Concorso tra attenuanti in caso di rapina lieve

Cass. pen., Sez. II, 12 giugno 2025, sentenza n. 22259
LA MASSIMA
“In tema di rapina, l’attenuante della lieve entità, introdotta nel sistema per effetto della sentenza della Corte costituzionale 13 maggio 2024, n. 86, può concorrere con l’attenuante comune di cui all’art. 62, n. 4, c.p., trattandosi di circostanze diverse sotto il profilo oggettivo e valutativo: la prima attiene alla tenuità globale del fatto, la seconda alla modesta entità del danno patrimoniale”.
IL CASO
Con sentenza del 25 ottobre 2024, la Corte d’appello confermava, in parziale riforma della decisione di primo grado, la responsabilità penale dell’imputato per il reato di rapina aggravata, in relazione a un episodio in cui lo stesso, dopo aver venduto un telefono cellulare alla persona offesa, aveva successivamente preteso – con modalità minacciose – la restituzione del bene, sottraendolo infine con violenza. La Corte territoriale riconosceva all’imputato l’attenuante della particolare tenuità del fatto, ritenuta prevalente sull’aggravante contestata, e applicava la riduzione di pena prevista per la scelta del rito abbreviato, determinando così il trattamento sanzionatorio.
Avverso tale pronuncia, il difensore proponeva ricorso per Cassazione, articolando plurimi motivi. In particolare, veniva dedotto il vizio di violazione di legge e di motivazione in ordine alla valutazione degli elementi di prova e all’affermazione di responsabilità, nonché l’omessa considerazione dei motivi nuovi, depositati con trasmissione telematica pochi giorni prima dell’udienza di appello. Di particolare rilievo, ai fini della presente decisione, il motivo con cui si censurava l’erronea ricostruzione operata dalla Corte d’appello in tema di trattamento sanzionatorio, nella parte in cui quest’ultima aveva confuso – in un’unica valutazione cumulativa – l’attenuante comune di cui all’art. 62, n. 4, c.p. (danno patrimoniale di speciale tenuità) e l’attenuante della lieve entità del fatto, introdotta nel sistema per effetto della sentenza della Corte Costituzionale, 13 maggio 2024, n. 86, impedendo così una corretta applicazione del principio di cumulo tra le due circostanze.
LA QUESTIONE
La questione giuridica sottoposta al vaglio della Suprema Corte concerne l’esatta individuazione del rapporto tra due diverse attenuanti riconducibili a situazioni di minore gravità del fatto: da un lato, l’attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4, c.p., riferita al danno patrimoniale di speciale tenuità; dall’altro, l’attenuante della lieve entità del fatto, introdotta nel sistema penale per effetto della sentenza 13 maggio 2024, n. 86 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, comma 3, c.p., nella parte in cui non contemplava tale circostanza.
Si tratta di stabilire se le due attenuanti, fondate su presupposti normativi e ratio differenti, possano coesistere nello stesso giudizio, dando luogo a un duplice intervento mitigatore sul piano sanzionatorio, oppure se debbano essere considerate tra loro alternative. In particolare, viene in rilievo l’interpretazione fornita dalla Corte d’appello, che ha ritenuto di poter valutare cumulativamente e indistintamente le due circostanze, fondendole in un’unica motivazione, senza operare il necessario scrutinio separato richiesto dalla giurisprudenza di legittimità.
La questione investe anche il tema del corretto bilanciamento tra aggravanti e attenuanti, nonché il principio di legalità della pena, nella prospettiva del rispetto delle garanzie sostanziali e processuali dell’imputato.
LA SOLUZIONE
La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, ritenendo fondato il motivo relativo alla non corretta applicazione del regime delle attenuanti da parte della Corte d’appello. In particolare, la Suprema Corte ha censurato la motivazione del giudice di secondo grado per avere confuso e sovrapposto, in un’unica valutazione cumulativa, l’attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4, c.p., concernente la speciale tenuità del danno patrimoniale, e l’attenuante della lieve entità del fatto, introdotta dalla sentenza della Corte costituzionale 13 maggio 2024, n. 86, la quale si fonda su una considerazione complessiva della minima offensività della condotta.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, confermato anche nella presente decisione, le due circostanze attenuanti sono logicamente e giuridicamente distinte: la prima attiene esclusivamente alla rilevanza economica del pregiudizio arrecato alla vittima, mentre la seconda implica una valutazione unitaria e polifattoriale dell’intero fatto tipico, comprensiva della condotta, dell’elemento soggettivo, delle modalità esecutive e delle conseguenze dannose. In tal senso, la Corte ha ribadito che il riconoscimento di una delle due attenuanti non preclude l’autonoma considerazione dell’altra, laddove ne ricorrano i presupposti.
Ritenendo la motivazione della Corte territoriale non conforme a tale principio e priva di una separata valutazione in ordine al possibile concorso delle attenuanti, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello per un nuovo giudizio sul punto. Sono stati invece dichiarati inammissibili gli ulteriori motivi di ricorso, relativi sia alla valutazione probatoria in ordine alla responsabilità penale, ritenuta congrua e immune da vizi logico-giuridici, sia all’omessa considerazione dei motivi nuovi trasmessi oltre il termine legale, in violazione dell’art. 585, comma 4, c.p.p.
Nota a cura di Vittoria Petrolo (Criminologa – Giurista)