L’amministratore che preleva somme societarie senza fornire un’adeguata giustificazione commette bancarotta per distrazione e non preferenziale

Cass. pen., Sez. V, 7 agosto 2025, sentenza n. 29349
LA MASSIMA
In tema di bancarotta fraudolenta, spetta al giudice di merito verificare se, in assenza di una delibera assembleare o di una quantificazione statutaria del compenso per l’attività svolta, cui ha diritto il soggetto che abbia ritualmente accettato la carica di amministratore di una società di capitali, il prelevamento da parte di quest’ultimo di denaro dalle casse della società in dissesto configuri il delitto di bancarotta preferenziale o, diversamente, quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, a seconda che il diritto al compenso sia correlato o meno a una prestazione effettiva e il prelievo sia o meno congruo rispetto all’impegno profuso.
IL CASO
La Corte di Appello confermava la sentenza pronunciata dal Tribunale che condannava alla pena di giustizia un amministratore di una società a responsabilità limitata dichiarata fallita con sentenza del medesimo Tribunale, per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva di beni della società, mediante l’attribuzione di compensi.
Avverso codesta decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato il quale, tra i motivi ivi addotti, deduceva inosservanza o erronea applicazione di legge e vizi motivazionali, in relazione alla mancata riqualificazione della condotta, al più, in termini di bancarotta preferenziale.
In particolare, sotto il profilo dell’elemento oggettivo, deduceva l’inidoneità della condotta a recare pregiudizio al patrimonio sociale, evidenziando che la sola assenza di delibera dei soci non avrebbe mai potuto integrare condotta distrattiva.
LA QUESTIONE
Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguarda quale tipo di bancarotta commette l’amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione.
LA SOLUZIONE
La Corte ha ritenuto il motivo suesposto infondato. In primo luogo, ha richiamato quell’orientamento secondo il quale commette il reato di bancarotta per distrazione – e non quello di bancarotta preferenziale – l’amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti. È responsabile, pertanto, di bancarotta per distrazione, e non preferenziale, l’amministratore che preleva somme societarie per compensi non giustificati da dati oggettivi e verificabili.
Non è contestato, difatti, che le somme siano state prelevate dall’amministratore in assenza di previsione statutaria o di delibera assembleare, che prevedesse il compenso, stabilendone l’importo, né l’individuazione del prelievo né le ragioni della legittimità di tale prelievo, in quanto indebito prelevamento di una somma, in contanti, a titolo di compenso, in epoca di grave dissesto della società.
Rispetto a tale condotta, la Corte di appello, con motivazione ritenuta corretta ed immune da vizi e censure, richiamando per relationem la sentenza del Tribunale, ha specificato le ragioni per le quali il prelevamento, in contanti, di somme dalle casse della società, a titolo di compenso, non poteva essere ritenuto legittimo, in quanto non supportato da alcuna delibera assembleare, che fondasse il relativo diritto e rendesse liquidi e esigibili i crediti, nonché in quanto effettuato con modalità informali, senza seguire la corretta procedura di liquidazione e pagamento, in un momento nel quale la società medesima si trovava in condizione di cronico dissesto.
Più precisamente, è integrato il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione dalla condotta dell’amministratore il quale prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, in quanto la previsione di cui all’art. 2389 c.c. stabilisce che la misura del compenso degli amministratori di società di capitali sia determinata con delibera assembleare perché, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell’”an”, non è determinato anche nel “quantum”.
La Corte di appello ha, dunque, ritenuto indebiti i prelevamenti di denaro dalle casse sociali, in quanto non solo non autorizzati bensì non giustificati da dati ed elementi di confronto, che ne consentano una oggettiva valutazione, e per di più in epoca di grave dissesto della società, tali da integrare la condotta distrattiva contestata e ritenuta dal Tribunale.
La Corte territoriale ha correttamente ritenuto mancante il presupposto della sussistenza di un titolo legittimo di credito, nei confronti della società, per la riqualificazione del reato nella meno grave fattispecie.
Nota a cura di Incoronata Monopoli