Bancarotta fraudolenta per distrazione e appropriazione indebita

Cass. pen., Sez. V, 12 dicembre 2024, sentenza n. 45789
LA MASSIMA
“Il reato di bancarotta fraudolenta integra una fattispecie di reato complesso ex art. 84 c.p. rispetto a quello di appropriazione indebita, con assorbimento di quest’ultimo in quello di bancarotta, sicché gli stessi fatti, già contestati ex art. 646 c.p., possono essere ricondotti, dopo la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, alla fattispecie di bancarotta”.
IL CASO
Il Tribunale, quale giudice di appello ex art. 310 c.p.p., in riforma della pronuncia del G.I.P., ripristinava il sequestro preventivo della somma di due milioni di euro in relazione alla condotta distrattiva contestata all’indagato.
Avverso l’ordinanza, ricorreva per cassazione l’indagato, deducendo la violazione del divieto di bis in idem in quanto i fatti di condotta distrattiva erano già stati qualificati come appropriazione indebita e rispetto a essi il ricorrente era stato prosciolto con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.
LA QUESTIONE
La questione di diritto analizzata dalla Corte riguarda la violazione del divieto di bis in idem in relazione alla contestazione del reato di appropriazione indebita e quello di bancarotta fraudolenta distrattiva.
LA SOLUZIONE
I giudici di legittimità hanno dichiarato il ricorso infondato.
In merito alla questione di diritto sopra evidenziata, la Corte ha preliminarmente ribadito il principio secondo cui in tema di divieto di bis in idem l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona e comunque quando, in esito al raffronto tra l’imputazione oggetto del giudicato e il fatto afferente alla nuova contestazione, emerga l’identità della condotta e dell’evento naturalistico che ne è derivato. In altri termini, ciò che rileva ai fini della valutazione ex art. 649 c.p.p. è il giudizio sul fatto storico (Corte Cost. sent. n. 200 del 31/5/2016).
Ebbene, alla luce di tale principio, i giudici di legittimità hanno affermato che nel caso di specie, pur avendo il fatto di bancarotta fraudolenta distrattiva in comune con quello di appropriazione indebita la condotta appropriativa della somma di due milioni di euro, non si può parlare di medesimezza del fatto storico.
Invero, la sentenza dichiarativa di fallimento, intervenuta successivamente all’appropriazione della somma di denaro, si pone come dato storico ulteriore, aggiuntivo, dotato di una propria rilevanza non solo sotto il profilo giuridico ma anche naturalistico-fenomenico. Il fatto storico appropriativo in rapporto alla dichiarazione di fallimento si arricchisce della componente dell’esposizione a pericolo delle ragioni creditorie, connotato distintivo della condotta non solo sotto il profilo giuridico ma anche dal punto di vista fenomenico.
La Suprema Corte evidenzia, inoltre, che quanto al rapporto tra reato di appropriazione indebita e quello di bancarotta distrattiva è stata più volte affermata in giurisprudenza la sostanziale diversità strutturale. Nello specifico, i giudici di legittimità hanno ribadito che il reato di bancarotta fraudolenta integra una figura di reato complesso ex art. 84 c.p. rispetto a quello di appropriazione indebita, con assorbimento di quest’ultimo in quello di bancarotta, sicché gli stessi fatti, già contestati ex art. 646 c.p., possono essere ricondotti, dopo la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, alla fattispecie di bancarotta.
Pertanto, la sentenza dichiarativa di fallimento quale evento fenomenico modificativo della realtà comporta che il fatto oggetto del giudizio relativo alla condotta distrattiva non abbia corrispondenza storico-naturalistica con quello appropriativo giudicato con la sentenza di non luogo a procedere, dunque rispetto a esso non opera il divieto di bis in idem.