LEGGE 26 aprile 2019, n. 36
Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa.
In data 28.03.2019, è stato approvato definitivamente dal Parlamento il testo di riforma della legittima difesa (presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale), con importanti novità anche in materia di eccesso colposo e sospensione condizionale della pena, ivi compresi alcuni ulteriori aumenti di pena per determinati reati, di seguito precisati.
Il testo si compone di nove articoli, di cui il primo dedicato alle modifiche all’art. 52 c.p., con particolare riferimento ai commi secondo e terzo, in materia di legittima difesa c.d. domiciliare, nonché all’introduzione di un nuovo quarto comma.
Il Legislatore ha inserito l’avverbio sempre al comma secondo dell’art. 52 c.p., che quindi è destinato a prevedere che “Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste SEMPRE il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità̀; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione”.
Attraverso l’introduzione del predetto avverbio, la riforma appare destinata a introdurre una presunzione assoluta di sussistenza del requisito di proporzione nei casi di legittima difesa domiciliare, incurante delle forti prese di posizione della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, pronunciatasi con sentenza resa in Causa Alikaj c. Italia – Seconda Sezione –29 marzo 2011 (ricorso n. 47357/08).
La citata sentenza, infatti, pur con riferimento alla diversa ipotesi di uso delle armi, ex art. 53 c.p., che presenta tuttavia forti analogie rispetto alla materia in esame, ha affermato che “Il ricorso alla forza non può essere ritenuto “assolutamente necessario” quando è noto che la persona che deve essere arrestata NON RAPPRESENTA UNA MINACCIA PER LA VITA O PER L’INTEGRITÀ FISICA ALTRUI E NON È SOSPETTATA DI AVER COMMESSO UN REATO VIOLENTO”.
Emerge pertanto la necessità che il pericolo di aggressione ovvero per la propria o altrui incolumità risulti effettivo, concreto e tale da interessare la vita di chi si difende. Numerose pertanto le perplessità in merito alla novella.
Il nuovo quarto comma prevede inoltre che “Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce SEMPRE in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.
In caso dunque di non meglio precisate ipotesi di “intrusione” da respingere, la presunzione iuris et de iure (desumibile dall’avverbio sempre) abbraccia tutti i presupposti della legittima difesa di cui al comma primo e opera a fronte di violenza commessa con armi o “altri – non meglio precisati – mezzi di coazione fisica” o anche solo di minaccia in tal senso, ove posta in essere anche da una sola persona.
Se dunque le modifiche al comma secondo hanno fin dai primi lavori parlamentari destato perplessità e dubbi in dottrina, il nuovo disposto del comma quarto non è da meno, stante la portata più ampia della presunzione assoluta e il carattere vago dei presupposti della norma.
Il comma quarto, a seguito della novella del comma terzo, troverà applicazione “anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.
L’intervento sull’art. 52 c.p. è completato, nel disegno del legislatore, dal nuovo secondo comma dell’art. 55 c.p., in materia di eccesso colposo, ai sensi del quale, nei succitati casi di legittima difesa domiciliare “la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all’articolo 61, primo comma, numero 5), ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”.
La premessa della novella è che il soggetto agente abbia ecceduto colposamente nell’esercizio della legittima difesa, sul piano della valutazione dei presupposti ovvero dell’esecuzione della condotta difensiva (ne deriva, in astratto, che la disposizione non è destinata ad incidere sui casi di eccesso doloso, in cui appaia una volontà diretta a ledere o uccidere da parte del reo, che sfrutta come mera occasione la situazione di aggressione).
In ipotesi di eccesso colposo, dunque, il legislatore introduce una causa di non punibilità ancorata allo stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto (con parametri di dubbia determinatezza, intesa come possibilità di dimostrazione in giudizio), ovvero alle condizioni di minorata difesa, di cui al n. 5 dell’art. 61 c.p., legate al tempo, al luogo o alla persona che si difende, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa.
Attraverso la novella dell’art. 55 c.p., pertanto, il legislatore blinda gli effetti di impunità della legittima difesa domiciliare c.d. allargata, introducendo una causa di non punibilità che opera in tutti i casi in cui il soggetto che si difende sia incorso in un eccesso colposo (superando quindi i limiti, peraltro presunti, della scriminante), oggetto oggi di una causa di non punibilità legata ai predetti presupposti di grave turbamento o di minorata difesa.
La norma stride con il disposto dell’art. 90 c.p., che nega rilevanza agli stati d’animo, e costituisce tuttavia una scelta discrezionale del legislatore che, pur a fronte di un REATO (sebbene colposo, salva la responsabilità per eccesso doloso, rispetto al quale non opera l’art. 55 c.p.), ha previsto per ragioni di opportunità l’esclusione della punibilità. Si estendono al nuovo art. 55 c.p. le perplessità già evidenziate con riferimento al nuovo art. 52 c.p., con particolare riferimento alla compatibilità con l’art. 2 CEDU, che garantisce il diritto alla vita.
