Investimento del pedone ed eccezionalità del comportamento della persona offesa

Cass. pen., Sez. IV, 4 aprile 2025, sentenza n. 13156
LE MASSIME
“Nei reati colposi, qualora si assuma violata una regola cautelare cosiddetta “elastica”, che cioè necessiti, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l’agente deve operare – al contrario di quelle cosiddette “rigide”, che fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento – è necessario, ai fini dell’accertamento dell’efficienza causale della condotta anti doverosa, procedere ad una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto.”
“Il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o violativo di una specifica regola comportamentale) del pedone (una tale condotta risulterebbe, come è avvenuto nel caso di specie, concausa dell’evento lesivo, penalmente non rilevante per escludere la responsabilità del conducente: cfr. art. 41 c.p., comma 1), ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento.”
IL CASO
Con sentenza resa in appello, veniva confermata la condanna dell’imputato ritenuto colpevole del reato di omicidio colposo (art. 589 c.p.) per aver concorso a cagionare la morte di un pedone, per aver condotto la propria autovettura a velocità non adeguata rispetto alle circostanze ambientali e di traffico. La pronuncia di primo grado veniva riformata in punto di trattamento sanzionatorio alla luce del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo la condotta della vittima connotata da colpa, poiché procedeva all’attraversamento fuori dalla sede propria e in stato di ebbrezza.
La Corte di appello ha ritenuto che l’imputato avesse violato la regola cautelare di cui all’art. 141, comma 3, C.d.S., e che il sinistro fosse eziologicamente connesso a tale violazione, potendosi ritenere che, con elevata probabilità logica, qualora la velocità tenuta fosse stata inferiore e adeguata allo stato dei luoghi, il conducente avrebbe potuto accorgersi tempestivamente del pedone ed evitare l’impatto. Sebbene il limite di velocità fosse di 50 Km/h, nel caso specifico la velocità avrebbe dovuto essere inferiore in ragione della ridotta visibilità e della prossimità di attraversamento pedonale.
Avverso tale pronunzia, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione di legge con riferimento alla sussistenza del nesso causale, rilevando l’impossibilità di ravvisare il nesso eziologico allorquando il comportamento alternativo lecito non avrebbe evitato l’evento (il sinistro si sarebbe verificato anche se l’imputato avesse osservato il limite di velocità di 50 Km/h). Pertanto, la sentenza avrebbe affermato la colpevolezza del conducente a titolo di responsabilità oggettiva, imponendo una regola di prudenza eccedente rispetto a quella cautelare. Con ulteriore motivo di ricorso è stata lamentata l’erronea applicazione della legge con riferimento alla imprevedibilità dell’evento ed è stata denunciata l’erronea interpretazione del c.d. principio di affidamento, a fronte della condotta inosservante del pedone, rilevando l’impossibile previsione dell’attraversamento avvenuto in modo repentino e improvviso.
LA QUESTIONE
La Suprema Corte ha ribadito il proprio orientamento in tema di violazione di regole cautelari c.d. elastiche, evidenziando che, nei reati colposi, ai fini dell’accertamento dell’efficienza causale della condotta anti-doverosa, occorre valutare tutte le circostanze del caso concreto. La Corte si è poi soffermata sulla possibilità che il conducente vada esente da responsabilità per l’investimento del pedone nel caso in cui la condotta di quest’ultimo risulti a sua volta connotata da colpa, in quanto violativa di regole cautelari.
LA SOLUZIONE
La Suprema Corte ha innanzitutto richiamato la propria giurisprudenza laddove ha affermato che, nei reati colposi, per accertare l’efficienza causale della condotta anti-doverosa nelle ipotesi in cui si ritenga violata una regola cautelare c.d. “elastica” (intendendosi per tale una regola che, al fine della sua applicazione, presupponga una connessione con le condizioni specifiche in cui l’agente deve operare; in ciò distinguendosi dalle regole c.d. “rigide”, che fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento), occorre procedere ad una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto (Cass., n. 40050 del 29/03/2018). Ne consegue che l’accertamento della responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare debba avere determinato la concretizzazione del rischio che tale regola mira a prevenire (c.d. causalità della colpa), ciò in quanto è possibile addebitare all’agente solo gli eventi causalmente riconducibili alla condotta violativa della regola cautelare.
Nel caso di specie, vertendosi in ipotesi di violazione dell’art. 141 C.d.S., occorre correlare l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali; tale dovere si concretizza nel fatto che il conducente debba sempre essere in grado di padroneggiare l’autovettura, tenendo in considerazione eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili.
La Corte ha richiamato il principio generale di cautela, che connota la circolazione stradale, che si sostanzia in tre obblighi comportamentali: ispezionare la strada; mantenere un continuo controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico; prevedere le situazioni che la comune esperienza comprende, per non costituire intralcio o pericolo per gli altri. Si tratta di obblighi volti anche a prevenire eventuali comportamenti irregolari dei pedoni, finanche violativi degli specifici obblighi comportamentali dettati dall’art. 190 C.d.S., come accaduto nel caso di specie, laddove la vittima avrebbe violato tali obblighi attraversando la carreggiata al di fuori degli appositi attraversamenti pedonali.
Nella sentenza in esame, evidenziando che chi guida ha l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada, è stato affermato che, affinché il conducente del veicolo vada esente da responsabilità in caso di investimento del pedone, non è sufficiente l’accertamento di un comportamento colposo del pedone stesso. Tale condotta costituisce concausa dell’evento lesivo, inidonea, ai sensi dell’art. 41, comma 1, c.p., ad escludere la responsabilità del conducente. La responsabilità potrà essere esclusa qualora la condotta del pedone configuri una causa eccezionale e atipica, non prevista né prevedibile, e dunque risulti da sola sufficiente a cagionare l’evento (Cass., n. 10635 del 20/02/2013; Cass., n. 37622 del 30/09/2021).
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che le sentenze di merito abbiano esplicitato il giudizio controfattuale ed abbiano correttamente evidenziato che, a causa della ridotta visibilità e della vicinanza dell’attraversamento pedonale, la cautela richiesta all’imputato fosse maggiore, tale da imporgli di mantenere il controllo del veicolo in condizioni di rischio per i pedoni che avessero attraversato la strada oppure ostacolato la circolazione in modo sì improvviso, ma non del tutto imprevedibile.
La Corte ha concluso di non potere affermare, nel caso in esame, l’idoneità del principio di affidamento a scriminare la condotta dell’imputato, poiché tale principio “trova opportuno temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità”.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché di una somma in favore della cassa delle ammende, ravvisando profili di colpa nella determinazione della causa dell’inammissibilità.
A cura di Francesca Zinnarello