Il momento consumativo del furto in abitazione

Cass. pen., Sez. V, 2 ottobre 2025, sentenza n. 32582
LA MASSIMA
“Integra il delitto di furto nella forma consumata la condotta di chi, dopo aver acquisito la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, anche se per breve tempo, venga bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva monitorato, posto che tale osservazione a distanza non solo non avviene ad opera della persona offesa o di suoi incaricati, ma neppure impedisce il conseguimento dell’autonomo possesso del bene prima dell’arresto in flagranza. Nel furto, l’interesse protetto è quello della detenzione del bene da parte di chi ne ha diritto, per cui ove lo stesso è compromesso, il delitto è consumato. Il furto si consuma nel momento e nel luogo in cui l’agente si impossessa della res sottratta, giacché è tale requisito che accentra il disvalore di fattispecie e determina l’offesa all’interesse tutelato. Non assumono rilievo né il dato spaziale, poiché la norma incriminatrice (a differenza di quella corrispondente all’abrogato codice) non richiede lo spostamento della res sottratta dal luogo della sottrazione; né il dato temporale: il furto si consuma se l’agente consegue, anche solo per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva. Ne deriva che quando la res esce dalla sfera di vigilanza e controllo della persona offesa il furto si consuma, quand’anche l’intervento di fattori casuali e successivi neutralizzi il consolidamento nel tempo dell’ingiusto profitto e dell’altrui danno patrimoniale”.
IL CASO
A seguito di sentenza di condanna per furto aggravato in abitazione e possesso ingiustificato di chiavi o di grimaldelli resa dalla Corte di Appello, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, articolando due motivi.
Con il primo motivo denunciavano la violazione della legge penale e il vizio di motivazione, ritenuta la stessa illogica e apparente, in considerazione della qualificazione del furto in abitazione come consumato e non tentato, in ragione del fatto che gli imputati avrebbero posto in essere la condotta contestata già sotto il monitoraggio degli operanti di polizia giudiziaria; con il secondo motivo denunciavano l’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sulla scorta della condotta processuale tenuta dagli imputati.
LA QUESTIONE
La questione sottoposta alla Corte di legittimità, in relazione alla qualificazione del reato come consumato e non come tentato, atteneva alla circostanza, sussistente nel caso di specie, del monitoraggio dell’agire degli imputati da parte della polizia giudiziaria.
Secondo la ricostruzione offerta dalla difesa, infatti, il delitto di cui all’art. 624-bis, c.p., non poteva ritenersi consumato, ma tentato, atteso che il fatto si verificava sotto l’osservazione delle forze dell’ordine e i due imputati venivano arrestati immediatamente dopo il conseguimento della refurtiva.
LA SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, richiamando un precedente consolidato orientamento, ha chiarito che «integra il delitto di furto nella forma consumata la condotta di chi, dopo aver acquisito piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, anche se per breve tempo, venga bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva monitorato, posto che tale osservazione a distanza non solo non avviene ad opera della persona offesa o di suoi incaricati, ma neppure impedisce il conseguimento dell’autonomo possesso del bene prima dell’arresto in flagranza».
Sul punto, è stato chiarito come, nella fattispecie di reato in oggetto, l’interesse protetto è quello della detenzione del bene da parte di chi ne ha diritto e, pertanto, nel momento e nel luogo in cui il soggetto agente si impossessa del bene, potrà ritenersi consumato il fatto di reato.
In dettaglio, la Corte ha chiarito che: «il furto si consuma se l’agente consegue, anche per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva». Da ciò ne consegue che, il tentativo si configura soltanto nei casi in cui ci sia, nello iato temporale intercorrente tra la fase di sottrazione del bene e quella dell’impossessamento, la possibilità di un intervento difensivo della persona offesa, anche tramite mandatari o incaricati, senza distinzione alcuna tra privati o operanti di polizia giudiziaria.
La distinzione tra tentativo e consumazione è, dunque, imperniata sulla sfera di vigilanza della persona offesa.
Pertanto, qualora l’osservazione della condotta non avvenga ad opera della persona offesa, nei termini sopra indicati, e non impedisca il conseguimento dell’autonomo possesso della res prima dell’arresto in flagranza, il delitto dovrà ritenersi consumato.
Nel caso di specie, considerato che la polizia giudiziaria aveva agito a seguito di un precedente furto in danno di altri soggetti e non su impulso della persona offesa, la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione del delitto come consumato.
Nota a cura di Renato Martucci (Avvocato)