Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

La demolizione dell’opera abusiva non estingue il reato edilizio

Cass. pen., Sez. III, 15 maggio 2025, sentenza n. 20071

LA MASSIMA

“In tema di reati edilizi, la mera demolizione dell’opera abusiva non estingue il reato, dal momento che, per questo tipo di reati, la legge prevede distinte e specifiche cause di estinzione, ovvero la sanatoria ex artt. 36 e 36-bis del D.P.R. 380/01 e il condono; la speciale causa di estinzione della spontanea rimessione in pristino, di cui all’art. 181 quinquies, D.lgs. n. 42/2004, trova applicazione, a determinate condizioni, con riguardo ai soli reati paesaggistici”.

IL CASO

Il Tribunale dichiarava non doversi procedere nei confronti di due imputati in relazione ai reati edilizi e paesaggistici loro contestati, ritenendo l’intervenuta estinzione degli stessi per effetto della spontanea rimessione in pristino dell’area oggetto di costruzione abusiva e per l’intervenuta sanatoria delle restanti opere abusive.

Avverso la sentenza presentava ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della Corte di appello, deducendo violazione di legge quanto alla ritenuta estinzione del reato edilizio per rimessione in pristino, attesa l’inapplicabilità allo stesso della causa di estinzione dell’intervenuta demolizione spontanea di cui all’art. 181-quinquies del D.Lgs. 42/04, valevole – a determinate condizioni – solo per il reato paesaggistico.

Inoltre, il Procuratore Generale rilevava comunque l’insussistenza, nel caso di specie, del presupposto di operatività dell’unica causa di estinzione dei reati paesaggistici contestati, ovvero la spontanea rimessione in pristino, avvenuta solo dopo l’adozione del provvedimento amministrativo di ingiunzione della rimessione in pristino.

LA QUESTIONE

La Cassazione è stata chiamata a valutare se, in tema di reati edilizi e paesaggistici, la mera condotta di demolizione dell’opera abusiva di cui all’art. 181-quinquies del D.Lgs. 42/04, può rilevare come causa di estinzione del reato.

In particolare, si è chiesto alla Corte di chiarire se, nel caso di specie, potesse trovare applicazione la disposizione citata e, quindi, se la spontanea rimessione in pristino dello stato dei luoghi interessati dalla realizzazione delle opere abusive, fosse di per sé sola sufficiente a escludere la punibilità delle condotte contestate.

LA SOLUZIONE

La Corte ha ritenuto il ricorso del Procuratore Generale fondato.

Quanto alla estinzione dei reati edilizi e paesaggistici contestati in ragione della relativa demolizione da parte degli imputati, la Cassazione ha chiarito, in via preliminare, che la fattispecie ripristinatoria di cui all’art. 181, comma 1-quinquies del D.Lgs. 42/04, configura una causa estintiva del solo reato paesaggistico.

Pertanto, la mera demolizione dell’opera abusiva non estingue anche il reato edilizio, le cui cause normative di estinzione sono altre ed espressamente previste dalla legge, ovvero la sanatoria, ex artt. 36 e 36-bis del D.P.R. 380/01, e il condono.

Sotto altro ma connesso profilo, quanto al reato paesaggistico, la Corte ha precisato che, in tema di tutela penale del paesaggio, l’art. 181-quinquies del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 definisce una speciale causa estintiva del solo reato paesaggistico, subordinata al fatto che la rimessione in pristino, da parte dell’autore dell’abuso, sia spontanea e non eseguita coattivamente su impulso dell’autorità amministrativa, come avvenuto nel caso di specie.

Invero l’art. 181 quinquies, comma 1-quinquies, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, stabilisce che, “in caso di realizzazione di lavori in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica, il reato può essere estinto se il trasgressore provvede spontaneamente alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa e comunque prima che intervenga la condanna”.

Stante il tenore letterale della norma citata, quanto alla necessaria spontaneità del ripristino, la Corte ha ribadito il principio già affermato dalla giurisprudenza di legittimità per cui, in tema di tutela penale del paesaggio, anche la condanna non irrevocabile preclude l’operatività della causa di estinzione del reato della rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo prevista dall’art. 181, comma 1- quinquies, del D.Lgs. 12 gennaio 2004, n. 42.

Inoltre, ha precisato che la speciale causa estintiva prevista dall’art. 181, comma 1-quinquies, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, richiede generalmente un “quid pluris” rispetto alla mera demolizione delle opere abusive, dal momento che, avendo funzione premiale, opera solo ove sia effettuato il tempestivo recupero dell’area sottoposta a vincolo, idoneo a farle riacquistare il precedente aspetto esteriore e l’originario pregio estetico.

Sulla base di tali rilievi, la Corte ha ritenuto fondato il ricorso del Procuratore Generale, quanto alla insussistente estinzione del reato edilizio commesso mediante la realizzazione di uno dei manufatti oggetto di contestazione, stante l’inapplicabilità allo stesso della speciale causa di estinzione della rimessione in pristino, ma anche del reato paesaggistico, atteso che dalla sentenza di merito risulta che lo stesso sarebbe stato demolito in ottemperanza all’ordinanza del Comune, quindi non spontaneamente, ma successivamente a un impulso dell’autorità.

Per le argomentazioni sopra esposte, in considerazione dell’assenza di una spontanea demolizione di opere abusive secondo legge (art. 181 cit.), i giudici di legittimità hanno ritenuto che a rigore non sussista alcun tipo di sanatoria neppure dei reati paesaggistici prima citati, come tale erroneamente ritenuta esistente dal giudice.

Pertanto, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di merito.

Nota a cura di Valentina Russo (avvocata)