Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Lancio di oggetti da un cavalcavia: è configurabile il tentato omicidio

Cass. pen., Sez. I, 14 gennaio 2025, sentenza n. 1710

LA MASSIMA
“Si configura tentato omicidio e non violenza privata nel caso del lancio di una bottiglia anche di piccole dimensioni “a candela” da un cavalcavia in quanto l’impatto provocato avrebbe potuto produrre come conseguenza anche l’evento morte, sia nel caso in cui l’oggetto avesse colpito il conducente o uno dei passeggeri, sia nel caso in cui, a causa dell’effetto sorpresa derivante dall’urto, ciò avesse provocato la perdita di controllo del veicolo con rischio concreto di conseguente incidente stradale, coinvolgimento di altri veicoli ed effetti letali per i soggetti a bordo dei mezzi coinvolti.”

IL CASO
La Corte d’Appello territorialmente competente, riformando la pronuncia del giudice di prime cure, ha dichiarato l’imputato responsabile del delitto di omicidio tentato per il lancio di una bottiglietta di vetro da un cavalcavia contro un autovettura che stava sopraggiungendo nella strada sottostante.
Il primo giudice aveva ritenuto, infatti, di configurare la condotta come violenza privata, facendola rientrare nella fattispecie di cui all’art. 610 c.p. L’argomentazione del Tribunale si era fondata su un arresto giurisprudenziale secondo il quale il lancio sulla sede stradale di oggetti di notevoli dimensioni – sassi, nel precedente richiamato – integrerebbe il delitto di violenza privata in quanto costringerebbe gli automobilisti a sterzate improvvise, cambi di direzione e brusche frenate. Così, si era escluso l’elemento psicologico del dolo – diretto – di omicidio, in considerazione del fatto che il soggetto alla guida dell’autovettura interessata era riuscito ad evitare l’impatto con la bottiglia con una semplice sterzata e che la condotta del soggetto agente non appariva, ex ante, di particolare gravità visti la dimensione e il peso dell’oggetto lanciato.
Soluzione, questa, avversata dal giudice di secondo grado il quale, premessa l’indiscussa riferibilità dell’azione criminosa sotto il profilo materiale all’imputato, si è concentrato sulla ricostruzione dell’elemento psicologico. Ha ritenuto, così, non persuasivo il percorso argomentativo del giudice di prime cure e, ravvisando la configurabilità in capo al soggetto agente almeno dell’elemento psicologico del dolo alternativo, è giunto alla qualificazione giuridica del fatto come tentativo di omicidio.
Con unico, articolato, motivo, l’imputato propone ricorso in Cassazione lamentando l’erroneità della motivazione del giudice nel ritenere integrata la componente psicologica del dolo, non ritenendo fosse stato provato che l’imputato aveva agito con l’intento di uccidere una persona offesa sconosciuta, solo eventuale, che viaggiava su una strada libera e che era, nei fatti, riuscita senza problemi ad evitare l’impatto con l’oggetto gettato.

LA QUESTIONE
Il punto fondamentale sul quale la Corte di Cassazione nella sentenza in epigrafe è stata chiamata a pronunciarsi riguarda, incontestata la ricostruzione dei fatti e la loro ascrivibilità all’imputato, la questione della qualificazione giuridica della condotta posta in essere dallo stesso.
La motivazione seguita dal giudice di Appello si inserisce nell’alveo della più recente giurisprudenza di legittimità che ha superato il più risalente orientamento che prevedeva la configurabilità del delitto di cui all’art. 610 c.p., nei casi del genere di quello in esame, ritenendo invece di poter affermare la sussistenza del dolo omicidiario.
In più occasioni, infatti, gli arresti giurisprudenziali più recenti hanno riconosciuto nel lancio di oggetti sulla carreggiata di una strada l’idoneità a creare il concreto pericolo di incidenti stradali anche mortali, vista la non sempre facile possibilità di avvistare tali oggetti sul manto stradale. Questo, anche volendo considerare non calcolato il transito di veicoli in d’incidenza con il lancio, risulta indubbiamente e univocamente indicativo dell’intento di provocare incidenti con conseguenze letali.

LA SOLUZIONE
È proprio a partire da queste considerazioni che la pronuncia in oggetto ribadisce che, in relazione al getto di cose su una strada trafficata, la stessa Cassazione abbia già chiarito come tali condotte siano da ricondurre nella proiezione applicativa del tentativo di omicidio.
Si ravvisano, infatti, gli elementi costitutivi del tentativo di delitto di cui all’art. 56 c.p. e, segnatamente per il caso di cui si occupa la sentenza in commento, viene valorizzata la circostanza secondo la quale l’intento dell’imputato era stato quello di provocare brache frenate o sterzate improvvise dell’automobilista; vengono considerate, poi, le particolarità del teatro dei fatti, avvenuti in una strada notoriamente trafficata e sulla quale la velocità di percorrenza è sostenuta.
Sulla scorta di tali premesse ermeneutiche la Cassazione ritiene non manifestamente illogica la motivazione della Corte d’Appello territorialmente competente e, ravvisando che la condotta dell’imputato realizzasse un vero e proprio “tiro al bersaglio” sull’auto in transito con l’intento di provocare il maggior danno possibile, riconosce configurato il tentativo di delitto di omicidio. In un contesto come quello descritto, infatti, anche una semplice ma improvvisa frenata o una sterzata dettata dalla reazione istintiva ad un pericolo inatteso, hanno potuto costituire gravissimo pericolo di incidente anche mortale per il conducente e per i passeggeri del veicolo in transito.