Abrogazione del reato di abuso d’ufficio: la Cassazione solleva questione di legittimità costituzionale

Cass., Sez. VI, 23 marzo 2025, ordinanza n. 9442
LA MASSIMA
“Deve rimettersi alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’art. 1, comma 1, lett. B), della legge 9 agosto 2024, n. 114, che abroga l’art. 323 c.p., in riferimento agli artt. 11 e 117, comma primo, della Costituzione, in relazione agli artt. 1, 7, comma quarto, 19 e 65, primo comma, della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con legge 3 agosto 2009, n. 116.”
IL CASO
Oggetto della pronuncia in esame è l’impugnazione delle sentenze di condanna per il reato di abuso d’ufficio, per le quali il ricorrente chiede l’annullamento per intervenuta abolitio criminis della relativa fattispecie, in quanto abrogata nelle more del processo con la legge n. 114/2024.
LA QUESTIONE
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, dubita della conformità a Costituzione dell’art. 1, legge 9 agosto 2024 n. 114, che ha disposto l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio.
LA SOLUZIONE
La Corte eccepisce d’ufficio l’incostituzionalità dell’abrogazione del reato di abuso d’ufficio per il fatto che essa rappresenti un’ipotesi di inattuazione sopravvenuta dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Difatti, essa si porrebbe in contrasto con l’art. 117, comma primo, Cost., il quale subordina l’esercizio del potere legislativo al rispetto degli accordi internazionali, nel caso di specie della Convenzione ONU contro la corruzione.
Le ragioni alla base di tale assunto sono le seguenti.
Innanzitutto, la Corte rileva, in via preliminare, che tale caso costituisce una delle eccezioni in cui è ammissibile il sindacato di conformità alla Costituzione delle norme penali, assieme alle norme irragionevolmente di favore e al mero scorretto esercizio del potere legislativo.
A quanto esposto, si aggiunge, poi, che la Convenzione in oggetto prescrive agli Stati aderenti di contrastare il fenomeno della corruzione non solo adottando sanzioni penali ma anche strumenti idonei a prevenirla. Del resto, tale sinergia è confermata dall’art. 12 dello stesso accordo, il quale prescrive, in caso di inosservanza, di presidiare le misure in esame mediante la previsione di sanzioni, civili, amministrative o penali. Altresì, la Corte osserva che l’art. 7, comma quarto della Convenzione obbliga gli Stati parte a preservare gli standard di tutela raggiunti nell’efficace prevenzione della corruzione, intendendo con tale espressione anche le norme emanate prima della sottoscrizione della stessa e pienamente conformi ai suoi scopi. Si aggiunge che tale onere non esclude in radice la riduzione dell’area del penalmente rilevante, purché tale operazione sia compensata dall’adozione di altrettanti meccanismi, preventivi o repressivi, idonei a garantire il medesimo livello di efficacia ed effettività nella salvaguardia degli abusi intenzionali dei pubblici dipendenti.
Tale ultima osservazione è dimostrata dal fatto che l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio non è stata seguita da alcun intervento, in campo repressivo e preventivo, in grado di preservare gli obiettivi di tutela suddetti.
Nello specifico, la stessa legge n. 114/2024 ha introdotto il nuovo reato di indebita distrazione di denaro e di cose mobili, di cui all’art. 314 – bis, c.p., che sanziona le condotte fraudolente poste in essere dal funzionario soggetto agente. Tuttavia, esso si pone al di fuori dell’art. 19 della Convenzione dedicato all’abuso d’ufficio, poiché rientra, invece, in quello dell’art. 17, riguardante la sottrazione indebita di beni da parte di un pubblico ufficiale.
Infine, il legislatore nell’abrogare il reato in esame non ha rafforzato il livello di prevenzione mediante l’adozione di strumenti in campo amministrativo, in quanto si è, invece, limitato a considerare come adeguata la disciplina vigente in materia di controlli amministrativi. Tuttavia, la stessa Corte osserva che quest’ultima riguarda in via marginale i comportamenti dei singoli funzionari, poiché si concentra sull’organizzazione specifica dell’amministrazione.
Pertanto, alla stregua di tali rilievi critici, la Corte conclude dichiarando, d’ufficio, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lett. B), l. n. 114/24, che abroga il reato di abuso d’ufficio, in relazione agli artt. 11 e 117, comma primo, Cost., come integrati dagli artt. 1, 7, quarto comma, 19 e 65 della Convenzione ONU contro la corruzione.