Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Confisca per equivalente senza condanna e overruling sfavorevole

Cass. pen., Sez. VI, 9 luglio 2025, sentenza n. 25200

LA MASSIMA

 “L’interpretazione dell’art. 578-bis c.p.p., in senso conforme all’art. 7 CEDU e all’art. 1 Prot. 1 CEDU, impone di escludere l’efficacia retroattiva in malam partem del mutamento giurisprudenziale intervenuto con riferimento alla natura della confisca per equivalente, ove la stessa non ecceda il valore del vantaggio economico che l’autore ha tratto dal reato”.

 

IL CASO

La pronuncia in commento trae origine dall’impugnazione proposta avverso una sentenza d’appello che, per un verso, aveva dichiarato di non doversi procedere in relazione ai reati contestati all’imputato perché estinti per prescrizione e, per altro verso, aveva confermato le confische disposte in primo grado, ossia la confisca ex art. 322-ter, c. 1, c.p. di una somma in contanti rinvenuta nella cassaforte dell’imputato ritenuta profitto del reato e la confisca allargata ex art. 240-bis c.p. di una ulteriore somma nella disponibilità dell’imputato, sul presupposto che si trattasse di importo sproporzionato rispetto al suo reddito e di provenienza non giustificata.

Il ricorrente ha proposto un unico motivo di ricorso, denunciando l’erronea applicazione dell’art. 578-bis c.p.p., per violazione del principio di irretroattività della legge penale sfavorevole.

Nello specifico, l’imputato ha evidenziato che i reati contestati sarebbero stati posti in essere anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 578-bis c.p.p. e ha dunque richiamato i principi affermati da Cass. pen., sez. un., 31 gennaio 2023, n. 4145 (pronuncia Esposito), secondo cui l’art. 578-bis c.p.p. sarebbe inapplicabile in via retroattiva nella parte in cui si riferisce alla confisca per equivalente, avente natura sanzionatoria.

LA QUESTIONE

Alla Corte di cassazione è stato chiesto di indicare se l’art. 578-bis c.p.p. possa essere applicato in via retroattiva a reati commessi prima della sua entrata in vigore nelle ipotesi di confisca del denaro ex art. 322-ter c. 1 c.p. e in quelle di confisca allargata, in considerazione dei principi affermati da Cass. pen., sez. un., 31 gennaio 2023, n. 4145 (pronuncia Esposito) e da Cass. pen., sez. un., 8 febbraio 2025, n. 13783 (pronuncia Massini).

LA SOLUZIONE

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso.

La Corte ha ricostruito, in primo luogo, le vicende che hanno condotto all’introduzione dell’art. 578-bis c.p.p, ricordando come la norma recepisca i principi giurisprudenziali in tema di confisca senza condanna, tracciati, tra le altre, dalle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte EDU in materia di confisca urbanistica, nonché dalla pronuncia a Sezioni Unite Lucci (Cass. pen., sez. un., 26 giugno 2015, n. 31617), secondo cui, con la sentenza che dichiara l’estinzione del reato per prescrizione, è possibile disporre la confisca del prezzo ex art. 240, c. 2 n. 1, c.p. e la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato ex art. 322-ter c.p. purché vi sia una precedente pronuncia di condanna e l’accertamento relativo alla responsabilità dell’imputato rimanga inalterato nei successivi gradi di giudizio, con l’esclusione della confisca per equivalente delle cose che costituiscono il prezzo o il profitto, atteso il carattere sanzionatorio di quest’ultima.

In secondo luogo, la sentenza ha richiamato i principi affermati da Cass. pen., sez. un., 31 gennaio 2023, n. 4145 (pronuncia Esposito), secondo cui l’art. 578-bis c.p.p., con riferimento alla confisca per equivalente e alle confische che presentino una componente sanzionatoria, non può essere applicato retroattivamente, stante la natura, anche sostanziale, della disposizione.

