Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Furto in abitazione: il pianerottolo è estensione della dimora

Cass. pen., Sez. V, 14 gennaio 2025, sentenza n. 2166

LA MASSIMA
“Il pianerottolo condominiale non è riconducibile alla nozione di dimora in senso stretto. Tuttavia, trattandosi di una sua estensione, presenta i suoi stessi tratti caratteristici che sono costituiti dalla “non apertura al pubblico” e “non accessibilità a terzi” senza il consenso del titolare.”

IL CASO
All’imputato era contestato il fatto di essersi introdotto in un edificio, aver acceduto attraverso le scale condominiali a un pianerottolo sito al secondo piano, e ivi aver sottratto al legittimo proprietario un ombrello a scatto, che si trovava sulla ringhiera antistante la porta dell’abitazione della persona offesa, e la somma di € 5,00, presenti nelle tasche dei giubbotti appesi fuori dalla porta di casa.
L’uomo era stato condannato dal Tribunale di primo grado per i reati di furto aggravato e furto in abitazione aggravato. La Corte Territoriale, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, in ordine al primo aveva dichiarato di non doversi procedere per difetto di querela; e per il secondo aveva ridotto la pena, rideterminandola in un anno, due mesi e sei giorni di reclusione ed € 274,00 di multa, in applicazione delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante specifica di cui all’art. 62, n. 4 c.p.
Contro tale sentenza l’imputato ha fatto ricorso in Cassazione, deducendo tre motivi.
Con il primo ha lamentato l’erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p. e la mancanza di motivazione, sostenendo che i giudici di merito non avessero correttamente valutato gli atti d’indagine, dai quali non emergeva con certezza la sua colpevolezza.
Con il secondo motivo ha dedotto l’erronea applicazione dell’art. 624-bis c.p., con riferimento alla qualificazione del pianerottolo condominiale come pertinenza di un luogo di privata dimora, dal momento che, nel caso di specie, il portone d’ingresso dell’edificio risultava sempre aperto, chiunque poteva accedervi, e nessuno poteva vietare la presenza di intrusi. Con la conseguenza, secondo la ricostruzione del ricorrente, che mancava il requisito normativo del domicilio, da intendersi come luogo chiuso in cui si svolge la vita privata di una persona, sottraendola da ingerenze esterne e garantendole riservatezza, anche in sua assenza.
Con il terzo motivo, infine, è stata dedotta l’erronea applicazione dell’art. 597, commi 3 e 4 c.p.p. e la violazione del divieto di reformatio in peius, riguardo la determinazione della pena base per il reato più grave ai fini della continuazione ex art. 81, co. 2 c.p.

LA QUESTIONE
La specifica questione giuridica posta all’attenzione della Corte di legittimità riguarda la qualificabilità del pianerottolo condominiale antistante un appartamento come pertinenza di un luogo di privata dimora, con la conseguente configurabilità del reato di furto in abitazione ai sensi dell’art. 624-bis c.p. A riguardo, l’orientamento pacifico nella giurisprudenza di legittimità afferma infatti che la norma de qua tutela non solo la privata dimora in sé, ma anche i luoghi che ne costituiscono la pertinenza, come del resto si evince testualmente dalla sua formulazione, e in particolare dalla disgiuntiva “o” («mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa»). E l’elemento caratterizzante della pertinenza viene ravvisato nella sua strumentalità, anche non continuativa ed esclusiva, rispetto alle esigenze di vita domestica del proprietario.

LA SOLUZIONE
Al fine di stabilire la natura giuridica del pianerottolo, la Cassazione, nella sentenza in esame, muove dall’analisi della nozione giuridica di “pertinenza”, sottolineando che quella valevole ai fini dell’art. 624-bis c.p. non coincide con quella civilistica. Aderendo al menzionato orientamento giurisprudenziale in materia, la Corte ribadisce infatti che la nozione penalistica non richiede l’uso esclusivo del bene da parte di un solo proprietario, ma si fonda su un rapporto di strumentalità e complementarietà funzionale esistente tra il bene accessorio e quello principale, nel senso che il primo deve arrecare un’utilità al secondo. E tale rapporto può ravvisarsi, come nella fattispecie al suo esame, anche nel pianerottolo condominiale, che assolve a detta funzione di utilità strumentale rispetto alle abitazioni dello stabile.
Invero, il legislatore equipara l’offensività del furto di un bene sito in una pertinenza a quella di un bene presente in una privata dimora, entrambi più gravi del furto semplice, con l’obiettivo di rafforzare la tutela della privata dimora (da offese al patrimonio ma anche all’incolumità personale), estendendola altresì a quei luoghi che siano in stretta correlazione con la stessa. In tali luoghi, infatti, si svolgono atti che, seppur non siano quelli di vita intima e familiare propri dell’abitazione, rappresentano pur sempre una estrinsecazione della sfera privata e domestica. Ciò è dimostrato nel caso di specie dalla presenza sul pianerottolo di beni personali – quali giubbotti e un ombrello –, che implica evidentemente lo svolgimento, anche in quella propaggine dell’abitazione, di azioni tipiche della vita privata e domestica del proprietario.
Del resto, la ratio dell’art. 624-bis c.p. è di punire con maggior severità «la particolare pericolosità manifestata da chi, al fine di commettere un furto, non esita ad introdursi in un luogo di abitazione, con la concreta possibilità di trovarsi innanzi al soggetto passivo», esigenza che «sussiste anche quando il reato sia commesso in una immediata pertinenza dell’abitazione: come tale destinata allo svolgimento di attività strettamente complementari e strumentalmente connesse a quelle abitative».
Richiamando una sentenza delle Sezioni Unite, la Cassazione conclude ricordando che restano esclusi dall’alveo del reato de quo solo i luoghi a libero accesso, tra i quali, però, non possono ricondursi né il pianerottolo, né e in generale le aree comuni di edifici adibiti a civile abitazione. Pertanto, nel caso di specie, a nulla rileverebbe la circostanza (peraltro rimasta non dimostrata) che l’ingresso al palazzo fosse completamente libero: invero, il pianerottolo condominiale, «sebbene non riconducibile alla nozione di privata dimora in senso stretto, si qualifica per esserne una ‘estensione’ che presenta i tratti fondamentali di essa, costituiti dalla non apertura al pubblico, dalla non accessibilità a terzi intrusi senza il consenso, anche implicito, del titolare – che ha comunque il potere di impedire l’accesso a chi non gradito».