Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Delitto di minaccia: idoneità della condotta a incidere sulla libertà morale della vittima

Cass. pen., Sez. V, 21 gennaio 2025, sentenza n. 2424

LA MASSIMA
“Ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, vertendosi in tema di delitto di pericolo, non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo semplicemente sufficiente che la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo, il che va valutato con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto”

IL CASO
Tizio veniva tratto a giudizio per il reato di cui all’art. 612 c.p.: questi, a fronte dell’invito della vicina Caia di far smettere di abbaiare i suoi cani, aveva proferito nei suoi confronti minacce di un danno ingiusto dicendole: “Vattene a dormire, altrimenti vengo a prenderti a casa”. Il giudice di seconde cure, in conferma di quanto statuito dal Giudice di Pace territorialmente competente, lo aveva assolto per insussistenza del fatto valorizzando: l’insussistenza del metus, data la distanza fisica esistente fra i contendenti; l’assenza di serietà della minaccia e il difetto di volontà effettivamente intimidatoria, trattandosi di frasi pronunciate nell’ambito di un battibecco tra vicini.
Avverso tale pronuncia, la parte civile ricorreva in Cassazione deducendo la violazione della legge penale in ordine alla configurabilità della minaccia: secondo il ricorrente, il giudice di appello aveva erroneamente presupposto che, per il perfezionamento della fattispecie, la persona offesa dovesse essere effettivamente intimidita dalla frase minatoria proferita.

LA QUESTIONE
La questione sottoposta all’attenzione della Corte riguarda i presupposti per la configurabilità del reato di minaccia. Sul punto, la giurisprudenza in più arresti ha affermato il principio per cui per l’integrazione del delitto di cui all’art. 612 c.p. è sufficiente che l’espressione, rivolta all’indirizzo di una persona e valutata nel contesto e nel momento in cui è stata proferita, possa prospettare un’ulteriore attività aggressiva illegittima e sia idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima, non rilevando se il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito (Cass., V Sez., 10 marzo 2020, n.9392; Cass. I Sez., 3 maggio 2016, n. 44128; Cass. V Sez., 11 ottobre 2019, n. 6756).

LA SOLUZIONE
La Corte ritiene il ricorso fondato.
Facendo applicazione dei principi enucleati dalla giurisprudenza, i giudici di legittimità, evidenziando la natura di reato di pericolo della fattispecie di cui all’art. 612 c.p., ribadiscono come per il perfezionamento della fattispecie non sia necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo sufficiente che la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo. Tale idoneità deve essere valutata con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto.
Nel caso di specie, il Giudice dell’appello non ha fatto buon governo dei principi sanciti in materia, limitandosi ad effettuare una valutazione di fattibilità fisica della realizzazione della minaccia e ad inquadrare il fatto all’interno di un contesto di “battibecco tra vicini”, senza tener conto di altri elementi tra cui, ad esempio, la natura dei rapporti tra i contendenti.
Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.