Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Il momento di consumazione del reato di appropriazione indebita

Cass. Pen., Sez. II, 18 giugno 2025, sentenza n. 23100

LA MASSIMA

“Il reato istantaneo di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio, da parte di colui che ne era stato amministratore, deve ritenersi consumato non nel momento della revoca dello stesso e della nomina del successore, bensì nel momento in cui l’agente, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si era comportato “uti dominus” rispetto alla res”.

 

IL CASO

L’ipotesi fattuale in relazione alla quale è stata esercitata l’azione penale muove dall’istanza di punizione promossa da alcuni condomini nei confronti dell’amministratore di condominio pro tempore, in ordine al reato di appropriazione indebita.

Il Tribunale emetteva una pronuncia di non doversi procedere, attesa la mancanza di una condizione di procedibilità. Ad avviso del giudice di prime cure, infatti, difettava in capo ai singoli condomini la legittimazione a presentare querela, dovendo la stessa pervenire dal nuovo amministratore in carica, previa delibera assembleare.

Avverso il decisum, proponeva ricorso per Cassazione la pubblica accusa eccependo, quale unica doglianza, la violazione di legge (art. 120 c.p.) nella parte in cui il tribunale aveva disatteso i più recenti approdi ermeneutici di legittimità che annoverano, tra i legittimati a proporre querela nei confronti dell’amministratore di condominio non più in carica, anche i singoli condomini, quali soggetti titolari di un diritto dominicale sulle parti comuni dell’edificio.

 

LA QUESTIONE

La Cassazione torna ad interrogarsi sull’esatta natura del delitto di cui all’art. 646 c.p. e sulla correlata individuazione del momento di consumazione del reato, anche alla luce delle ambiguità delle forme di manifestazione della condotta appropriativa, che rendono non sempre agevole l’identificazione di tale momento.

Le ragioni del costante interesse del giudice delle leggi sul thema decidendum trovano la propria ragion d’essere in quanto la componente temporale del reato rileva sia sotto il profilo dell’individuazione del momento in cui il reato può ritenersi perfezionato e consumato, sia in ordine alla struttura dell’illecito.

 

LA SOLUZIONE

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione – con un’argomentazione più succinta, ma non per questo reticente, anche tenuto conto dell’evidente rinvio ai precedenti sul punto – torna a pronunciarsi in merito all’individuazione della natura della fattispecie incriminatrice di appropriazione indebita, avallandone la qualificazione di reato istantaneo.

Preliminarmente, il collegio di legittimità – atteso il carattere pregiudiziale della declaratoria di estinzione del reato per improcedibilità dell’azione penale rispetto alla constatazione di altre cause di estinzione del reato – prende posizione in merito alla specifica obiezione di parte, e lo fa mostrando di aderire all’orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità che annovera i singoli condomini tra i soggetti legittimati ad agire in via concorrente o eventualmente surrogatoria rispetto all’amministratore di condominio, per i reati commessi in danno del patrimonio comune

Ciò statuito, la Corte conclude che nella vicenda processuale sottoposta al suo scrutinio, in presenza di querela validamente sporta da alcuni condomini, non poteva dichiararsi estinto il reato per difetto di procedibilità.

La seconda parte motiva della sentenza si confronta con la questione di diritto afferente all’esatta natura dell’illecito a fondamento dell’azione penale.

La suprema Corte – con una decisione conforme alla giurisprudenza maggioritaria – ha sconfessato il ragionamento seguito dal giudice di merito, che qualificava la condotta come perdurante, ed affermato che il delitto di cui all’art. 646 c.p. è un reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa realizzata dall’agente, ossia con il compimento di un atto di dominio sulla cosa, accompagnato dalla volontà espressa o implicita di tenerla come propria.

Tale comportamento si verifica per effetto del semplice mutamento del titolo di detenzione in contrasto con il diritto del proprietario, e il reato – istantaneo e di mera condotta – non richiede né la produzione di un effetto ulteriore né la presenza di un elemento aggiuntivo che lo perfezioni.

Per l’astratta punibilità della condotta, quindi, è sufficiente che il soggetto attivo attui un comportamento che oggettivamente ecceda la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo di detenzione, tale da palesare la sua intenzione di trasformare in dominio il possesso fino ad allora goduto.

In adesione alla descritta impostazione ermeneutica, la Corte ha quindi ritenuto, con riferimento al caso di specie, che la consumazione del delitto dovesse essere fissata in un frangente temporale precedente a quello individuato dal Tribunale (il momento della revoca dell’amministratore e la nomina del successore) poiché l’interversione del possesso già appariva pacifica nel momento in cui l’amministratore non più in carica aveva palesato la volontà di trattenere per sé la contabilità detenuta, così negando la restituzione al nuovo amministratore nominato.

Alla luce di tale iter argomentativo, la Cassazione ha dichiarato l’intervenuta prescrizione del reato e, per l’effetto, annullato senza rinvio la sentenza impugnata.

Nota a cura di Maurizio della Ventura (Dottore in giurisprudenza)