Associazione con finalità di terrorismo e requisiti della partecipazione

Cass. pen., Sez. I, 20 maggio 2025, sentenza n. 18822
LA MASSIMA
“Ai fini della configurabilità del delitto di partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale, di cui all’art. 270-bis c.p., è sufficiente, in presenza di una struttura organizzata, che la condotta di adesione ideologica del soggetto si sostanzi in seri propositi criminali volti a realizzare una delle finalità associative, senza che sia necessario l’inizio della materiale esecuzione del programma criminale.”
IL CASO
La pronuncia in commento trae origine dall’impugnazione proposta avverso una sentenza d’appello che aveva riconosciuto tutti gli imputati, eccetto uno, responsabili del reato di cui all’art. 270-bis, co. 2, c.p.
I ricorrenti hanno contestato, in primo luogo, una confusione di ordine concettuale tra, un lato, l’affermata sussistenza di una cellula terroristica in Italia facente capo ad un gruppo con sede all’estero e, dall’altro lato, la pure richiamata presenza sul territorio nazionale di una cellula autonoma dell’organizzazione stessa, collegata ad altre operanti in diversi stati europei.
In secondo luogo, i ricorsi si sono appuntati sull’asserito difetto di motivazione circa l’esistenza dell’organizzazione e la sua natura terroristica.
Infine, è stata contestata l’asserita carenza motivazionale sulle singole condotte di partecipazione.
LA QUESTIONE
La Corte di cassazione è stata chiamata a soffermarsi, per un verso, sulla configurabilità di un’associazione con finalità di terrorismo, anche dal punto di vista del rapporto “cellula” – “casa madre” e del rispetto dei principi di materialità e offensività; per altro verso, sugli elementi da cui poter ricavare la sussistenza di una condotta partecipativa in associazioni di tale natura.
LA SOLUZIONE
La Suprema Corte ha respinto i ricorsi, con un percorso argomentativo che può essere riassunto come segue.
La Corte ha chiarito, in primo luogo, che, dalla sentenza impugnata, emerge come l’organizzazione terroristica fosse composta non già da una casa-madre estera e da cellule nazionali dipendenti dalla prima, bensì da formazioni autonome, tra loro collegate, sviluppatesi in diversi stati europei.
In secondo luogo, la Corte ha precisato che i giudici d’appello hanno correttamente elencato le evidenze comprovanti la nascita e il radicamento della “cellula” italiana. In particolare, sono stati valorizzati: la pronta adesione ad un atto terroristico avvenuto all’estero, la diffusione di video e immagini esibenti armi di vario genere con la “minaccia” del loro prossimo utilizzo contro la blasfemia ai danni della religione islamica, l’esistenza di un profilo social del gruppo, le riunioni, la ricerca di una “tana” e l’attribuzione di qualifiche apicali a determinati soggetti della compagine. La Corte ha confermato che tutti questi elementi comprovano non già la commissione di atti di proselitismo, bensì l’elaborazione di un progetto criminale estremamente pericoloso, stante il numero elevato dei concorrenti, la disponibilità di armi e il ricorso a mezzi informatici.
In terzo luogo, i giudici di legittimità hanno respinto anche le censure sull’asserita mancanza di motivazione circa la natura terroristica della “cellula” nazionale come sopra intesa. Invero, secondo la Corte, considerando che il reato in questione è di pericolo, non rileva il fatto che vi sia stato un unico atto di attentato (peraltro commesso all’estero) riconducibile al gruppo inteso nel suo complesso come insieme delle varie “cellule”, ma rileva la circostanza che sia presente una struttura diretta ad attuare un programma criminoso, con la conseguenza di creare panico, terrore e insicurezza nella collettività.
Infine, la Corte si è soffermata sulla condotta partecipativa dei vari imputati. Al riguardo ha chiarito che per aversi partecipazione in un’associazione con finalità di terrorismo è sufficiente che la condotta di adesione ideologica si sostanzi in seri propositi criminali, volti alla realizzazione di una delle finalità associative, senza che occorra l’inizio della materiale esecuzione del programma criminale. Ancora, la Suprema Corte ha precisato che, allorquando l’associazione abbia una struttura frammentata e articolata in più cellule, la partecipazione può essere desunta anche da condotte concrete sintomatiche della condivisione ideologica delle finalità dell’associazione, in cui si sostanzia la messa a disposizione del singolo verso il gruppo. A riprova dell’affiliazione e dell’intraneità dei singoli imputati, la Corte ha descritto la posizione di ciascun ricorrente valorizzando plurimi elementi. Tra questi i più significativi sono: la condotta di aver creato la chat del gruppo, la registrazione di video con armi e frasi evocative di violenza, la conoscenza e il legame reciproco con gli altri correi, la pubblicazione di video apologetici dell’attentato terroristico avvenuto all’estero, la partecipazione alle riunioni del gruppo e lo scambio di messaggi tra i soggetti coinvolti nell’associazione.
Occupandosi della posizione di un singolo imputato, la Corte ha anche chiarito che, a differenza dell’art. 270-bis c.p., che configura un reato di pericolo presunto, la norma di cui all’art. 414 c.p. prevede una fattispecie di pericolo concreto e richiede quindi che la condotta sia concretamente idonea, in base ad un giudizio ex ante, a provocare la commissione di delitti.
A cura di Sara Cattazzo