Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Aggravante del mezzo fraudolento e tentativo di furto

Cass. pen., Sez. V, 8 gennaio 2025, sentenza n. 633

LA MASSIMA
“Nel reato di furto l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità.”

IL CASO
La vicenda in esame trae origine da un ricorso per Cassazione, articolato in cinque motivi di impugnazione, presentato dagli imputati, avverso una sentenza della Corte d’appello territoriale, che aveva confermato la colpevolezza degli stessi per il delitto di tentato furto pluriaggravato in supermercato.
Con il secondo motivo, in particolare, i ricorrenti deducevano l’inosservanza ovvero l’erronea applicazione dell’art. 625, n. 2, c.p. e vizio di motivazione rispetto alla circostanza aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, ponendo in rilievo che lo stratagemma utilizzato non era di idoneità e scaltrezza tale da sorprendere la contraria volontà del detentore e vanificare le misure da questi apprestate a difesa dei beni di cui ha la disponibilità.

LA QUESTIONE
La Suprema Corte è stata chiamata ad evidenziare le caratteristiche che la condotta deve presentare ai fini dell’integrazione dell’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, nel delitto di furto.

LA SOLUZIONE
La Corte di Cassazione dichiarava, in specie, infondato il secondo motivo.
Le Sezioni Unite, infatti, nella sentenza “Sciuscio” (Cass. Sez. Un., 18 luglio 2013, n. 40354), hanno chiarito che, nel delitto di furto, l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità.
Nella fattispecie in esame era stata dunque ritenuta congruamente integrata, in forza del richiamato principio, la predetta circostanza aggravante in quanto gli imputati, fingendo di non conoscersi, avevano escogitato uno stratagemma, consistente nel far recare l’uno alla cassa per pagare un pezzo di pane, in modo da consentire, sorprendendo il cassiere, l’apertura della porta e consentire, nel mentre, all’altro, che aveva riempito un carrello con merce superiore al valore di 350,00 euro, di uscire indisturbato dal supermercato, azione che non si è conclusa solo per effetto dell’intervento dell’addetto alla vigilanza.
Sicché la circostanza aggravante era stata ritenuta sussistente in coerenza con la ratio della stessa, costituita, tra l’altro, dall’esigenza di tutelare la fiducia del detentore nell’inviolabilità dei passaggi non naturali.
Né vale ad escludere l’integrazione della circostanza aggravante in questione l’essersi il delitto fermato alla soglia del tentativo, poiché il fatto non si è consumato in quanto era tempestivamente accorso il vigilante dell’esercizio commerciale.
A riguardo, vale ricordare che, da tempo risalente, la giurisprudenza di legittimità, con un principio mai disatteso, ha affermato che la valutazione dell’idoneità del mezzo fraudolento per l’integrazione della circostanza aggravante deve essere operata ex ante, a prescindere dal fatto che l’uso del mezzo stesso sia andato a buon fine (Cass., Sez. II, 16 marzo 1970, dep. 1971, n. 626.
Pertanto, la Suprema Corte rigettava i ricorsi.