Concorso morale nella resistenza a pubblico ufficiale

Cass. pen., Sez. VI, 25 settembre 2025, sentenza n. 31913
LA MASSIMA
In tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l’elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che, per sfuggire all’intervento delle forze dell’ordine, si dia alla fuga alla guida di un’autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida pericolosa, l’incolumità personale degli altri utenti della strada. Si ritiene, inoltre, che integri il concorso morale nel delitto di cui all’art. 337 c.p. la condotta di chi, assistendo a una resistenza attiva posta in essere con violenza da altra persona nei confronti di pubblici ufficiali, rafforzi l’altrui azione offensiva o ne aggravi gli effetti. Con riferimento alla fattispecie concreta di fuga a bordo di una vettura, risponde, quindi, del reato anche il passeggero che, avendo manifestato la volontà di sfuggire alla cattura, ha accettato in tale modo di condividere ogni possibilità̀ offerta dalla vettura stessa in quanto idonea a riuscire nell’intento.
IL CASO
Il Tribunale di prime cure ha assolto l’imputato dal delitto di resistenza a pubblico ufficiale, rilevando che la condotta da lui tenuta integrava una mera resistenza passiva. Lo stesso, infatti, non era stato l’autore delle manovre che avevano messo in pericolo l’incolumità degli operanti e degli altri utenti della strada; queste ultime erano state poste in essere dal conducente dell’autovettura a bordo della quale si trovava. Il Procuratore della Repubblica ha, quindi, proposto ricorso per cassazione, in ragione dalla condotta complessivamente tenuta dall’imputato, da cui emergerebbe la sua responsabilità a titolo di concorso morale nel delitto.
LA QUESTIONE
La questione sottoposta all’esame della Suprema Corte riguarda la configurabilità del concorso morale nel delitto di resistenza a pubblico ufficiale in capo al passeggero di un’autovettura utilizzata per la fuga, quando questi non compia materialmente atti di violenza o messa in pericolo, ma manifesti la volontà di condividere il progetto criminoso di sottrarsi al controllo delle forze dell’ordine. In altre parole, la Corte è chiamata a valutare se la condotta complessivamente tenuta possa o meno essere interpretata come condivisione del comune progetto di sottrarsi al controllo.
LA SOLUZIONE
La Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di assoluzione e disponendo il rinvio al Tribunale di merito per nuovo giudizio. Invero, la Corte, richiamando i precedenti in materia, ha chiarito che il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi ivi consolidati, segmentando erroneamente la condotta dell’imputato, valutandola solo parzialmente.
Nello specifico, in relazione all’elemento materiale della violenza nel delitto di resistenza a pubblico ufficiale, la Suprema Corte richiama le proprie pronunce ribadendo come lo stesso sia integrato dalla condotta del soggetto che si dia alla fuga alla guida di un’autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo l’incolumità degli altri utenti della strada, tramite la propria guida pericolosa.
Quanto, invece, al concorso morale, la Corte ha precisato come la condotta di chi, assistendo a una resistenza attiva posta in essere con violenza da altra persona nei confronti di pubblici ufficiali ne rafforzi l’altrui azione offensiva o ne aggravi gli effetti, sia idonea ad integrare tale forma di partecipazione criminosa.
Effettuati i richiami ai propri precedenti, la Corte entra poi nel caso di specie.
Nel caso specifico della fuga a bordo di una vettura, la Suprema Corte richiama una giurisprudenza risalente ma puntuale, evidenziando come risponda del reato non solo l’autista, ma anche il passeggero che, avendo manifestato la volontà di sfuggire alla cattura, accetti la possibilità di fuggire con la vettura, proprio perché idonea a riuscire nell’intento di non farsi catturare.
La Corte ha, quindi, sottolineato che per la sussistenza del concorso morale è necessario valutare la condotta tenuta dall’imputato nella sua totalità, al fine di stabilire se, in considerazione degli elementi di fatto e del contesto, tale condotta possa essere interpretata come condivisione del comune progetto di sottrarsi al controllo.
Analizzando il comportamento dell’imputato nel suo complesso la Corte di Legittimità giunge a conclusioni differenti rispetto a quelle del Tribunale di merito, il quale ha erroneamente segmentato la condotta, non considerando come l’imputato, sceso precipitosamente dall’auto e dileguatosi a piedi facendo perdere le proprie tracce, aveva invero contribuito al progetto criminoso comune, mentre un altro passeggero puntava una pistola contro l’agente in avvicinamento, consentendo così al conducente di riprendere la fuga con manovra spregiudicata.
In conclusione, la pronuncia conferma l’orientamento secondo cui la responsabilità per concorso morale nel delitto di resistenza a pubblico ufficiale può configurarsi anche in assenza di una partecipazione materiale diretta agli atti di violenza, quando sia dimostrata la condivisione del progetto criminoso attraverso comportamenti concludenti che rafforzino l’azione delittuosa principale.
Nota a cura di Giacomo Migliarini