Corte Costituzionale, Diritto Penale, Sentenze

Confisca obbligatoria e principio di proporzionalità: la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità dell’art. 2641 c.c.

Corte Cost., 4 febbraio 2025, sentenza n. 7

Il DISPOSITIVO
“La Corte Costituzionale:

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2641, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria di una somma di denaro o beni di valore equivalente a quelli utilizzati per commettere il reato;

2) dichiara in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 2641, primo comma, cod. civ., limitatamente alle parole «e dei beni utilizzati per commetterlo»”


IL CASO
Nel corso di un procedimento penale riguardante reati societari, i giudici di primo grado avevano disposto la confisca obbligatoria di beni per un valore significativo, ritenendo che rappresentassero il profitto dei reati contestati agli imputati.
In appello, tale misura veniva revocata poiché considerata eccessiva ed in contrasto con i principi di proporzionalità.
Avverso tale decisione il Procuratore Generale proponeva ricorso, sostenendo che la revoca della confisca fosse in contrasto con l’obbligo di applicare sanzioni proporzionate, così come previsto dalla giurisprudenza europea, e che la confisca obbligatoria dovesse essere mantenuta per garantire l’effettività della sanzione.
La Corte di Cassazione, condividendo i dubbi della Corte d’Appello circa la possibile sproporzione della sanzione, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 2641 c.c.

LA QUESTIONE
La Corte Costituzionale è stata chiamata a valutare, quindi, se l’art. 2641, primo e secondo comma, del codice civile, il quale impone la confisca obbligatoria dei beni utilizzati per commettere reati societari, anche nella forma per equivalente, violi i principi costituzionali di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito.

LA SOLUZIONE
La Corte Costituzionale, muovendo da una disamina di norme e precedenti giurisprudenziali sia nazionali che europei, ha ritenuto la questione fondata ed ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 2641, primo e secondo comma, del codice civile.
In primo luogo la Corte ha osservato che la confisca dei beni utilizzati per commettere il reato ha natura di vera e propria pena di carattere patrimoniale che, in quanto tale, deve certamente rispettare il principio di proporzionalità.
Tale principio, applicato alle pene di carattere patrimoniale, vieta che l’entità dell’ablazione patrimoniale risulti sproporzionata tanto rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del reato, quanto alle condizioni economiche e patrimoniali dell’interessato.
La confisca dei beni strumentali e di somme di denaro o beni di valore ad essi equivalenti prevista dalla disposizione censurata è strutturalmente indifferente a tali condizioni; pertanto, la sua previsione in termini di obbligatorietà vincola il giudice ad applicarla anche quando, nel caso concreto, essa risulti manifestamente sproporzionata, ponendosi così in contrasto con il principio di proporzionalità.
La confisca automatica, senza margini di valutazione da parte del giudice, dunque, rischia di tradursi in una pena eccessiva e ingiustificata, violando gli articoli 3 e 27 della Costituzione, nonché i principi sanciti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Per tale ragione, la Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente incostituzionale la norma oggetto di disamina.
In particolare ha dichiarato incostituzionale l’art. 2641, secondo comma, c.c., nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria di una somma di denaro o beni di valore equivalenti a quelli utilizzati per commettere il reato e, in via consequenziale, dell’art. 2641, primo comma, c.c., limitatamente alle parole “e dei beni utilizzati per commetterlo”
Ad ogni buon conto, resta inalterata la facoltà del giudice, di disporre la confisca diretta delle «cose che servirono a commettere il reato» ai sensi dell’art. 240 cod. pen., nel rispetto del principio di proporzionalità.