Il calcolo del valore dei beni da sottoporre a confisca

Cass. pen., Sez. III, 2 settembre 2025, sentenza n. 30107
LA MASSIMA
“In tema di confisca, in caso di sequestro finalizzato alla confisca in via diretta e contestualmente a quello per equivalente, la valutazione della sopravvenuta non necessità della confisca per equivalente, in ragione della sufficienza dell’importo dei beni sequestrati in via diretta a “coprire” integralmente il profitto del reato, va compiuta con riferimento al valore di detti beni al momento dell’adozione del provvedimento di confisca e non al momento del sequestro, essendo tale momento quello che determina l’effetto ablatorio”.
IL CASO
La Corte di appello territorialmente competente, in funzione di giudice dell’esecuzione, pronunciandosi con ordinanza, ha rigettato l’opposizione proposta nei confronti dell’ordinanza di rigetto dell’istanza presentata dal reo volta a ottenere la revoca della confisca per equivalente disposta a suo carico per reati tributari, accertati con sentenza irrevocabile.
Avverso la suddetta ordinanza, il condannato ha proposto ricorso per Cassazione lamentando che la confisca sia stata estesa all’intero profitto dei reati in ragione della ritenuta solidarietà degli imputati, poi esclusa dalla Suprema Corte a sezioni unite, di cui al tempo della presentazione del ricorso, era nota solo l’informazione provvisoria.
Con il secondo motivo, ha lamentato l’omessa considerazione della circostanza del rinvenimento del profitto dei reati presso la società beneficiaria, con la conseguente insussistenza dei presupposti per poterne disporre anche la confisca per equivalente.
Il terzo motivo di gravame attiene al diniego dell’istanza di sostituzione dei beni confiscati con una somma di denaro che il reo si era reso disponibile a mettere a disposizione dell’autorità, sulla scorta del fatto che tale richiesta era stata formulata in riferimento a valori inferiori a quelli effettivi dei beni confiscati, benché la richiesta riguardasse la quota di profitto gravante su ogni correo al netto del valore dei beni sequestrati in via diretta.
Infine, con il quarto motivo, viene contestata la mancata considerazione della consulenza tecnica di parte circa il valore effettivo dei beni immobili confiscati.
Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, sottolineando la definitività e intangibilità dell’ordine di confisca dell’intero profitto del reato nei confronti del ricorrente.
LA QUESTIONE
La Corte di Cassazione deve operare un vaglio sulla correttezza della decisione del giudice dell’esecuzione, in materia di confisca.
In particolare, è chiamata a pronunciarsi in merito al tempo in cui deve essere stabilito il valore dei beni oggetto di provvedimento ablativo, ovvero se lo stesso deve calcolarsi al momento della confisca o all’epoca in cui è stato disposto il provvedimento cautelare di sequestro.
LA SOLUZIONE
Il Collegio evidenzia, in primo luogo, che le censure sollevate con il primo motivo di ricorso, in ordine all’applicazione della confisca per equivalente nei confronti del ricorrente in relazione all’intero profitto dei reati ascrittigli e commessi in concorso con i coimputati, anziché con il limite di quanto da ciascun concorrente effettivamente conseguito, sono inammissibili, in quanto relative ad aspetti sui quali è intervenuto il giudicato e che, quindi, non possono essere oggetto di riconsiderazione nella fase di esecuzione.
Pur prescindendo, infatti, dal rilievo assorbente, che la sentenza delle Sezioni Unite (Cass. Sez. Unite, n. 13783 del 26 settembre 2024), menzionata nel ricorso si riferisce alla confisca diretta e non a quella per equivalente, che è stata applicata al ricorrente, la deduzione della erronea determinazione della misura della confisca in corrispondenza dell’intero profitto del reato, senza considerare l’apporto concorsuale di ciascun correo e il vantaggio tratto da ciascuno, è preclusa dall’essere stata già sottoposta al giudizio di cognizione e dichiarata manifestamente infondata.
Nel dichiarare inammissibile il ricorso dell’imputato, la Suprema corte afferma, inoltre, che i valori dei beni oggetto della confisca ai quali il ricorrente fa riferimento sono quelli del momento del loro sequestro, mentre la verifica della sussistenza di un profitto residuo da sottoporre ad ablazione per equivalente va compiuta con riferimento al momento della definitività della confisca, perché è a tale momento, nel quale si determina l’effetto ablatorio, cui occorre avere riguardo.
La confisca per equivalente può essere disposta nei confronti del legale rappresentate di una società solo nel caso, e nella misura, in cui sia impossibile la confisca diretta del profitto del reato nel patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato.
Si tratta di una valutazione che, secondo la statuizione in esame, va compiuta con riferimento al momento in cui il provvedimento di confisca divenga inoppugnabile, perché è in tal momento che si verifica l’effetto ablatorio e che quindi deve essere verificato se i beni confiscati in via diretta corrispondano o meno al profitto del reato, giacché solo qualora non sia possibile procedere alla confisca diretta di tutto il profitto del reato, sarà possibile disporre la confisca per equivalente nei confronti dell’autore del reato del profitto non confiscato, in tutto o in parte, in via diretta.
Al contrario, parte ricorrente ha fatto esplicitamente riferimento al valore dei beni al momento del loro sequestro, eccependo l’irrilevanza, rispetto all’ammontare della confisca per equivalente, del valore di realizzo dei beni confiscati cui invece correttamente ha fatto riferimento il giudice del gravame.
In tal modo, nondimeno, l’imputato ha omesso il necessario raffronto tra il valore dei beni confiscati in via diretta e il profitto dei reati al momento della adozione della confisca, come, invece, sarebbe stato necessario, trattandosi del momento in cui si produce l’effetto ablatorio e nel quale, quindi, deve essere compiuta detta verifica, rimanendo irrilevanti sia i valori del momento del sequestro, che ha solo una funzione cautelare, sia quelli di realizzo, in quanto la liquidazione avviene successivamente all’ablazione, con l’unico limite dell’ingiustificato arricchimento da parte dello Stato.
Ne consegue, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Nota a cura di Marilena Sanfilippo