L’intestazione di beni nel reato di riciclaggio

Cass. pen., Sez. II, 18 maggio 2025, sentenza n. 19876
LA MASSIMA
“Commette il delitto di riciclaggio anche colui che accetta di essere indicato come intestatario di beni che, nella realtà, appartengono a terzi e sono frutto di attività delittuosa, in quanto detta condotta, pur non concretizzandosi nel compimento di atti dispositivi, è comunque idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza illecita di essi”.
IL CASO
La vicenda in esame trae origine dal ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale territoriale, aveva dichiarato penalmente responsabile per il reato di riciclaggio uno degli imputati per il quale era stata dichiarata l’assoluzione dal giudice di prime cure.
Avverso la decisione proponevano ricorso per Cassazione i difensori, deducendo per il ricorrente condannato nel giudizio d’appello:
-il vizio di legge e il vizio di motivazione in relazione all’accertamento della responsabilità penale intervenuta in violazione della regola “oltre ogni ragionevole dubbio”;
-l’inosservanza da parte della Corte d’Appello dei principi che presidiano il ribaltamento di una sentenza assolutoria, in particolare l’assenza di una c.d. “motivazione rafforzata” e la mancata rinnovazione, anche d’ufficio, dell’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni decisive per l’accertamento dei fatti del processo.
-il vizio di motivazione per non avere la Corte d’Appello fornito adeguata risposta alle doglianze difensive in relazione alla compartecipazione dell’imputata al delitto di riciclaggio.
LA QUESTIONE
Nel solco della prospettiva dinnanzi illustrata, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sui motivi proposti in ricorso, tra i quali quello relativo alla “motivazione rafforzata” che impone al giudice di secondo grado di esplicitare il salto logico-giuridico che giustifica la condanna in appello in luogo di una sentenza assolutoria emessa dal giudice di primo grado.
La Suprema Corte ha confermato la conformità ai principi previsti dalla legge, dalla Carta costituzionale e dalla Cedu dell’obbligo motivazionale seguito dalla Corte d’Appello.
Merita osservare che i giudici d’appello, attraverso un vaglio critico della pregressa decisione assolutoria, hanno dato atto delle ragioni per cui gli elementi indicati nella decisione hanno assunto una valenza dimostrativa diversa da quella prospettata in primo grado, accertando la responsabilità a carico dell’imputata per il reato di riciclaggio.
A fronte di tale valutazione, la Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso in relazione ai motivi di gravame proposti ed ha confermato la sentenza impugnata.
LA SOLUZIONE
La Suprema Corte ha rammentato che, dalla lettura della regola processuale sulla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale di cui all’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. come modificato dall’art. 34, comma 1, lett. i), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore a far data dal 30 dicembre 2022, emerge che i commi 1 e 3 della norma in esame consentono al giudice la possibilità di disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, anche d’ufficio se ritenuta assolutamente necessaria.
Tale regola non subisce eccezioni nel caso in cui il giudizio di primo grado sia svolto con rito abbreviato; tuttavia, la Corte ha preso atto che nel caso di specie la scelta di non procedere alla rinnovazione delle prove dichiarative deriva dalla valutata assenza del presupposto normativo, ovvero l’assoluta necessità per l’accertamento dei fatti.
Tanto precisato in via preliminare, la Corte d’Appello attraverso una rilettura delle risultanze probatorie, ha dato atto delle ragioni per cui ha ritenuto di superare il ragionevole dubbio posto dal giudice assolutorio, assicurando una coerenza logica e razionale nella nuova valutazione della prova.
Appare opportuno precisare che, sulla scorta della giurisprudenza richiamata dalla Corte d’appello, commette il delitto di riciclaggio anche colui che accetta di essere indicato come intestatario di beni che, nella realtà, appartengono a terzi e sono frutto di attività delittuosa, in quanto detta condotta, pur non concretizzandosi nel compimento di atti dispositivi, è comunque idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza illecita di essi.
Quanto detto costituisce premessa essenziale che ha consentito alla Corte di illustrare gli elementi idonei a confutare quanto osservato dal giudice dell’udienza preliminare.
In particolare, il giudice di secondo grado, raggiunta la prova oltre ogni ragionevole dubbio della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 648-bis c.p., ovvero che la coscienza e la volontà di mettere in pericolo l’identificabilità della provenienza illecita del bene sia stata la causa della decisione di acquisto del mezzo da parte dell’imputata, ha richiamato a fondamento dell’imputazione soggettiva la circostanza che l’imputata abbia effettuato l’acquisto di un mezzo senza mai vederlo; che tale mezzo non sia mai fuoriuscito dall’effettiva disponibilità dell’altro correo; che non risultano elementi a conforto dell’esistenza tra i due imputati di un accordo riconducibile ad un contratto di affitto del mezzo in questione.
A ciò si aggiunge che non è stato sciolto il dubbio sulla circostanza che le società dei due imputati fossero realmente distinte.
Alla stregua di quanto rilevato, a parere della Suprema Corte, le differenti valutazioni di merito seguite dai giudici d’appello sono idonee ad assolvere l’obbligo di motivazione rafforzata che incombe sul giudice di secondo grado nel caso di ribaltamento di una sentenza assolutoria.
Ne consegue che, a parere della Corte di Cassazione, non sussistono elementi per ritenere viziata o carente la motivazione adottata sul punto dalla Corte d’Appello che risulta quindi aver fornito adeguata risposta alle doglianze difensive sul punto.
Da quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione nel dichiarare immeritevoli di accoglimento i motivi del ricorso, ha confermato la sentenza impugnata.
Nota a cura di Junia Valeria Massa