L’aggravante di cui all’art. 595, comma 3, c.p. richiede, ai fini della contestazione, una valutazione circa la capacità diffusiva del mezzo usato

Cass. Pen., Sez. V, 29 luglio 2025, n. 27698
LA MASSIMA
In tema di diffamazione, non può ritenersi validamente contestata “in fatto” l’aggravante dell’offesa recata “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, diverso dalla stampa, nel caso in cui il capo d’imputazione si limiti a contestare l’utilizzo di uno strumento tecnico senza ulteriori indicazioni, posto che la qualificazione di uno strumento tecnico per la trasmissione/comunicazione come “mezzo di pubblicità” richiede componenti valutative relative alla capacità diffusiva dello stesso di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone».
IL CASO
La pronuncia in commento trae origine dalla sentenza con cui il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, ha confermato la condanna di due imputati per concorso nel reato di diffamazione, per avere predisposto e affisso uno striscione contenente espressioni denigratorie nei confronti della persona offesa.
Il Tribunale ha ritenuto provata la comunicazione dell’offesa e la correlata percezione o percepibilità da parte di almeno due consociati sulla base di videoregistrazioni effettuate all’interno di un bar, dalle quali risultava che almeno tre avventori avevano prestato attenzione al volantino. Al contempo, ha negato la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 595, 3 comma c.p. (diffamazione a mezzo stampa), stante l’assenza di qualsiasi riferimento al carattere diffusivo del mezzo utilizzato.
Avverso tale decisione, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione con atti distinti, eccependo, con il primo motivo, l’incompetenza del Giudice di Pace, con il secondo motivo, la violazione dell’art. 521 c.p.p., per contrasto tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza e, infine, la violazione di legge e il vizio di motivazione per aver il Tribunale ritenuto il concorso del ricorrente, nonostante dall’istruttoria emergesse che egli si era limitato a consegnare al coimputato un foglio piegato, senza conoscerne il contenuto, e si fosse poi allontanato prima della diffusione del messaggio diffamatorio.
LA QUESTIONE
La questione giuridica sottesa al caso di specie attiene alla possibilità o meno di ritenere l’aggravante prevista dall’art. 595, comma 3, c.p. validamente contestata quando il capo d’imputazione menziona solo genericamente l’uso di uno strumento tecnico, senza specificarne la capacità diffusiva.
LA SOLUZIONE
La Corte di Cassazione ha dichiarato infondati entrambi i ricorsi proposti dagli imputati.
In relazione al primo motivo, ha preliminarmente escluso l’interesse a impugnare, ritenendo che non sussiste un vantaggio concreto per l’imputato che deduca l’incompetenza per materia del giudice di pace, qualora tale eccezione si fondi sulla presunta esistenza di un’ipotesi aggravata (diffamazione a mezzo stampa) non ritualmente contestata. In tali casi, la riqualificazione del fatto in termini più gravi non determina, in concreto, una situazione processuale più favorevole per il ricorrente.
Nel merito, ha confermato la sussistenza del reato di diffamazione ex art. 595, comma 1, c.p., ritenendo provato che l’ostensione dello striscione contenente espressioni offensive fosse avvenuta alla presenza di almeno tre persone ed ha confermato l’esclusione dell’aggravante del mezzo di pubblicità (art. 595, comma 3, c.p.), in quanto il volantino non si presta, automaticamente, a raggiungere un numero indeterminato o comunque apprezzabile di destinatari, come confermato dal fatto che lo stesso sia stato prontamente rimosso da uno dei presenti.
Dalle conformi sentenze di merito emerge che l’aggravante di cui all’art. 595, comma 3, c.p. non era stata validamente contestata né attraverso il richiamo alla relativa norma incriminatrice in rubrica, né mediante una descrizione fattuale idonea a evidenziarne i presupposti.
I giudici hanno affermato che, in tema di diffamazione, non può ritenersi validamente contestata “in fatto” l’aggravante dell’offesa recata “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, diverso dalla stampa, qualora il capo d’imputazione si limiti a menzionare l’uso di uno strumento tecnico (ad es. un fax, una bacheca o un volantino), senza fornire ulteriori specificazioni.
La qualificazione di tale strumento come “mezzo di pubblicità” richiede infatti una valutazione concreta in ordine alla sua idoneità a raggiungere un numero indeterminato, o comunque apprezzabile, di destinatari, elemento che non può essere desunto automaticamente dalla mera indicazione del supporto utilizzato.
Nota a cura di Francesca Alfieri