La contestazione dell’aggravante del furto di bene di pubblico servizio:

Cass. pen., Sez. V, 26 febbraio 2025, n. 7812
LA MASSIMA
Ha natura valutativa e non autoevidente la circostanza aggravante dell’essere il bene oggetto di furto destinato a pubblico servizio. Essa può ritenersi correttamente contestata anche in modo non formale, purché sia manifesta all’imputato, che dovrà difendersi dall’accusa di avere sottratto un bene posto a servizio della collettività, per conseguire un proprio vantaggio.
IL CASO
L’imputata subiva un procedimento per il reato di furto aggravato ai sensi degli articoli 624 e 625 n.2 per un allaccio abusivo alla rete Enel, per il quale non era stata presentata querela da parte del titolare.
LA QUESTIONE
La vicenda in questione è strettamente connessa alle modifiche intervenute con la cd. Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022). Con quest’ultima, infatti, tutte le fattispecie di furto, ad eccezione delle forme aggravate ai sensi dell’art. 625 n. 7, esclusa l’esposizione alla pubblica fede, e 7 bis c.p., divenivano procedibili a querela di parte. Nel periodo transitorio di tre mesi predisposto dall’entrata in vigore della riforma, non veniva presentata querela né venivano celebrate udienze del suddetto procedimento. Alla prima udienza utile, il Pubblico Ministero chiedeva un’integrazione del capo d’imputazione, in particolare richiedendo la circostanza aggravante ex art. 625 n. 7 c.p. che il Giudice di merito rigettava, pronunciandosi ex art. 129 c.p.p. Cruciale è la natura della contestazione suppletiva, in particolare la sua natura meramente formale o sostanziale della stessa. Nel secondo caso, infatti, la contestazione sarebbe lesiva del diritto di difesa dell’imputata. Inoltre, risultava necessario verificare che la contestazione non fosse strettamente strumentale all’esercizio dell’azione penale o caratteristica effettiva della contestazione.
LA SOLUZIONE
Il ricorso veniva accolto, dovendosi considerare contestata anche in fatto la circostanza aggravante del furto su bene di pubblico servizio.
L’iter logico – giuridico compiuto dai Giudici di legittimità prende le mosse dalla classificazione delle circostanze e l’analisi della loro natura. Questa può essere manifesta o avere componenti di natura valutativa. In quest’ultimo caso, la presenza dei relativi parametri qualitativi o quantitativi viene attuata dal Pubblico Ministero con la formulazione del relativo capo d’imputazione, nel quale devono risultare particolarmente manifesti. Quella di bene di pubblico servizio, in particolare, presenta componenti di natura valutativa in base alla natura della res. Con specifico riferimento alla sottrazione di energia elettrica, la circostanza aggravante può ritenersi adeguatamente contestata ove venga addebitata una condotta di furto posta in essere mediante allaccio diretto alla rete di distribuzione, poiché garantisce l’erogazione di un “servizio” destinato a raggiungere un numero indeterminato di persone, la cui qualità viene intaccata dal suddetto allaccio. Tale caratteristica si riflette su possibili contestazioni supplettive. Basandosi principalmente sulla sentenza a Sezioni Unite “Sorge” (n. 24906 del 18/04/2019), si definisce una contestazione in fatto come una formulazione dell’imputazione che non sia espressa nell’enunciazione letterale della fattispecie o nell’indicazione della specifica norma di legge, ma che la riporti in maniera sufficientemente chiara e precisa.
Per chiara e precisa, si ritiene valida anche una contestazione adeguatamente descritta con “espressioni evocative” che lo riguardino espressamente e che, perciò, risultino idonee a sostituire, con la medesima efficacia, la contestazione formale. È il suo essere chiara e precisa che permette all’imputato di difendersi dall’accusa di avere sottratto un bene posto al servizio di un interesse dell’intera collettività e diretto a vantaggio della stessa.
Nella seconda parte della sentenza, viene analizzato dalla Corte lo scopo della contestazione suppletiva ex art 544 – bis c.p.p. Essa permette che il capo di imputazione contenga la descrizione del fatto, comprensivo delle circostanze, in termini corrispondenti a quanto emerge dal fascicolo, in modo tale da garantire il rispetto del principio di corrispondenza fra “chiesto” e “pronunciato”. A conferma venivano citate numerose Sentenze a Sezioni Unite (cc.dd. Barbagallo, De Rosa, Domingo e Perroni) e gli articoli del codice di riferimento. La disciplina complessiva che se ne ricava è la seguente: le contestazioni di reati concorrenti o di circostanze aggravanti possono essere effettuate anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari, il quale ne ha esclusiva potestà; una precisa contestazione, inoltre, è preliminare in termini logici e cronologici all’immediata definizione del processo in caso di immediata declaratoria di date cause di non punibilità; la causa di estinzione è in un rapporto di prevalenza rispetto alla contestazione suppletiva in quanto, con la sentenza si prende atto del suo essere “maturata”.
Il caso in questione, però, ha delle peculiarità, in quanto la riforma Cartabia ha i connotati di una normativa processuale specifica e sopravvenuta. È necessario rendere il caso specifico compatibile con il principio costituzionale di obbligatorietà della azione penale: non essendo state celebrate udienze di tale procedimento nel periodo transitorio predisposto, il Pubblico Ministero non possedeva alcuno strumento fino a quel momento per adeguarsi alle conseguenze della Riforma. Diversamente, risulterebbe in contrasto con art. 517 c.p.p. e artt. 3 e 112 Cost. Pertanto, deve rilevarsi il valore della contestazione operata successivamente dal PM in quanto legittima e pienamente conforme ai principi della disciplina.