Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Il discrimen tra reato associativo e concorso di persone nel reato continuato

Cass. pen., Sez. VI, 26 giugno 2025, sentenza n. 23808

LE MASSIME

“La differenza tra reato associativo e il concorso di persone nel reato continuato si individua nel diverso atteggiarsi dell’accordo criminoso, che nel concorso si concretizza in via meramente occasionale ed accidentale, essendo diretto alla commissione di uno o più reati -anche nell’ambito di un medesimo disegno criminoso – con la realizzazione dei quali si esaurisce l’accordo e cessa ogni motivo di allarme sociale, mentre nel reato associativo risulta diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso, con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti”.

“Indispensabile ai fini della configurabilità del reato associativo di cui all’ art. 416 c.p. – rispetto al concorso di persone nel reato, anche continuato- è l’accertamento della esistenza del programma criminoso, volto alla commissione di un numero indeterminato di delitti e la inferenza della prova, anche sulla base dei reati eventualmente commessi, della esistenza di una struttura associativa in casi nei quali tale struttura sia individuabile in un ufficio pubblico, preesistente e funzionale alla realizzazione di una finalità lecita, del perseguimento, attraverso specifiche condotte, di obiettivi illeciti. È proprio la presenza di una struttura sovraordinata rispetto ai singoli componenti a rappresentare un pericolo per la sicurezza pubblica e a giustificare, rispetto al mero accordo volto alla commissione di reati, la punibilità del reato associativo”.

 

IL CASO

Il Tribunale del Riesame territorialmente competente annullava l’ordinanza con cui era stata applicata la misura degli arresti domiciliari nei confronti dell’indagato per il reato di corruzione ex art. 319 c.p., confermando da un lato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati di associazione a delinquere ai sensi dell’art. 416 c.p., maltrattamento di animali ai sensi dell’art. 544 c.p., falso in atto pubblico ai sensi dell’art. 476 e 479 c.p., e dall’altro sostituendo la sopra menzionata misura con la sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici, interdicendo dall’ esercizio delle attività inerenti alla carica per la durata di nove anni.

Avverso tale ordinanza proponevano ricorso in Cassazione tanto il Procuratore della Repubblica quando l’indagato a mezzo del proprio difensore. In particolare, la difesa lamentava violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’individuazione del contributo del ricorrente nei fatti ascritti, nonché la insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato associativo.

LA QUESTIONE

La questione sottoposta all’attenzione della Cassazione riguarda il coinvolgimento dell’indagato in una seria indeterminata di delitti di corruzione, falso, truffa ai danni della Stato, maltrattamento e uccisione di animali, utilizzati come cavie in laboratori, attraverso la creazione di un sistema dal carattere associativo di coinvolgimento delle attività di ricerca con animali vivi, realizzate in violazione delle norme sulla salute e sul benessere animale.

Il Procuratore della Repubblica, in particolare, sostiene che il trascorrere del tempo e il diminuire del clamore mediatico non giustificano una misura cautelare più gradata, così come ritenuto dal Tribunale del riesame, considerando che si tratta di fattori che, al contrario, non determinano una maggior tranquillità nell’indagato, il quale anzi sarebbe spinto a delinquere ancora una volta. Deriva, quindi, la erronea applicazione della legge penale in cui sarebbe incorso il giudice del Tribunale in riferimento alla ritenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di corruzione per erronea lettura del compendio probatorio. Sul punto, costituisce “ius receptum” nella giurisprudenza il principio secondo cui il delitto di corruzione postula un patto nel quale siano dedotti l’atto dell’ufficio e sinallagmaticamente la prestazione di un’utilità, ossia che quest’ultima non può rilevare ex se al di fuori del suo specifico inserimento nell’illecita intesa. (Cass.pen,,sez. VI, 6 maggio 2016, n. 39008)

La difesa, d’altro canto, sostiene la violazione di legge in merito alla ritenuta configurabilità del reato associativo di cui all’art. 416 c.p. in quanto il Tribunale del riesame incorre in una descrizione confusa e disordinata della gestione degli stabulari, non riconducendola né a un programma criminoso comune, né ad una struttura stabile ed organizzata tra i soggetti coinvolti.

LA SOLUZIONE

La Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza, accogliendo, seppur in parte, il ricorso della difesa in merito all’associazione a delinquere.

Secondo i giudici di legittimità, per la corretta contestazione del reato di cui all’art. 416 c.p. è necessaria una verifica certa circa la sussistenza di un accordo stabile, volto alla commissione seriale determinati reati. È proprio la presenza di una struttura sovraordinata rispetto ai singoli componenti a rappresentare un pericolo per la sicurezza pubblica e a giustificare la punibilità del reato associativo, rispetto al mero accordo volto alla commissione di reati. Invero, la linea di confine tra reato associativo e concorso di persone si basa principalmente sull’accertamento dell’esistenza del programma criminoso nonché di una struttura associativa. Assumono rilievo, infatti, ai fini della configurabilità del reato associativo, la stabilità del vincolo e la indeterminatezza del programma che si manifesta nella capacità progettuale che si aggiunge e protrae oltre alla consumazione del reato fine. La differenza fra il reato associativo e il concorso di persone nel reato continuativo si individua, pertanto, nel diverso atteggiarsi dell’accordo criminoso, che nel concorso si concretizza in via meramente occasionale ed accidentale, essendo diretto alla commissione di uno o più reati con la realizzazione dei quali si esaurisce l’accordo e cessa ogni motivo di allarme sociale, mentre nel reato associativo risulta diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti.

Nota a cura di Chiara Fasano