Estorsione cd. ambientale: rileva la modalità in sé della richiesta

Cass. pen., Sez. VI, 28 agosto 2025, sentenza n. 29926.
LA MASSIMA
“In tema di estorsione cosiddetta ambientale, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non richiede necessariamente che la vittima conosca l’estorsore ed il clan di appartenenza del medesimo, rilevando soltanto le modalità in sé della richiesta estorsiva che, pur formalmente priva di contenuto minatorio esplicito, ben può manifestare un’energica carica intimidatoria, percepita dalla vittima stessa, alla luce della sottoposizione del territorio in cui detta richiesta è formulata all’influsso di notorie consorterie mafiose”.
IL CASO
Il Tribunale del Riesame, decidendo quale giudice del rinvio, confermava l’ordinanza emessa dal G.i.p. in applicazione della misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di estorsione aggravata ex art. 416-bis 1 c.p.
Nell’impugnare l’ordinanza, il ricorrente deduceva, tra i motivi ivi addotti, violazione di legge nonché mancanza e illogicità della motivazione per la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione agli addebiti di estorsione aggravata dal metodo mafioso per carenza di elementi idonei a rilevare la sussistenza di una condotta costrittiva ai danni delle persone offese.
Il ricorrente lamentava che la vessazione avrebbe dovuto trovare una estrinsecazione valevole a disegnare in capo all’indagato i tratti di mafiosità nella sua azione, che potessero assimilarla ad una delle articolazioni proprie alle aggravanti ascritte.
Aggiungeva, inoltre, che nell’ordinanza il giudice non aveva individuato in quale fase della condotta lesiva l’indagato fosse intervenuto, ricomprendendo lo stesso genericamente nel disegnato quadro dei prevaricatori mafiosi.
Lo stesso adduceva, infine, di essere incensurato e di non aver mai preso parte ad alcuna associazione mafiosa, non avendo mai posto in essere alcuna intimidazione o richiesta anomala.
LA QUESTIONE
Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguarda se, in tema di estorsione cd. ambientale, ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è necessario che la vittima conosca l’estorsore ed il clan di appartenenza del medesimo.
LA SOLUZIONE
La Corte ha ritenuto il motivo suesposto infondato.
Osserva preliminarmente come la difesa fosse stata incentrata sull’assenza di condotte intimidatorie, descrivendo gli atteggiamenti dell’imputato come “remissivi” durante i dialoghi intercettati con i proprietari dei fondi, vittime del reato, ai fini degli accordi sulla concessione dei terreni.
Tuttavia, rileva la Corte, tali ricostruzioni risultano aspecifiche rispetto alle ricostruzioni fatte dalle vittime, le quali hanno ben esposto la loro rassegnazione nell’evitare di esercitare una libera attività imprenditoriale, condizione che i giudici di legittimità ritengono già idonea ad integrare il reato nella forma cd. dell’estorsione ambientale.
Invero, ricorda il Supremo Consesso come in tema di estorsione cd. ambientale, non è necessario che la vittima conosca l’estorsore ed il clan di appartenenza del medesimo, rilevando soltanto le modalità in sé della richiesta estorsiva, che, pur formalmente priva di contenuto minatorio, ben può manifestare un’energica carica intimidatoria – come tale percepita dalla vittima stessa – alla luce della sottoposizione del territorio in cui detta richiesta è formulata all’influsso di notorie consorterie mafiose (Cass. pen., Sez. II, 13 aprile 2017, n. 22976).
La Corte ha dunque ritenuto che, sul punto, il giudice rescindente abbia correttamente operato evidenziando in modo specifico come una richiesta formalmente priva di esplicite minacce, riscontrabile proprio nel caso di specie, esercitata con toni apparentemente rilassati nell’imporre alle persone offese di destinare i terreni a pascolo per il gregge degli imputati, ben può manifestare in realtà un’allarmante carica intimidatoria, chiaramente percepita come tale dalla vittima, alla luce della sottoposizione del territorio in cui la richiesta è formulata all’influsso di notorie consorterie criminali.
Nota a cura di Viviana Guancini