Corte Costituzionale, Diritto Penale, Sentenze

Bilanciamento delle circostanze: un nuovo colpo della Consulta al muro del divieto di prevalenza

Corte Cost., 22 aprile 2025, sentenza n. 56
LA MASSIMA
“È costituzionalmente illegittimo l’art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis cod. pen. sulla recidiva reiterata prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen.”
IL CASO
La questione trae origine da un procedimento penale inerente ad un furto aggravato in abitazione, con danno patrimoniale esiguo, a causa dell’arrivo del proprietario in pendenza del fatto. L’imputato risultava gravato dalla recidiva reiterata ai sensi dell’art. 99, quarto comma, c.p., circostanza che, in base alla formulazione dell’art. 69, quarto comma, c.p., ha impedito al giudice di merito di riconoscere la prevalenza di eventuali attenuanti sul predetto aggravante.
Nel caso di specie, infatti, il giudice territoriale ha accertato che il danno arrecato dal furto era di entità estremamente modesta e che la condotta dell’imputato, per quanto potesse essere oggetto di censura, non presentava profili di particolare allarme sociale. Invero, durante l’interrogatorio reso in occasione dell’udienza di convalida dell’arresto, l’imputato oltre ad ammettere l’addebito ascrittogli, ha indicato il nome e il cognome del correo, consentendone l’identificazione e specificando altresì come i due si erano accordati per commettere il furto nell’abitazione.
Nonostante i suddetti elementi, secondo il disposto del vigente quadro normativo, la circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis c.p., nel giudizio di comparazione, incontra il limite al bilanciamento in prevalenza imposto dall’art. 69, quarto comma, c.p. in relazione alla recidiva reiterata, di cui all’art. 99, quarto comma, del medesimo codice, rendendo, di fatto, obbligatoria una pena severa, certamente sproporzionata rispetto alla gravità effettiva del fatto concreto, anche in considerazione della condotta susseguente al fatto tipico.
Alla luce del dato normativo ed interpretativo, pertanto, il giudice territoriale ha sollevato questione di legittimità costituzionale relativamente all’art. 69, quarto comma, c.p., evidenziando il contrasto di tale disciplina sia con i principi costituzionali di uguaglianza e di proporzionalità della pena – anche alla luce della giurisprudenza formatasi sul punto – in virtù del combinato disposto degli artt. 3 e 27, comma 3, Cost., che con il canone della funzione rieducativa della sanzione penale. Sul punto, infatti, il giudice di merito ha evidenziato il principio di premialità alla base dell’art. 625-bis c.p. e come lo stesso sia espressione di una scelta di politica criminale volta a incentivare il ravvedimento post-delittuoso del reo mediante una sensibile diminuzione di pena.
LA QUESTIONE
La Corte Costituzionale è chiamata a valutare la compatibilità del divieto di prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata con i principi fondamentali dell’ordinamento. Nello specifico, la Corte deve valutare, in primis, l’eventuale violazione del principio di uguaglianza, specialmente alla luce di precedenti pronunce che, in applicazione di tale principio, hanno riequilibrato la normativa. Secondariamente, relativamente alla proporzionalità della pena, la Corte deve valutare se tale automatismo legislativo sia idoneo a determinare l’irrogazione di pene potenzialmente sproporzionate rispetto all’effettiva offensività del fatto e alla pericolosità sociale del reo, anche in relazione ai principi di necessità e adeguatezza della risposta punitiva. Da ultimo, la Corte non può che tenere in considerazione la funzione rieducativa della pena, analizzando se il suddetto automatismo ostacoli l’applicazione di pene commisurate alle esigenze di risocializzazione del condannato.
LA SOLUZIONE
La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, c.p., nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata.
Nello specifico, la Corte ritiene fondata la questione richiamando fin da subito dodici pronunce di illegittimità costituzionale parziale che hanno colpito il divieto di prevalenza di altrettante circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, c.p. Il punto in comune delle pronunce richiamate, ‘ove la Corte ha rinvenuto un’alterazione dell’equilibrio costituzionalmente imposto, inerisce al minor disvalore del fatto dal punto di vista della sua dimensione offensiva.
La ratio alla base dei ragionamenti ivi espressi, viene individuata dalla Consulta nella centralità del fatto oggettivo rispetto alla qualità soggettiva del colpevole. Invero, essendo il diritto penale nostrano un diritto penale del fatto, deve escludersi che aspetti relativi alla maggiore colpevolezza o pericolosità dell’agente possano assumere, nel processo di individualizzazione della pena, una rilevanza tale da renderli comparativamente prevalenti rispetto al fatto oggettivo.
Inoltre, la Corte riporta anche altre pronunce che hanno condotto a dichiarazioni di illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma quarto, c.p., inerenti sia alla persona del colpevole che all’incentivo alla collaborazione del reo post delictum. Ed è proprio da tali pronunce che la Corte attinge, al fine di risolvere la questione di legittimità costituzionale postagli dal giudice di merito, perché relative ad attenuanti connesse al ravvedimento successivo alla commissione del reato – come nel caso in esame – che presentano la medesima ratio dell’art. 625-bis c.p.
Ricordato, infatti, che l’attenuante è espressione di una scelta di politica criminale di tipo premiale, volta a incentivare, tramite la diminuzione di pena, il ravvedimento del reo post delictum, la Corte precisa che il divieto di prevalenza di cui all’art. 69, quarto comma, c.p. finirebbe per disconoscere del tutto, in modo irragionevole, la condotta del reo contemporanea o susseguente al reato, quale indice della sua personalità e capacità a delinquere.
Pertanto, la Corte Costituzionale giunge ad affermare che il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata, legislativamente sancito dall’articolo censurato, è affetto da vizio di irragionevolezza, in quanto idoneo a far venire meno la ratio di cui sopra, accordando una rilevanza insuperabile – anche tramite l’interpretazione del giudice – alla precedente condotta del reo sulla determinazione della pena in concreto, pur a fronte della dissociazione dal contesto criminale e del possibile pericolo di ritorsioni personali e familiari che lo stesso potrebbe avere a causa della propria collaborazione attiva alle indagini.
Sul punto, riprendendo la propria giurisprudenza, la Consulta evidenzia come la mancata considerazione del distacco dall’ambiente criminoso e dei rischi che la collaborazione comporta per il reo, determina il contrasto del divieto di prevalenza dell’attenuante relativa al ravvedimento post delictum anche con l’art. 27, terzo comma, Cost., in quanto tale divieto fa sì che la pena irrogata sia percepita come ingiusta e, di conseguenza, inidonea ad assolvere alla finalità rieducativa propria di tutte sanzioni penali.
Pertanto, in virtù di quanto affermato, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma c.p., nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata prevista dall’art. 99, quarto comma, c.p.
A cura di Giacomo Migliarini