Attenuante della provocazione e fatto ingiusto erroneamente attribuito alla persona offesa

Cass. pen., Sez. V, 10 dicembre 2024, sentenza n. 45289
LA MASSIMA
“Non è configurabile la circostanza attenuante della provocazione, di cui all’art. 62, n. 2, cod. pen., nel caso in cui la condotta criminosa venga posta in essere quale reazione a un fatto ingiusto erroneamente attribuito alla vittima, atteso che, in tal caso, trova applicazione la disciplina prevista dall’art. 59, comma terzo, cod. pen., secondo cui se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui”.
IL CASO
Un cittadino ha tentato di salire su un mezzo pubblico in compagnia del proprio cane di grossa taglia, nella specie un pitbull, privo di museruola, nonostante l’immediata opposizione del conducente.
Quest’ultimo ha informato l’uomo che il regolamento di viaggio consente di portare i propri cani sugli autobus solo se muniti di guinzaglio e apposita museruola.
In risposta al conducente, l’uomo, mostrando aggressività verbale, ha affermato che se non fosse potuto salire col cane sul bus, quest’ultimo non sarebbe potuto partire.
Il conducente, dunque, si è trovato obbligato a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine.
LA QUESTIONE
La Corte di Cassazione è stata chiamata a meglio delineare la natura del reato di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.) ed a valutare l’applicabilità dell’attenuante generica della provocazione in relazione al caso in esame.
LA SOLUZIONE
La Cassazione, in relazione alla sussistenza dell’attenuante della provocazione, afferma che, nel caso concreto, la natura provocatoria della condotta dell’autista del bus è stata correttamente esclusa dalla Corte di Appello, in quanto il conducente aveva l’obbligo di rispettare e far rispettare il regolamento di viaggio.
La Corte prosegue affermando che “ai fini della integrazione del “fatto ingiusto altrui”, costitutivo dell’attenuante della provocazione, è necessario che esso rivesta carattere di ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche – fra le quali va annoverato anche il regolamento di viaggio, nel caso in esame non violato –
nonché regole morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non valutate con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale”.
I legali dell’uomo, hanno contestato che il regolamento di viaggio non fosse visibile, dal che sarebbe derivato l’errore dell’imputato di aver interpretato il rifiuto dell’autista come atto arbitrario ed irragionevole discriminazione contro l’animale.
La Cassazione afferma che trova applicazione l’art. 59, comma 3, cod. pen. che rileva che «se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze […] attenuanti, queste non sono valutate […] a favore di lui».
In sostanza, risultano irrilevanti le circostanze attenuanti putative, in quanto l’attenuante può essere riconosciuta solamente se realmente esistente e non perché erroneamente ritenuta dall’agente.
Infine, in relazione al reato di interruzione di pubblico servizio, i Giudici di legittimità sottolineano la gravità della condotta del padrone del cane, in relazione a due elementi: la durata (quarantacinque minuti) dell’interruzione del servizio pubblico e il fatto che essa fu caratterizzata da espressioni ingiuriose e minacciose, rivolte all’indirizzo del conducente.