In terzo luogo, la Corte si è soffermata sui principi innovativi affermati da Cass. pen., sez. un., 8 febbraio 2025, n. 13783 (pronuncia Massini) in tema di distinguo tra confisca diretta e per equivalente e in ordine alla natura di quest’ultima.

Tale sentenza, invero, da un lato, ha superato il consolidato orientamento giurisprudenziale pregresso che riteneva sempre diretta la confisca di somme di denaro, affermando, al contrario, che la confisca del denaro possa essere diretta o per equivalente a seconda della sussistenza o meno della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato. Dall’altro lato, sempre superando un precedente orientamento difforme, ha statuito che la confisca per equivalente assolve normalmente ad una funzione recuperatoria e ha quindi natura punitiva solamente qualora sottragga al destinatario beni di valore eccedente il vantaggio economico che lo stesso ha tratto dall’illecito.

Nell’ambito di questo quadro normativo e giurisprudenziale, la Corte ha esaminato il ricorso interrogandosi, in particolare, sull’incidenza delle novità contenute nella sentenza Massini sui principi affermati nella pronuncia Esposito.

In quest’ottica, la Corte ha considerato, innanzitutto, la confisca del denaro rinvenuto nella cassaforte dell’imputato, evidenziando come la sentenza impugnata abbia qualificato detta confisca come diretta, senza alcuna dimostrazione – perché non necessaria alla luce dell’orientamento precedente alla pronuncia Massini – che la somma confiscata fosse proprio quella derivata dal reato.

La Corte ha quindi annullato la sentenza con rinvio, per consentire l’accertamento della presenza o meno del nesso di pertinenzialità della somma ritrovata nella cassaforte con il reato.

La Corte ha chiarito che, nel caso di esito positivo di tale verifica, la confisca andrà confermata ex art. 578-bis c.p.p. trattandosi di confisca diretta.

Nell’ipotesi, invece, di esito negativo, la confisca andrà considerata per equivalente, con la conseguente necessità di verificare la possibilità di applicazione retroattiva dell’art. 578-bis c.p.p., posto che, nel caso esaminato, la confisca non eccede il valore del vantaggio economico tratto dal reato e non è dunque da considerarsi punitiva.

Ebbene, secondo la Corte, nonostante si tratti di confisca ripristinatoria e non punitiva, non è comunque consentita l’applicazione retroattiva dell’art. 578-bis c.p.p. in virtù del principio di prevedibilità del diritto.

A quest’ultimo proposito, la Suprema Corte ha rilevato che, dinnanzi a una giurisprudenza consolidata e risalente nel tempo, il mutamento giurisprudenziale improvviso può ledere i diritti fondamentali dell’imputato, al pari di un intervento normativo sfavorevole.

Senonché, per il c.d. overruling sfavorevole non è applicabile lo statuto garantista della successione di leggi penali nel tempo, ma solo l’argine di cui all’art. 5 c.p., così come interpretato da Corte Cost. n. 364/1988.

Secondo la sentenza in esame, quest’ultima garanzia non può tuttavia operare nel caso di applicazione della confisca, poiché, in ordine all’ablazione, non è richiesto l’accertamento dell’elemento soggettivo dell’imputato.

La Corte ha quindi ritenuto che la prevedibilità debba essere assicurata attraverso un’interpretazione dell’art. 578-bis c.p.p. conforme all’art. 7 CEDU e all’art. 1 Prot. 1 CEDU; interpretazione che conduce al risultato di dover escludere l’efficacia retroattiva del mutamento giurisprudenziale intervenuto in relazione alla natura della confisca per equivalente non eccedente il vantaggio economico che l’autore ha tratto dal reato.

Infine, la Corte ha rigettato le censure relative alla confisca allargata disposta ai danni del ricorrente, sulla scorta dell’assunto secondo cui si tratta di confisca in via diretta, e non già per equivalente, nonché dell’insegnamento della giurisprudenza che, in maniera costante, ha evidenziato che tale forma di confisca ha natura di misura di sicurezza atipica ed è dunque sottratta al divieto di retroattività della norma sfavorevole.

Nota a cura di Sara Cattazzo (avvocato)