Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Occultamento od omessa Tenuta delle Scritture Contabili?

Cass. pen., Sez. III, 29 gennaio 2025, sentenza n. 3729

“La condotta di occultamento di scritture contabili presuppone l’istituzione della documentazione contabile e la produzione di un reddito e di un volume di affari ad opera del soggetto attivo, e pertanto non contempla anche la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, sanzionata amministrativamente dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. Intanto, dunque, può essere configurata la fattispecie delittuosa di cui al predetto art. 10, in quanto la documentazione contabile, di cui si assume l’occultamento o la distruzione, sia stata previamente istituita (non potendo occultarsi o distruggersi ciò che non esiste)”.

IL CASO
La vicenda in esame trae origine dal ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello confermava – quanto alla responsabilità penale – la pronuncia del Tribunale territoriale che condannava l’imputato, in qualità di titolare e amministratore unico di una s.r.l., per il reato di cui all’art.10 del d.lgs. n. 74 del 2000.
In particolare, la Corte d’appello sottolineava che, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l’imputato occultava o comunque distruggeva, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume degli affari, le scritture contabili e i documenti di cui è obbligatoria la conservazione.
Avverso la decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore, deducendo, tra gli altri, il vizio di motivazione in relazione all’art. 10 del d.lgs. n. 74 del 2000, per essere la condotta riconducibile non alla fattispecie di occultamento e distruzione delle scritture contabili, bensì alla condotta di omissione di tenuta dei registri contabili, che costituisce illecito amministrativo sanzionato dall’art. 9 del d. lgs. n. 471 del 1997.

LA QUESTIONE
La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte attiene alla distinzione tra la configurazione del reato di cui all’art. 10, d.lgs. n. 74 del 10 marzo 2000, n. 74, rubricato “occultamento o distruzione di documenti contabili” e la sanzione amministrativa prevista dall’art. 9, co. 1, d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 in materia di omissione di tenuta dei registri contabili.
Confermata la corretta qualificazione operata dai giudici d’appello che, sulla scorta del dettato normativo e della finalità della norma, hanno dato continuità all’indirizzo giurisprudenziale più recente, la Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso in relazione ai motivi di gravame proposti, confermando la sentenza impugnata.

LA SOLUZIONE
In primo luogo, la Suprema Corte rammenta che il dettato normativo dell’art. 10 del d.lgs. n. 74 del 2000 punisce colui il quale, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire a terzi l’evasione, salvo che il fatto costituisca più grave reato, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari.
Dalla lettura della disposizione emerge che la finalità della norma è quella di assicurare, attraverso l’esame della documentazione contabile, un adeguato controllo delle attività imprenditoriali ai fini fiscali, come emerge dall’espresso riferimento alla “ricostruzione dei redditi o del volume di affari”, impedite di fatto dall’occultamento o dalla distruzione dei documenti.
In particolare, la condotta punibile consiste nella distruzione o nell’occultamento totale o parziale delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione: la prima configura un reato istantaneo che si realizza al momento dell’eliminazione della documentazione e può avvenire attraverso l’eliminazione del supporto cartaceo o mediante cancellature e abrasioni; la seconda, invece, consiste nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori e si realizza mediante il nascondimento materiale del documento.
Ciò posto, giova precisare che l’integrazione della fattispecie criminosa presuppone l’istituzione della documentazione contabile e la produzione di un reddito e di un volume di affari ad opera del soggetto attivo e, pertanto, non contempla anche la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, sanzionata amministrativamente dall’art. 9 co. 1 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.
A tal proposito, merita osservare che la sentenza di secondo grado ha dato atto della preesistenza di fatture di acquisto e di alcune fatture attive emesse dalla società, nonché di copia delle fatture – rinvenute a seguito di controlli incrociati con i clienti – attestanti l’effettiva produzione di reddito e di un volume di affari.
Come è noto, la fattura rientra nella definizione di “documenti contabili” a cui si riferisce la richiamata disposizione incriminatrice e, nella sua forma cartacea, è compilata in duplice esemplare, di cui una è consegnata all’altra parte; pertanto, qualora un’esemplare della fattura emessa sia rinvenuta nella disponibilità del cliente, risulta legittima, sul piano logico, la conclusione che il fornitore abbia emesso l’esemplare di sua competenza ancorché non rinvenuto in sede di accertamento.
In altri termini, ciò equivale a dire che il rinvenimento di una copia della fattura presso il terzo destinatario dell’atto può far desumere che il mancato rinvenimento dell’altro esemplare presso l’emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento.
Ai fini della risoluzione di tale problema gnoseologico la summenzionata sentenza, richiamando la giurisprudenza prevalente, muove dalla premessa che la condotta del reato de quo non si sostanzia in un mero comportamento omissivo, ossia il non aver tenuto le scritture in modo tale che sia stato obiettivamente più difficoltosa, ancorché non impossibile, la ricostruzione ai fini fiscali della situazione contabile, ma richiede la sussistenza di un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento ovvero nella distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge.
A fronte delle indicate diversità di regime tra le due fattispecie la Corte di Cassazione, nel dichiarare immeritevole di accoglimento il motivo sopra esposto, ha confermato la sussunzione del fatto nel reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili.