Atti persecutori commessi in presenza o in danno di un minore

Cass. pen., Sez. VI, 19 maggio 2025, sentenza n. 18771
LA MASSIMA
“L’aggravante del fatto commesso in presenza o in danno di un minore di cui all’art. 61 comma primo n. 11-quinquies c.p. non è applicabile al reato di atti persecutori, sia in quanto prevista solo per i delitti non colposi contro la vita e l’incolumità personale e contro la libertà personale, tra i quali non rientra il reato di cui all’art. 612-bis c.p., sia per l’esistenza della specifica circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 612-bis comma terzo c.p., che richiede non già la sola presenza, ma che la condotta sia rivolta a danno del minore.”
IL CASO
L’imputato è stato condannato in primo grado per i reati di maltrattamenti contro familiari e conviventi di cui all’art. 572-bis c.p. e di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570 c.p.
In particolare, il reo ha perpetrato nei confronti della convivente condotte maltrattanti che si sono sostanziate in parole lesive della sua dignità, in minacce e, infine, in atti di costrizione che hanno reso la sua quotidianità sofferente, dolorosa ed intollerabile.
Inoltre, il soggetto è stato autore della violazione di obblighi familiari riguardanti l’esercizio della sua responsabilità genitoriale, in quanto inadempiente degli obblighi di cura, istruzione e assistenza morale nei confronti dei suoi figli minori di età.
La Corte d’appello ha riformato la sentenza del Tribunale e riqualificato la fattispecie di maltrattamenti contro familiari e conviventi in atti persecutori aggravati dalla presenza di uno dei minori alle minacce subite dalla persona offesa, per cui ha rideterminato il trattamento sanzionatorio inflitto all’imputato.
L’imputato, mediante il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza per vizio di motivazione.
In particolare, con l’unico motivo di ricorso egli ha contestato la determinazione del trattamento sanzionatorio e, soprattutto, l’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61 comma primo n. 11-quinquies c.p., in quanto le condotte sono state realizzate alla presenza di un minore troppo piccolo di età di cui non è stato, peraltro, il condizionamento psico-fisico.
LA QUESTIONE
La questione, quindi, ruota intorno all’applicabilità della circostanza aggravante comune descritta dall’art. 61 comma primo n. 11-quinquies c.p. anche al delitto di atti persecutori.
L’aggravante si configura nel momento in cui uno dei delitti dolosi contro la vita e l’incolumità individuale, nonché contro la libertà personale sia stato commesso in presenza o in danno di persona di minore degli anni diciotto.
Dunque, la giurisprudenza di legittimità è stata chiamata ad interrogarsi se il delitto di atti persecutori rientri in una di queste categorie di delitti suindicate e se nel sistema non sia già prevista per il delitto c.d. di stalking una circostanza aggravante di natura speciale diretta a tutelare i minori vittime di questa fattispecie criminosa.
LA SOLUZIONE
La V sezione penale della Corte di cassazione con la decisione de qua ha parzialmente accolto il ricorso, in quanto ha dichiarato la fondatezza del motivo di ricorso limitatamente all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61 comma primo n. 11-quinquies c.p.
Nello specifico, gli Ermellini hanno escluso la possibilità di applicare al delitto di atti persecutori la circostanza aggravante in questione, in quanto il delitto di cui all’art. 612-bis c.p. non rientra nella categoria dei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità personale e contro la libertà personale.
Infatti, il delitto c.d. di stalking annoverato dal legislatore tra i delitti contro la libertà morale collocati sistematicamente nella III sezione del Titolo XII del codice penale.
Tra l’altro, per il delitto di atti persecutori l’ordinamento già prevede una circostanza aggravante ad effetto speciale nell’art. 612-bis comma terzo c.p. che richiede, però, non solo la presenza del minore, ma anche che la condotta sia stata perpetrata a danno del minore stesso, per cui quest’ultima non può essere riconosciuta nel caso di specie.
Dunque, i Giudizi di Piazza Cavour hanno annullato la sentenza impugnata con eliminazione della circostanza aggravante comune di cui all’art. 61 comma primo n. 11-quinques c.p. ed hanno rimesso al giudice di merito, ossia a un’altra sezione della Corte d’appello, esclusivamente la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
A cura di Francesco Trimboli