Completa la riforma della materia il disposto dell’art. 7 della novella, che aggiunge all’art. 2044 c.c. i seguenti commi: “2. Nei casi di cui all’articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del codice penale, la responsabilità di chi ha compiuto il fatto è esclusa” e “3. Nel caso di cui all’articolo 55, secondo comma, del codice penale, al danneggiato è dovuta una indennità la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice, tenuto altresì conto della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato”.
Se solo si consideri che le scriminanti o cause di giustificazione hanno un effetto generale, che priva il fatto del carattere di antigiuridicità, anche in sede civile, amministrativa o disciplinare, e che l’art. 2044 c.c. già prevedeva che “Non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri”, il nuovo comma secondo appare ultroneo, superfluo e dal sapore di una norma-manifesto.
Con riferimento, invece, al nuovo terzo comma, il legislatore estende il regime già previsto per i casi di stato di necessità, tale per cui, a fronte di una condotta lecita, perché scriminata ex art. 54 c.p., il danneggiato ha diritto a un indennizzo.
Appare singolare, tuttavia, che l’indennizzo sia stato previsto a fronte di un fatto tipico, colposo (tale essendo la condotta lesiva commessa con eccesso colposo), che tuttavia il legislatore abbia inteso non punire per ragioni di opportunità. L’operatività infatti di una causa di non punibilità in senso stretto non preclude le richieste risarcitorie in sede civile, che in questo caso, con una grave stortura del sistema, sono convogliate nello strumento dell’indennizzo, che consente peraltro di corrispondere al danneggiato somme inferiori rispetto al danno patito.
Tanto a fronte di un fatto illecito ma non punibile.
Deve infine darsi brevemente atto delle ulteriori novità normative introdotte dal legislatore, nei seguenti termini:
Art. 3. (Modifica all’articolo 165 del codice penale): incide sulla sospensione condizionale della pena e, in specie, sulle condizioni cui il giudice può o deve subordinarla, prevedendo che «Nel caso di condanna per il reato previsto dall’articolo 624-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa».
Art. 4. (Modifiche all’articolo 614 del codice penale): aumenta le pene previste per il delitto di violazione di domicilio: “1. All’articolo 614 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»; b) al quarto comma, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni».
Art. 5. (Modifiche all’articolo 624-bis del codice penale): introduce l’ennesimo aumento di pena per il furto aggravato di cui all’art. 624 bis c.p.: “1. All’articolo 624-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: « da tre a sei anni » sono sostituite dalle seguenti: « da quattro a sette anni »; b) al terzo comma, le parole: « da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 » sono sostituite dalle seguenti: « da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 a euro 2.500 »”.
Art. 6. (Modifiche all’articolo 628 del codice penale): allo stesso modo inasprisce il trattamento sanzionatorio per il delitto di rapina: “1. All’articolo 628 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: « quattro » è sostituita dalla seguente: « cinque »;
b) al terzo comma, alinea, la parola: « cinque » è sostituita dalla seguente: « sei » e le parole: « da euro 1.290 a euro 3.098 » sono sostituite dalle seguenti: « da euro 2.000 a euro 4.000 »;
c) al quarto comma, la parola: « sei » è sostituita dalla seguente: « sette » e le parole: « da euro 1.538 a euro 3.098 » sono sostituite dalle seguenti: « da euro 2.500 a euro 4.000 »”
Deve infine darsi atto della priorità assoluta assegnata con l’art. 9 della novella, che modifica l’art. 131 bis c.p.p., “ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale”, di cui alla nuova lettera a-ter); infine, con l’art. 8 della nuova legge, viene prevista l’introduzione, nel Testo unico in materia di spese di giustizia, DPR 30 maggio 2002, n. 115, dell’art. 115 bis, ai sensi del quale 1. Dopo l’articolo 115 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è inserito l’art. 115 bis, in forza del quale le norme sul gratuito patrocinio trovano applicazione anche in favore della persona nei cui confronti sia stata disposta l’archiviazione o il proscioglimento o il non luogo a procedere per fatti commessi in condizioni di legittima difesa o di eccesso colposo sopra esaminati, salvo il diritto dello Stato di chiedere le spese anticipate, qualora a seguito di riapertura delle indagini o revoca del proscioglimento, la persona sia poi condannata in via definitiva. Per vero la norma non prevede un’ammissione de plano (come per le vittime di violenza di genere), sicché appare innovativa nella sola parte in cui prevede la revoca e la ripetizione delle somme in caso di condanna definitiva.