Furto di oggetti lasciati volontariamente in auto: esclusa l’aggravante della pubblica fede

Cass. Pen. Sez. II, 16 giugno 2025, sentenza n. 22569
LA MASSIMA
“Il furto di oggetti che si trovano all’interno di un’autovettura, lasciata incustodita sulla pubblica via, risulta aggravato per la esposizione alla pubblica fede, solo quando si tratti di oggetti costituenti parte integrante del veicolo o destinati, in modo durevole, al servizio o all’ornamento dello stesso o che, per necessità o per consuetudine, non sono portati via al momento in cui l’autovettura viene lasciata incustodita. Al contrario, non sono esposti alla pubblica fede gli oggetti che solo occasionalmente si trovano all’interno dell’autovettura che non costituiscono il normale corredo dell’auto, ovvero che sono lasciati al suo interno dal proprietario per ragioni contingenti o per dimenticanza”.
IL CASO
Una donna aveva lasciato all’interno della propria autovettura parcheggiata la propria borsa, contenente una consistente somma di denaro, i documenti e il telefono cellulare. La stessa si era poi allontanata senza aver chiuso in sicurezza l’auto e la borsa le veniva rubata.
In sede di udienza preliminare, il responsabile veniva condannato per furto aggravato ed estorsione. La sentenza veniva parzialmente modificata dalla Corte d’Appello che riconosceva l’ipotesi della lieve entità in relazione all’estorsione ed escludeva l’aggravante del danno di rilevante gravità con riferimento al furto.
La difesa dell’imputato proponeva ricorso innanzi alla Suprema Corte di Cassazione lamentando, in uno dei quattro motivi, la violazione di legge ex art. 625, comma 1, n. 7 c.p., per la mancata esclusione dell’aggravante ivi prevista (“se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede”).
Il ricorrente sosteneva, infatti, che la Corte d’Appello aveva errato nel ritenere che la borsa oggetto di furto fosse “esposta alla pubblica fede”, sol perché appoggiata in auto nei pressi del supermercato senza che la vettura fosse chiusa a chiave. Tale conclusione era stata affermata dal Collegio richiamando una massima di esperienza – non condivisa dalla difesa- secondo cui vi sarebbe l’abitudine diffusa di non proteggere i propri beni quando ci si deve allontanare per poco tempo.
Nel caso di specie, sostiene la difesa, la borsa oggetto del furto era rimasta in auto incustodita per una “libera scelta della persona offesa”, effettuata sulla base di proprie scelte personali.
LA QUESTIONE
La Corte esamina l’applicazione dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede (art. 625, comma primo, n. 7 c.p.) in caso di furto di beni lasciati volontariamente all’interno di un’autovettura incustodita.
LA SOLUZIONE
Gli Ermellini rilevano che la Corte d’Appello ha basato la sua decisione su una massima di esperienza (l’abitudine diffusa di non proteggere i propri beni allorché ci si deve allontanare per un brevissimo lasso di tempo) che in realtà costituisce una “mera congettura”, priva di riscontro nell’id quod plerumque accidit e priva di plausibilità.
Viene, invece, riaffermato il principio secondo cui il furto di oggetti all’interno di un’autovettura incustodita sulla pubblica via è aggravato per esposizione alla pubblica fede solo se si tratta di oggetti che costituiscono parte integrante del veicolo, o destinati durevolmente al suo servizio/ornamento, o che, per necessità o consuetudine, non vengono portati via quando il veicolo è incustodito.
Viceversa, non sono considerati esposti alla pubblica fede gli oggetti che si trovano solo occasionalmente nell’auto e che non ne costituiscono il normale corredo, o che sono ivi lasciati per ragioni personali quali la comodità, la dimenticanza o la fretta. L’orientamento più condivisibile, e al quale la Corte intende dare continuità, è quello che riconosce l’esistenza dell’aggravante in presenza di “situazioni concrete impellenti e non diversamente risolvibili” che abbiano indotto la persona offesa a lasciare i beni all’interno dell’auto.
La Cassazione, pertanto, ritiene fondato il motivo di ricorso sull’erroneo riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7 c.p. in quanto afferma essere viziato il ragionamento addotto dalla Corte d’Appello, non essendo emersa, nella fattispecie in esame, la presenza di situazioni fattuali concrete, impellenti e non diversamente risolvibili che giustificassero di lasciare i beni all’interno dell’abitacolo della vettura. Al contrario, la borsa era rimasta in auto per una libera e volontaria scelta della parte lesa.
Sostanzialmente, per riconoscere l’esistenza dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, debbono sussistere situazioni impellenti e concrete e non diversamente risolvibili che abbiamo indotto la persona offesa a lasciare i beni, in seguito sottratti, all’interno dell’auto. La valutazione circa l’esistenza di situazioni concrete e oggettive è rimessa all’interprete, il quale dovrà verificare caso per caso, sulla base di ciò che si può verificare nella realtà di tutti i giorni, se la volontà del possessore del bene, di non portare il bene con sè ma di lasciarlo all’interno del veicolo, è stata condizionata o meno dalle suindicate circostanze.
Di conseguenza, la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7 c.p. eliminandola. Tuttavia, la Corte ha precisato che l’eliminazione di tale aggravante non comporta alcuna riduzione della pena in quanto è stata ritenuta sussistente la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale che è stata posta in regime di equivalenza con l’attenuante della particolare tenuità del danno e con l’attenuante “costituzionale” della estorsione di lieve entità.
Gli altri motivi di ricorso sono stati dichiarati inammissibili perché generici e non consentiti.
Nota a cura di Francesca Ricci (Dottoressa di Ricerca in Diritto Penale)