Corte Costituzionale, Diritto Penale, Sentenze

Corte Costituzionale: parziale illegittimità costituzionale dell’art. 63, terzo comma, c.p.

Corte Cost., 27 maggio 2025, sentenza n. 74

 

IL DISPOSITIVO

La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 63, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che «Quando concorrono una circostanza per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o una circostanza ad effetto speciale e la recidiva di cui all’art. 99, primo comma, cod. pen., si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave, ma il giudice può aumentarla».

 IL CASO

L’imputato era accusato dei reati di cui all’art. 612, comma secondo, c.p. in relazione al 339 c.p., e di cui all’art. 4, L. n. 110/1975. Il Pubblico Ministero aveva contestato, altresì, la recidiva semplice prevista dall’art. 99, comma primo, c.p. Non ravvisando i presupposti per l’applicazione delle attenuanti generiche, il giudice, secondo quanto disposto dall’art. 63, comma terzo, c.p., avrebbe dovuto prima operare l’aumento di pena per la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 612, comma secondo, c.p. e poi quello di un terzo per effetto della recidiva semplice.

Il giudice a quo ha dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 63, comma terzo, c.p., poiché tale disposizione, così come formulata, non consente di applicare il criterio moderatore previsto dal comma quarto della stessa norma. Quest’ultimo, infatti, stabilisce che, in presenza di più circostanze aggravanti che prevedono una pena di specie diversa da quella ordinaria o ad effetto speciale, non si applica il cumulo materiale bensì la pena stabilita per la circostanza più grave, con discrezionalità del giudice di aumentarla fino a un terzo. Il rimettente ha sostenuto, dunque, che la norma censurata comporterebbe, paradossalmente, un obbligo per il giudice di applicare l’aumento di pena nella misura di un terzo in caso di contestazione della recidiva semplice, ma non in presenza di recidiva aggravata o pluriaggravata.

In altre parole, secondo il giudice a quo l’obbligo di applicare sempre un aumento fisso di un terzo per la recidiva semplice porterebbe a sproporzioni e ingiustizie, violando i principi di uguaglianza e ragionevolezza tutelati dall’art. 3 della Costituzione, nonché la funzione rieducativa della pena, ai sensi dell’art. 27, comma 3 della Costituzione.

LA QUESTIONE

La questione che si pone è se sia costituzionalmente legittimo l’art. 63, comma terzo c.p., nella parte in cui non prevede che, quando la recidiva semplice concorre con una circostanza aggravante per la quale la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria o con una circostanza aggravante ad effetto speciale, si applichi soltanto la pena prevista per la circostanza più grave, con possibilità per il giudice di aumentarla.

La questione giuridica, più volte posta nel tempo all’attenzione di dottrina e giurisprudenza, ruota essenzialmente attorno alla irragionevolezza e mancata proporzionalità del trattamento sanzionatorio derivante dall’attuale formulazione dell’art. 63, comma terzo, c.p.

LA SOLUZIONE

La Corte costituzionale ha ritenuto fondate le questioni sollevate dal giudice rimettente, precisando come, per quanto le scelte di politica criminale vadano effettuate nelle sedi parlamentari, il legislatore non possa procedere arbitrariamente alla definizione del trattamento sanzionatorio, venendo in rilievo la libertà personale di cui all’art. 13 Cost.

Secondo la Corte Costituzionale è irragionevole, e dunque contrario all’art. 3 Cost., il meccanismo rigido e obbligatorio di aumento della pena previsto per la recidiva semplice, posto che, invece, in ipotesi di recidiva aggravata (qualificabile come circostanza ad effetto speciale) è consentita al giudice una maggiore discrezionalità nella determinazione della pena. Ciò genera trattamenti sanzionatori incoerenti e pene sproporzionate che vanificano la funzione rieducativa sancita dall’art. 27 Cost., poiché una pena determinata meccanicamente e non individualizzata potrebbe essere percepita come ingiusta dal condannato e dalla collettività.

A seguito di tale pronuncia di parziale illegittimità costituzionale, pertanto, il giudice potrà applicare solo la pena prevista per la circostanza più grave e decidere se aumentarla e in quale misura, entro un limite massimo. Si estende, dunque, il criterio moderatore previsto dall’art. 63, comma quarto, c.p. anche ai casi in cui la recidiva semplice concorra con un’aggravante cd. autonoma o ad effetto speciale (art. 63, comma terzo, c.p.), ripristinando un equilibrio, prima alterato, del dato normativo.

Nota a cura di Maria Teresa Beninato