Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Bancarotta fraudolenta documentale e occultamento delle scritture contabili

Cass. pen., Sez. V, 20 dicembre 2024, sentenza n. 47284

LE MASSIME
“L’amministratore di una società di capitali (o di società a responsabilità limitata) è tenuto a garantire la corretta tenuta delle scritture contabili, anche qualora deleghi tale compito a tecnici o collaboratori esterni. In caso di fallimento della società, l’amministratore risponde penalmente per l’attività o le omissioni delle persone da lui incaricate, essendo responsabile dell’attuazione dell’obbligo di tenuta regolare delle scritture contabili prescritto dagli artt. 2214 e 2478 cod. civ.”


“L’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), L. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture.”

IL CASO
I fatti di causa riguardano una condanna, a esito di rito abbreviato e confermata in appello, per bancarotta fraudolenta propria (punita ex art. 216, co. 1, nn. 1 e 2, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, c.d. Legge fallimentare, applicabile ratione temporis) e impropria (ai sensi dell’art. 223, co. 2, n. 1, L. fall.).
Secondo la ricostruzione proposta dall’accusa, l’imputato, nella sua qualità di socio maggioritario, amministratore unico e presidente del consiglio di amministrazione, avrebbe sottratto la somma complessiva di 694.259,05 € attraverso bonifici e assegni non giustificati, eseguiti dal conto corrente della società, al fine di recare pregiudizio ai creditori. Inoltre, avrebbe omesso di consegnare al curatore fallimentare libri e scritture contabili, impedendo la ricostruzione dello stato patrimoniale e dei movimenti di denaro.
In sede di ricorso per cassazione, la difesa, nel primo di tre motivi di impugnazione, lamenta l’inosservanza o erronea applicazione delle norme sulla bancarotta documentale – in specie gli artt. 216, co. 1, n. 2 e 223, co. 2, n. 1, L. fall. – nonché difetto o manifesta illogicità della motivazione resa in ordine all’elemento oggettivo e soggettivo del reato, che ha condotto alla qualificazione dei fatti in bancarotta fraudolenta e non alla più corretta fattispecie di bancarotta semplice.
Quanto all’ascritta bancarotta documentale, la difesa aveva evidenziato in sede di appello l’avvenuta delega a tecnici esterni della tenuta delle scritture contabili.
Secondo la Corte territoriale, tuttavia, tale circostanza non elide la responsabilità penale dell’imputato. Egli è comunque gravato dell’obbligo di vigilare su tali operazioni ai sensi degli artt. 2214 e 2478 c.c. e risponde di bancarotta documentale generica nel caso in cui l’irregolare tenuta delle scritture abbia di fatto reso impossibile ricostruire le vicende economiche che hanno condotto al dissesto della società.
Su altro piano, è punibile per bancarotta documentale specifica se l’omessa tenuta delle scritture contabili, intesa come mancata consegna ai soggetti accertatori, sia diretta a celare le azioni distrattive compiute sul patrimonio e a pregiudicare i creditori.

LE QUESTIONI
La Corte di cassazione è chiamata ad accertare se possa configurarsi bancarotta documentale, per irregolare tenuta dei libri e delle scritture contabili, in capo all’imprenditore che abbia delegato l’attività di cura e conservazione di tali documenti a un tecnico, dipendente dell’azienda o libero professionista.
In secondo luogo, esamina i rapporti tra le figure di bancarotta fraudolenta documentale di tipo generico e specifico e sulla possibilità di sussumere una stessa condotta in entrambe le fattispecie.

LA SOLUZIONE
La Corte di cassazione accoglie il ricorso limitatamente al primo motivo, con riferimento al percorso argomentativo seguito dal giudice di appello per la qualificazione giuridica dei fatti.
In via preliminare, richiama alcuni fondamenti in tema di bancarotta fraudolenta documentale, punita al comma 1, n. 2 dell’art. 216 L. fall., che si distingue in bancarotta documentale generica e specifica.
Nel primo caso, la contabilità è stata tenuta in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita. È richiesto il dolo generico, ossia la consapevolezza nell’agente che le modalità irregolari di conservazione documentale potranno ostacolare gli accertamenti sulle vicende patrimoniali, non essendo, per contro, necessario che la condotta sia preordinata a ciò.
L’eventuale affidamento tramite delega della tenuta della documentazione contabile non esclude la colpevolezza del delegante. Il Codice civile, agli artt. 2214 e 2241, pone espressamente a carico dell’imprenditore commerciale l’obbligo di regolare tenuta di libri e scritture contabili, esteso anche all’amministratore di società a responsabilità limitata ex art. 2478 c.c. Ne consegue che il titolare può avvalersi dell’opera di un tecnico, ma risponde comunque dell’operato di questo.
La seconda fattispecie sanziona la sottrazione, distruzione o falsificazione, totale o parziale di libri o altre scritture contabili e richiede il dolo specifico, consistente nel fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o un pregiudizio ai creditori. Un orientamento consolidato parifica sia l’occultamento che l’omessa tenuta dei documenti alla “sottrazione” di cui all’art. 216, poiché celare o non conservare ab origine qualcosa equivale a sottrarlo alla disponibilità altrui.
Tra le descritte figure sussiste una relazione di reciproca esclusione, in virtù della quale non possono cumularsi per i medesimi fatti ipotesi di bancarotta documentale generica e specifica, in quanto la prima implica il rinvenimento da parte degli organi fallimentari di detta documentazione, irregolarmente tenuta, mentre la seconda, soprattutto quando si verifica per “sottrazione”, ne presuppone l’inesistenza o l’irreperibilità.
Sebbene la giurisprudenza ammetta la contestazione alternativa delle due fattispecie, tale rapporto ne impedisce l’addebito congiunto per la stessa condotta.
La Corte di appello non solo non ha espressamente scelto una delle due ipotesi ricostruttive, ma, in modo contraddittorio, ha ritenuto integrate entrambe le fattispecie.
La sussistenza della bancarotta specifica è stata affermata sulla base della mancata consegna di libri e scritture alla curatela fallimentare e dell’assenza di prova dell’avvenuto passaggio della documentazione al successore dell’imputato nel consiglio di amministrazione. In parallelo, ha comunque configurato la bancarotta generica per irregolare tenuta delle scritture, argomentando sul disinteresse dell’imputato per gli obblighi civilistici di garanzia e controllo, di cui agli artt. 2214 e 2241 e 2478 c.c. e sulla consapevolezza degli effetti dannosi per la controparte creditoria.
La motivazione c.d. “perplessa”, intesa quale percorso argomentativo che non chiarisce i fatti posti a fondamento del convincimento del giudice, ricorre allorquando due o più alternative prospettate per la qualificazione delle vicende in causa non siano risolte, sicché persistono incertezze sulla soluzione accolta.
Tale vizio giustifica l’annullamento parziale della sentenza, con riferimento alle statuizioni sulla sussistenza della bancarotta documentale, con rinvio al Giudice di merito.