Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Diffamazione e diritto di cronaca: rilevanza, veridicità e continenza

Cass. pen., Sez. V, 22 maggio 2025, sentenza n. 19102
LA MASSIMA
“La divulgazione di una notizia oggettivamente diffamatoria può essere giustificata dal legittimo esercizio del diritto di cronaca giornalistica, purché la rappresentazione offerta risponda a un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti narrati, e sia effettuata nel rispetto della verità dei contenuti e della continenza della forma.”
IL CASO
I ricorrenti venivano tratti a giudizio per rispondere dei reati di cui agli artt. 595, co. 2 e 3 e 57, c.p. per aver, il primo, nella sua qualità di autore di un articolo di stampa, leso la reputazione della persona offesa e, il secondo, nella qualità di direttore responsabile del quotidiano, per aver omesso il controllo in ordine al contenuto dell’articolo ritenuto diffamatorio.
Il fatto narrato, attribuito alla persona offesa, aveva ad oggetto la ricostruzione di un legame tra la stessa persona offesa, azionista di maggioranza di alcune società, ed il nipote incensurato di un boss della ndrangheta.
Secondo quanto ricostruito nell’articolo, in virtù di siffatto legame, le società riconducibili alla persona offesa, avrebbero avuto un incremento reddituale.
Il ricorso è stato proposto nell’interesse di entrambi gli imputati e si articola in quattro motivi.
I primi tre motivi si incentrano sulla violazione degli artt. 21, Cost., nonché 1, 51, 59 e 595 c.p., e attengono alla ritenuta sussistenza della scriminante del fatto, atteso il legittimo esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, considerati gli elementi «della veridicità dei dati fattuali riportati nell’articolo, della continenza del lessico utilizzato e dell’interesse pubblico alla diffusione della notizia».
Alla luce della rappresentazione veritiera effettuata nell’esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, secondo i ricorrenti, non potrebbe essere addebitata agli stessi nessuna responsabilità.
Il tutto, considerato, altresì, come nello stesso articolo vi fosse la «costante esplicitazione» dell’assenza di alcuno sviluppo penale nei confronti della persona offesa, visto che le indagini erano ancora in corso.
L’altro motivo attiene al trattamento sanzionatorio, lamentando il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.
LA QUESTIONE
La questione sottoposta alla Corte di Cassazione può essere, dunque, riassunta nei termini che seguono, ovvero se la pubblicazione di una notizia oggettivamente diffamatoria potrà ritenersi giustificata dal diritto di cronaca giudiziaria, quando la stessa rispetti i requisiti della verità oggettiva della notizia, della continenza delle forme e dell’interesse pubblico alla conoscenza della notizia.
LA SOLUZIONE
Il ricorso è stato ritenuto fondato.
La Corte di legittimità ha, infatti, ritenuto sussistente una lesione della reputazione della persona offesa, essendo il contenuto dell’articolo oggettivamente diffamatorio ma, al contempo, ha giustificato la condotta, ritenendo la medesima rientrante nel legittimo esercizio del diritto di cronaca giudiziaria.
I giudici hanno, dunque, chiarito che «una condotta diffamatoria può essere giustificata se, essa stessa, rappresenta espressione di altro parallelo diritto, di pari rango costituzionale, quale, nello specifico, il diritto di cronaca giornalistica, espressione della libertà di pensiero e di stampa riconosciute dall’art. 21 Cost.».
Ad ogni buon conto, sono stati chiariti i limiti entro i quali l’esercizio del diritto di cronaca giustifica un’oggettiva lesione della reputazione personale di un individuo.
La rappresentazione offerta, dunque, dovrà rispondere ad un «interesse pubblico alla conoscenza dei fatti narrati», nonché ad una «descrizione della realtà coerente con la verità oggettiva e rappresentata in forma civile».
Pertanto, solo entro i limiti indicati, l’esercizio del diritto di cronaca potrà ritenersi prevalente rispetto alla tutela dei diritti della personalità, quali l’onore, la reputazione e la riservatezza.
In aggiunta, se la notizia è originata da un provvedimento giudiziario, la stessa dovrà essere coerente con quanto contenuto nello stesso provvedimento, con l’accortezza che, ove la narrazione avvenga durante la fase delle indagini preliminari, dovrà essere esente da qualsivoglia sbilanciamento a favore dell’ipotesi accusatoria, evitando anticipazioni di colpevolezza, dovendo evitare, il cronista, di ingenerare suggestioni nel lettore.
Costui, in altri termini, dovrà evitare di formulare ipotesi di responsabilità, dovendo, invece, attenersi in maniera asettica agli atti giudiziari conosciuti, non potendo, allo stesso, essere addebitato alcunché pure in quei casi in cui gli stessi atti non corrispondano alla verità processuale successivamente accertata.
L’unico onere imposto al giornalista, pertanto, è quello della corrispondenza di quanto narrato con quanto contenuto negli atti giudiziari.
Nel caso di specie, l’articolo ritenuto inizialmente diffamatorio, dopo aver ripetutamente chiarito l’estraneità della persona offesa rispetto alle indagini, si limitava a dare atto, fedelmente, degli esiti delle indagini.
In ragione di tanto, la pubblicazione della notizia, seppur oggettivamente diffamatoria, è stata ritenuta giustificata dal diritto di cronaca giudiziaria.
A cura di Renato Martucci